Qui troverete le novità riguardanti il progetto LAVI e il procedimento penale sulla morte di Lavinia Marano, alcune provenienti dai media che sopratutto se Mass (media) hanno perso l’ambizione a raccontare la verità che a noi appare agghiacciante e che sarà svelata in questo luogo digitale…
20 Settembre 2024
Link al documento: analisi motivazioni sentenza appello e bozza ricorso in cassazione per il PG
04 Ottobre 2024
Forte preoccupazione per l’incertezza sulla decisione del Procuratore Generale di ricorrere in Cassazione
I periti di appello, al termine di una descrizione dei fatti che raccontava di gravi responsabilità, omissioni, azioni imprudenti e comportamenti che noi abbiamo letto come dolosi, dimostrando il nesso causale tra l’operato dei medici e la morta di Lavinia concludono incredibilmente con una affermazione totalmente incoerente con la descrizione, incredibile ancora di più perché non è motivata; intendiamo che hanno detto che non rilevavano la colpa grave senza spiegarlo e facendo precedere questa affermazione da una descrizione dei fatti ascrivibili alla colpa grave secondo la giurisprudenza vigente. Le uniche flebili motivazioni che hanno dato si riferivano alla difficile gestione, e abbiamo dimostrato che era tutt’altro che difficile, e all’impossibilità di effettuare esami di laboratorio che però nulla avevano a che vedere con la rilevazione e omesso monitoraggio dello shock ipovolemico che ha ucciso Lavinia.
Quindi i periti avevano l’obbligo di spiegare il perché di quell’affermazione fuori posto ma non lo hanno fatto e non lo hanno spiegato neanche i giudici di appello nelle motivazioni, dove troviamo delle argomentazioni surreali, prive anche di una semplice concretezza logica, contraddittorie, gravemente sbilanciate sulle posizioni degli imputati. A parte i pregevoli periti delle parti civili, gli unici che hanno dato una spiegazione chiara del perché ci troviamo in una situazione di marcata distanza dalle linee guida, peraltro evidenti anche a un profano, e collocazione dei fatti in un contesto di colpa grave che confina con il dolo, siamo stati noi, basandoci proprio sulle linee guida e sulla perizia di appello, che a parte quella ‘inspiegabile’ frase conclusiva ci racconta un caso di colpa grave.
Con il supporto di queste ragioni cristalline e di inequivocabile valore, gli avvocati delle parti civili si sono avventurati a bussare alla porta del procuratore generale del tribunale di Messina, dopo aver preso appuntamento.
Precisiamo che il procuratore generale rappresenta l’accusa presso la Corte d’Appello e ha il compito di coordinare l’attività dei pubblici ministeri nei tribunali inferiori, assicurandosi che l’azione penale sia condotta in maniera uniforme e nel rispetto della legge. A Messina, il procuratore generale è Carlo Caponcello, una figura che, come ogni magistrato, rappresenta lo Stato e, di conseguenza, il popolo italiano. Prima del suo insediamento, il ruolo era vacante, e durante quel periodo Maurizio Salamone ha ricoperto il ruolo di procuratore generale facente funzioni. Maurizio Salamone ha presieduto il processo di appello.
Questi magistrati non sono solo giuristi, ma anche servitori dello Stato, il cui ruolo è quello di tutelare l’interesse pubblico e garantire che la giustizia sia perseguita fino in fondo.
Ed è proprio in questo contesto che il popolo, lo Stato, si è fatto avanti. Abbiamo bussato alla porta della procura generale, chiedendo spiegazioni su una questione che per noi sembrava scontata: l’impugnazione della sentenza d’appello in Cassazione. Non faremo commenti sull’esito dell’incontro.
Siamo consapevoli che la Corte di Cassazione ha il compito di valutare la legittimità delle sentenze, e in un caso come questo, in cui vi sono dubbi circa la coerenza e la motivazione della decisione d’appello, ci saremmo aspettati un ricorso naturale per garantire il pieno rispetto del diritto, lo abbiamo spigato ampiamente nell’analisi delle motivazioni della sentenza di appello, reperibile a questo link.
Pertanto, ci poniamo alcune domande prima della scadenza del 18 ottobre del 2024, termine ultimo per presentare ricorso:
- Quali potrebbero essere i motivi per cui il Procuratore Generale potrebbe non ritenere opportuno presentare ricorso, nonostante i dubbi sollevati dalle incongruenze della sentenza?
- In che modo questa ipotetica decisione potrebbe essere spiegata alla luce dei diritti delle vittime e dei loro familiari, che potrebbero vedere compromessa la possibilità di ottenere giustizia?
- L’eventuale scelta di non ricorrere in cassazione, come si potrebbe interpretare rispetto all’obbligo di tutelare l’interesse pubblico e garantire che la giustizia venga perseguita fino in fondo?
Questa incertezza ci lascia perplessi e ci auguriamo che vengano forniti chiarimenti in tempi brevi, in modo da dissipare ogni dubbio su una decisione, quella di ricorrere in cassazione, che appare naturale e dovuta ma che invece è avvolta nell’incertezza.
Noi comunque, non chiediamo nulla a nessuno, ognuno deve fare il proprio dovere, prendersi le proprie responsabilità, noi per difendere la memoria di Lavinia, difendere suo figlio e il diritto alla verità. Se decidiamo di chiedere qualcosa la chiediamo nelle nostre preghiere. Sia chiaro che faremo ogni cosa che è nelle nostre possibilità per perseguire la verità e la giustizia, la nostra è una sete che non può essere placata, né il termine di questo processo né il passare degli anni cambierà i nostri obiettivi.
Una volta un prete disse:
Ho visto morire centinaia di persone, ero lì mentre vivevano gli ultimi momenti della loro vita, e loro lo sapevano. Tutti erano diversi ma tutti avevano qualcosa in comune; nessuno di loro chiedeva “portatemi qui il mio certificato di laurea, voglio vederlo ancora una volta” oppure “portatemi qui il mio orologio prezioso, lo voglio indossare ancora” , “portate sul mio letto i miei soldi”, “fatemi vedere la mia auto dalla finestra un ultima volta”; ebbene nessuno di loro chiedeva questo ma tutti volevano vedere i propri cari toccarli e baciarli intensamente ancora una volta; alcuni avevano vergogna però, non volevano vedere subito i propri cari, lo avrebbero fatto dopo avere versato lacrime amare per tutti i torti fatti, per tutte le ingiustizie perpetrate, le violenze esercitate, per il dolore arrecato…avevano la percezione che non c’era più tempo per essere perdonati, loro stessi non riuscivano a perdonarsi, sentivano fortemente che l’inevitabile stava per accadere, che ciò che avevano pensato fosse un potere durante la loro breve vita, in quel momento, era svanito e rappresentava la loro più grande condanna. Il prete cercava di rassicurarli nell’abisso di quell’angoscia inconsolabile. Forse in quel momento tutto il male fatto riaffiorava come un mare denso e nero e loro si sentivano perduti, per sempre.
Non sappiamo se quelle persone siano state perdonate, ma sappiamo quanto sia cieca la vita di chi infligge il male e non fa ammenda, di chi ha un potere e lo esercita contro il debole, di chi non si prende le proprie responsabilità di fronte alla comunità.
Cari amici non chiedete nulla, perseguite il bene e pregate il Padre Nostro che è nei cieli insieme a Lavinia.
«Gesù disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: “C’era in una città un giudice che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: ‘Fammi giustizia contro il mio avversario’. Per un po’ di tempo egli non volle, ma poi disse tra sé: ‘Anche se non temo Dio e non ho riguardo per nessuno, poiché questa vedova continua a importunarmi, le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi’». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, anche se li fa aspettare a lungo? Vi dico che farà loro prontamente giustizia. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» Luca 18:1-8
20 Settembre 2024
Abbiamo letto le motivazioni e quanto emerge è descritto in un lungo documento che è una utile guida per impugnare una sentenza che definiamo da subito inaccettabile. Il documento di 61 pagine è stato redatto in 8 giorni, l’urgenza nella pubblicazione potrebbe avere causato inesattezze o errori tipografici che saranno revisionati nei giorni successivi. Le nuove versioni saranno disponibili allo stesso link.
Sembra incredibile ma non siamo ancora stati informati sulla prescrizione quindi ragioneremo come se si potesse impugnare la sentenza e ricorrere alla cassazione. Solo il PM ha il potere di procedere all’impugnazione della sentenza, e temiamo che potrebbe decidere di non farlo. Nutriamo delle preoccupazioni sul fatto che il suo approccio possa non rispecchiare pienamente le nostre aspettative riguardo alla ricerca della verità e alla rappresentanza dell’accusa. Ora è importante condividere questo appello; vi invitiamo a farlo tutti. Successivamente, potrete leggere il documento allegato ed esprimere le vostre opinioni, ma per ora la condivisione è essenziale.
Sappiamo che le motivazioni che portano all’illogica assoluzione degli imputati si basano su due pilastri fondamentali:
-La perizia di appello
-Le linee guida, le AOGOI per quelle a cui si fa riferimento maggiormente
Analizzando le motivazioni abbiamo seguito un approccio molto semplice, e dimostrato che entrano in contraddizione con la perizia di appello e le linee guida. Riteniamo che la sentenza presenti delle incongruenze che sollevano serie preoccupazioni sulla gestione del caso, aggiungendosi alle questioni sanitarie già note.
Abbiamo capito che la sentenza assolve gli imputati basandosi una libera deduzione:
-Gli imputati hanno seguito le linee guida e per questa ragione hanno commesso atti riconducibili alla colpa lieve
Questa, che per noi è una ipotesi non dimostrata, viene rafforzata da quella risposta dei periti di appello:
“Stante, comunque, la non semplice gestione di una criticità come quella di un caso di atonia uterina, le tempistiche richieste per le prestazioni sanitarie necessarie, nonché la difficoltà correlata al fatto che gli eventi si svolgevano senza il supporto pieno del laboratorio centrale del Policlinico, non è possibile ravvedere, nell’operato degli imputati sopra menzionati, elementi di colpa grave.”
Abbiamo già dimostrato che non sono le tempistiche, perché hanno avuto 10 ore, e non sono le difficoltà di gestione, perché è il caso di EPP più diffuso, documentato e con i presidi sanitari più efficaci, giustificazioni corrette o semplicemente vere. Riteniamo che la giustificazione fornita non rispecchi la realtà dei fatti e non sia coerente con i dati oggettivi, risulta efficace invece per poter associare la colpa lieve ad un caso del genere. Abbiamo anche dimostrato varie volte che questo è un caso da manuale di colpa grave (diagnosi certa, linee guida chiare e presidi sanitari disponibili ed applicabili), peraltro all’interno di un ospedale con tutti il personale teoricamente disponibile.
Ci viene in mente la conclusione di Chiantera e Spagnolo durante il processo per le indagini preliminari che non bastò a scagionare gli imputati:
“In ogni caso, stante la causa della morte della donna che è correlabile alla intervenuta CID, la cui epoca di insorgenza non può essere, tuttavia, stabilita con certezza, in relazione alla mancanza dei sopra citati esami di laboratorio, non è possibile – per questi consulenti – affermare, con elevato grado di probabilità” prossimo alla certezza, se un diverso – in relazione alle ipotesi di censurabilità enunciate in precedenza – trattamento avrebbe consentito di impedire il verificarsi della morte della Marano.”
Queste assurdità le abbiamo smentite noi e le hanno smentite anche i periti di Appello che confermano che non c’era una CID in corso e che Lavinia si poteva salvare se i medici avessero operato in modo differente:
“Fatta questa premessa, in accordo con i CCTT del PM, quando discutono della insorgenza della CID, rileviamo la assenza di fattori scatenanti tale sindrome”
“Una condotta prudente avrebbe consentito, ancora a quel punto, di giungere ad un intervento salva-vita, ovvero alla isterectomia, tempestivamente, con ottime possibilità di arrestare il sanguinamento e di salvare la vita della paziente.”
“E’ invece da sottolineare ancora come si sarebbe dovuti giungere ad un intervento risolutivo ben prima, … al termine dell’intervento di apposizione di Bakri balloon, … con ottime possibilità di positivo outcome(risultato). In termini controfattuali, il comportamento atteso avrebbe previsto il tempestivo ricorso a legature vascolari dell’utero o ad una isterectomia.”
L’approccio adottato dai giudici appare non ponderato e potenzialmente carente di un’adeguata considerazione delle circostanze.
I giudici di appello, quindi, deducono liberamente che gli imputati hanno seguito le linee guida; lo possiamo dire con certezza perché che gli imputati abbiamo seguito le linee guida non si trova traccia nei fatti, nelle linee guida e nella perizia di appello, a parte quella deplorevole frase finale.
Prima di iniziare, riflettiamo bene su alcune punti cruciali:
Lavinia non muore di morte improvvisa, per un evento ineluttabile o in mezzo ad un deserto, muore in 10 ore accanto ad una sala operatoria nel più grande ospedale di una città di 250.000 persone in Italia. Muore per emorragia post partum da atonia uterina che tutti gli imputati hanno confermato fosse certa quasi al 100%; la prima causa di EPP è l’atonia uterina.
Leggiamo i dati dell’istituto superiore della sanità in merito all’EPP:
“Per quanto riguarda la mortalità per EPP specificamente, solo una piccola percentuale di questi risulta fatale, grazie all’efficacia degli interventi tempestivi.”
Essendo l’atonia uterina la prima causa di EPP, esistono presidi e procedure che se adottate non possono mai portare alla morte della madre.
Quindi, se tutti hanno fatto il loro dovere e seguito le linee guida com’è morta Lavinia?
La perizia di appello ci dice che la causa è dovuta all’operato dei medici:
“Dunque, appaiono censurabili, per imprudenza, le condotte sopra esposte, poste in essere dal Prof Triolo e dai Dottori Denaro, Palmara e Granese e tali condotte devono essere poste in nesso di causalità con il decesso della Signora Lavinia Marano.”
E noi dimostriamo oggi ancora una volta, e riferendoci solo ed esclusivamente alla perizia di appello, alle linee guida e alle motivazioni della sentenza di appello, che questo è dovuto alla mancata applicazione delle linee guida.
Nel nostro caso, nel caso di Lavinia non è successo nulla di anomalo o differente da ciò che ci si attende da una EPP da atonia uterina, è quindi naturale attendersi che se la madre muore è perché i medici non hanno seguito le linee guida nel migliore dei casi, o perché sono dei criminali perché il sangue colava dal letto, perché posizioni un presidio inutile (Bakri Ballon) te ne vai via “tornando apparentemente ciascuno ad altre occupazioni, senza avere prima istituito un regime di monitoraggio ostetrico-ginecologico sufficiente” (rif perizia di Appello), perché fai una isterectomia ad una persona deceduta o quasi, perché menti subito dopo in modo grottesco dicendo che le hai salvato le ovaie avendo assistito poco prima a sette e più arresti cardiaci.
Così si applicano le linee guida? È questo che si insegna all’università? È questo il messaggio che vogliamo dare ai medici o sanitari incapaci? Comportatevi così, non temete, anche se uccidete qualcuno, non avrete alcuna conseguenza.
Lavinia è stata uccisa a causa di una gestione gravemente inappropriata, che ha portato a conseguenze tragiche con una plateale mancata applicazione non solo delle linee guida ma delle minime accortezze logiche. Qui parliamo di medici con decine di anni di esperienza.
A questo si aggiunge il disinteresse, il cinismo e la superficialità di chi abbandona Lavinia mentre le linee guida impongono un presidio costante sul lettino operatorio pronti per l’isterectomia se i presidi precedenti (ballon) non funzionano, lasciando in ospedale una persona incapace di operare, la Granese, che infatti richiamerà il primario con inconcepibile e ingiustificabile tempo prezioso perso:
Nelle linee guida AOGOI sull’emorragia post-partum, è esplicitamente indicato che l’isterectomia post-partum rappresenta una misura salva-vita in caso di emorragia post-partum (EPP) se il Bakri Balloon o altre tecniche conservative non risultano efficaci nel fermare l’emorragia, bisogna essere pronti a intervenire con un’isterectomia d’urgenza. La gestione raccomanda la formazione di uno staff multidisciplinare, composto da ginecologi esperti, anestesisti, personale della sala operatoria e dell’unità di terapia intensiva invece Lavinia era sola o quasi perché i medici la abbandonavano “tornando apparentemente ciascuno ad altre occupazioni, senza avere prima istituito un regime di monitoraggio ostetrico-ginecologico sufficiente” (rif perizia di Appello),
È superfluo dire che i tempi di intervento sono fondamentali, la prontezza e l’efficacia degli interventi salvano vite o le terminano. Ogni medico interpellato si è detto profondamente sconcertato dall’operato degli imputati, e alcuni ci hanno persino confidato in privato il loro disgusto. È sorprendente che un caso così evidente, al di là di ogni ragionevole dubbio, abbia incontrato una tale interpretazione giudiziaria.
Dalla perizia di appello:
-“giungere alla isterectomia troppo tardi pregiudica definitivamente l’outcome per la paziente.”
-“ Si deve invece ritenere censurabile, per imprudenza, la condotta professionale della Dott.ssa Granese, che, durante il periodo successivo alle ore 22:45 aveva certamente la responsabilità della gestione della paziente e che non attuava una sorveglianza attiva come richiesto da protocollo, determinando la perdita di tempo prezioso. Una condotta prudente avrebbe consentito, ancora a quel punto, di giungere ad un intervento salva-vita, ovvero alla isterectomia, tempestivamente, con ottime possibilità di arrestare il sanguinamento e di salvare la vita della paziente.”
-“ E’ invece da sottolineare ancora come si sarebbe dovuti giungere ad un intervento risolutivo ben prima, quando, soprattutto in esito alle buone condizioni cliniche presentate dalla Marano (Aldrete 10) al termine dell’intervento di apposizione di Bakri balloon, che tuttavia, ricordiamo, non aveva arrestato il sanguinamento, captando tempestivamente il fallimento degli interventi precedentemente posti in essere, la paziente avrebbe potuto affrontare un nuovo step interventistico con ottime possibilità di positivo outcome. In termini controfattuali, il comportamento atteso avrebbe previsto il tempestivo ricorso a legature vascolari dell’utero o ad una isterectomia.”
Come i giudici abbiamo potuto dimostrare che gli imputati abbiano seguito le linee guida è sconcertante, e infatti non lo hanno fatto e noi descriviamo in dettaglio il perché.
Prima di lasciarvi ai dettagli, possiamo sicuramente affermare che si tratta di una sentenza parziale, non oggettiva, totalmente sbilanciata sulle assurde posizioni degli imputati, in totale contraddizione con le conclusioni dei giudici per le indagini preliminari e di primo grado; la sentenza appare sorprendentemente allineata alle difese degli imputati, sollevando dubbi sulla corretta valutazione dei fatti da parte dei giudici di appello.
Al seguente link potrete scaricare il documento di analisi completa che mette in evidenza tutte le contraddizioni di una sentenza contraddittoria e inaccettabile per noi e per le istituzioni, che perdono irrimediabilmente ogni credibilità residua.
Prima di continuare di seguito proponiamo un parere di un esperto, diverso dai consulenti delle parti civili fino adesso interpellati, che ci ha fornito una breve sintesi di ciò che pensa della nostra analisi. Per ragioni di riservatezza, il soggetto rimarrà anonimo. Riteniamo opportuno che solo le sue riflessioni critiche su questo caso siano esposte mediaticamente, così da mantenere un approccio sereno e indipendente, senza influenze o pressioni esterne:
Nel rileggere attentamente le motivazioni della sentenza d’appello, non si può fare a meno di constatare una profonda dissonanza tra le conclusioni cui essa giunge e i fatti accertati. Le perizie, le linee guida e i principi consolidati di gestione delle emergenze ostetriche sembrano esser stati ignorati o, quantomeno, ridimensionati per giustificare un’assoluzione che appare, francamente, incomprensibile.
È necessario partire da un punto fermo: la perizia di appello. Essa non lascia spazio a interpretazioni ambigue. Le condotte omissive e imprudenti dei medici coinvolti nel caso della signora Lavinia Marano sono descritte in modo puntuale e preciso. Non è il caso di indulgere in giri di parole: queste condotte si discostano in maniera marcata dalle linee guida internazionali, e non possono essere coperte da alcuna giustificazione di “colpa lieve”. La morte della paziente è avvenuta a causa di una sequenza di errori evitabili, di decisioni tardive e di un’assenza di monitoraggio adeguato che non possono in alcun modo essere ridotti a semplici sviste o trascuratezze lievi.
L’uso del Bakri Balloon: un intervento di facciata?
La gestione dell’emorragia post partum attraverso l’impiego del Bakri Balloon, secondo quanto emerge dalle motivazioni della sentenza, rappresenta un punto di non ritorno. Il presidio, utilizzato in contesti di emergenza per fermare il sanguinamento, doveva essere monitorato con la massima attenzione. Eppure, ciò che risulta è una gestione che sfiora l’improvvisazione. Le linee guida sono chiare: l’efficacia del pallone emostatico deve essere verificata immediatamente e, qualora non si ottenga un arresto del sanguinamento, si deve procedere con interventi chirurgici più drastici, come l’isterectomia. L’idea stessa che si possa inserire un tampone vaginale che impedisca la valutazione del dispositivo appare non solo inappropriata, ma incomprensibile.
Qui, però, non ci si limita a un errore tecnico. Il problema risiede nella mancanza di urgenza, in quel ritardo inspiegabile che trasforma una situazione gestibile in una tragedia. Gli stessi periti lo affermano chiaramente: il ritardo nel riconoscere l’inefficacia del Bakri Balloon ha compromesso la possibilità di salvare la paziente. È un fatto indiscutibile che la tempestività è cruciale nella gestione dell’emorragia post partum. Eppure, tale principio è stato completamente ignorato.
Monitoraggio assente o insufficiente
Non meno grave è la questione del monitoraggio. Si è voluto far passare l’idea che la paziente fosse sotto un controllo costante e adeguato. Eppure questo monitoraggio fosse stato realmente eseguito secondo le procedure standardizzate, l’esito sarebbe stato molto diverso. La verità, per quanto amara, è che il monitoraggio, nei momenti cruciali, semplicemente non c’è stato o, se c’è stato, è stato del tutto inadeguato.
Le linee guida sono categoriche su questo punto: una paziente a rischio di emorragia post partum, in particolare dopo un intervento con Bakri Balloon, richiede un controllo clinico continuo e sistematico. Non basta una semplice osservazione visiva o il rilevamento sporadico dei parametri vitali. Ogni segnale doveva essere colto con solerzia, soprattutto alla luce delle condizioni critiche in cui versava la signora Marano. Che un’ostetrica abbia notato il sanguinamento osservando le lenzuola è una circostanza che non posso evitare di definire imbarazzante per la struttura sanitaria e per coloro che avevano in cura la paziente. Un’emorragia così imponente, visibile solo quando il letto era ormai impregnato di sangue, segna il punto di rottura di qualsiasi pretesa di adeguatezza nella gestione del caso.
Il ritardo nell’intervento chirurgico: un errore fatale
Non vi è dubbio che il ritardo nel procedere con l’intervento chirurgico, già dopo aver constatato il fallimento del Bakri Balloon, sia stato l’errore fatale. È ben noto, e qui si torna alle basi della medicina d’emergenza, che l’emorragia post partum è una condizione tempo-dipendente. Ogni minuto conta, ogni secondo può fare la differenza tra la vita e la morte. Eppure, nonostante fosse evidente che il sanguinamento non fosse stato arrestato, non si è agito con la tempestività richiesta.
La decisione di aspettare l’arrivo del primario, la titubanza nel procedere con un’isterectomia salvavita, e l’insensata speranza che la situazione potesse migliorare da sola, rappresentano un disprezzo per i protocolli medici. Questi non sono margini di discrezionalità su cui il medico può improvvisare; sono precetti obbligatori che devono essere seguiti senza esitazioni.
La questione della colpa lieve
E infine, il nodo della colpa. In tutta questa vicenda, la decisione di attribuire una responsabilità per “colpa lieve” mi lascia turbato. Le linee guida, lo ribadisco, erano chiare. La paziente è stata abbandonata a sé stessa in un momento in cui la vigilanza medica doveva essere massima. Si è preferito attendere, tergiversare, agire con lentezza laddove era richiesta urgenza. Questo non è un caso di colpa lieve, bensì un caso di grave imprudenza, e qualsiasi altra qualificazione non fa che offendere il buon senso e l’esperienza.
Concludendo, questa sentenza riflette un’interpretazione che, a mio avviso, sfugge alla realtà dei fatti e delle responsabilità accertate. Il sistema giuridico ha il compito di valutare le condotte mediche con il rigore dovuto, senza lasciarsi influenzare da tentativi di giustificazione che non trovano riscontro né nella scienza né nel buon operato.
Lavinia entra sanissima in ospedale dopo una gravidanza senza alcun problema. I sanitari sono al corrente che dopo il cesareo interverrà un’emorragia; quindi, con le loro azioni provocano l’emorragia, non la gestiscono per dieci ore, alcuni vanno a casa, altri presenti attendono e non fanno nulla, tutti provocano la morte di Lavinia. Le condotte dei diversi soggetti coinvolti, sia a livello collettivo che individuale, contribuiscono all’esito finale, come emerge dalle evidenze del caso.
Ricordiamo che esiste il concetto di reato plurisoggettivo o reato collettivo, in cui più persone cooperano volontariamente o con negligenza nel causare un evento dannoso. Questo può applicarsi anche nel contesto di responsabilità sanitaria. In questi casi, tutti i soggetti coinvolti vengono ritenuti corresponsabili, sia come concorrenti nel reato (art. 110 c.p.). Se si accerta, e si è accertato, che ciascun sanitario ha contribuito, con una condotta attiva o omissiva, al verificarsi dell’evento, tutti possono essere ritenuti responsabili in concorso.
Analizzeremo ora le motivazioni della sentenza di appello per capitoli in un documento che inclusa la premessa consta di 61 pagine, un’analisi dettagliata con il supporto della documentazione ufficiale e delle linee guida. Ogni capitolo indicherà prima le motivazioni con alcuni commenti, seguendo con un’analisi più approfondita attingendo dalla perizia di appello, le linee guida o entrambe le fonti in sotto paragrafi dedicati. Al termine una sintesi delle responsabilità per ogni imputato e infine una bozza di ricorso in cassazione che rappresenta un suggerimento al Pubblico Ministero.
06 Settembre 2024
In questa foto Lavinia è in toscana, molti anni fa. Oggi è il suo compleanno, avrebbe 52 anni nel nostro mondo. Le faremo gli auguri oggi, ognuno nel nostro cuore, e fermamente crediamo che lei sia viva in spirito, ma ci viene il dubbio che questi auguri non la raggiungeranno.
Dov’è ora Lavinia? La morte di Lavinia ci pone questo interrogativo con più forza, essendo una persona a noi molto vicina, e ad ogni ricorrenza i pensieri si fanno più intensi.
Mi viene alla mente la serie televisiva The Chosen https://watch.thechosen.tv, che parla della vita di Cristo, e un episodio in particolare dove Gesù parla ad un samaritano di nome Melech:
“Io sono qui per predicare la buona novella del regno dei cieli, un regno che non fa parte di questo mondo, un regno che arriverà presto, e in questo regno tristezza e lacrime non esisteranno, io apro la strada per far accedere le persone a quel regno, ma in questo mondo le ossa ancora si rompono, i cuori ancora si spezzano, però alla fine la luce sconfiggerà ogni tenebra.”
È un testo non tratto letteralmente dai vangeli ma ci fornisce uno spunto su cui riflettere. Gesù nei vangeli ci dice che il regno dei cieli è vicino, addirittura che è in mezzo a noi, ma che significa in fondo?
Io non credo che Gesù si riferisca a una realtà futura dopo la morte, non necessariamente, ma è anche qualcosa nel nostro presente, è in mezzo a noi, probabilmente non in modo fisico materiale ma spirituale che si manifesta in qualche modo, ma come? È seguendo la sua parola, accettandola, ascoltando e parlando con il cuore che si manifesta probabilmente.
Certamente “il regno dei cieli” si manifesta con l’espiazione, con la morte e resurrezione di ognuno, e in questo modo è qualcosa di personale nel futuro di ognuno di noi. Per tutti il regno dei cieli sarà svelato “alla fine dei tempi”, che non va confusa con la “fine del tempo” in senso cronologico; quando Gesù parla della “fine dei tempi”, si riferisce alla conclusione di un’epoca storica o di un ordine di cose piuttosto che alla cessazione del tempo in sé.
Gesù non intende solo che accediamo al regno dei cieli attraverso la morte, ma che il regno è già presente e accessibile per chi crede in Lui e vive secondo il Vangelo. La morte e risurrezione di Gesù aprono la strada, ma la realtà del regno si può sperimentare già in questa vita attraverso la comunione con Dio e la trasformazione del cuore.
Alcuni penseranno che questi argomenti siano un atto disperato di chi ha perso una persona cara e si affida irrazionalmente alla religione per avere un po’ di conforto, e razionalmente questo ragionamento ha un senso; ma infine cosa c’è di razionale nella vita, noi vite con un inizio e una fine, incapaci di comprendere l’eternità che avvolge l’universo o la creazione della materia che lo ha generato viviamo già nell’irrazionale, ci confrontiamo già con i limiti della ragione; è proprio la ragione che ci imprigiona e tristemente ci suggerisce di vivere come se la morte non esistesse, ci risvegliamo dal sonno solo in occasione di eventi drammatici; accade però che in fondo al nostro cuore, ogni volta che parliamo e ascoltiamo con il cuore, intuiamo che c’è un mondo inaccessibile alla ragione, che opera e talvolta ci assiste e ci guida, soprattutto nei momenti difficili. Allora c’è una strada che possiamo seguire per far sì che i nostri auguri arrivino con più forza a Lavinia; questa strada è probabilmente fatta di silenzi, preghiera rivolta anche ai nostri nemici, buone azioni, ricerca della verità e fiducia, facendolo probabilmente la sfioreremo, ovunque essa sia adesso: tanti auguri Lavinia.
26 Agosto 2024
Deposito motivazioni sentenza
Il 7 maggio 2024 abbiamo ascoltato una sentenza vergognosa, che farebbe inorridire qualsiasi giudice degno di questo nome, e abbiamo atteso delle motivazioni che ancora non sono state depositate.
Ci troviamo di fronte a un processo penale prossimo alla prescrizione se non già prescritto (attendiamo verifiche), un contesto in cui il rispetto dei termini e delle procedure assume un’importanza cruciale per garantire la giustizia. La sentenza di appello, emessa il 7 maggio, avrebbe dovuto essere corredata delle relative motivazioni entro i termini previsti dall’articolo 544 del Codice di Procedura Penale. Secondo la legge, qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi in camera di consiglio, le motivazioni devono essere depositate entro 15 giorni dalla pronuncia. In casi di particolare complessità, questo termine può essere prorogato fino a un massimo di 90 giorni, ma solo se adeguatamente motivato dal giudice.
Tuttavia, al 26 agosto 2024, non abbiamo evidenza del deposito delle motivazioni, e non abbiamo ricevuto alcuna giustificazione ufficiale per questo ritardo. Questo rappresenta un inadempimento procedurale grave, soprattutto considerando la vicinanza alla prescrizione del reato.
Sospensione feriale dei termini: cosa prevede la legge
È importante chiarire che la Legge 7 ottobre 1969, n. 742, stabilisce la sospensione dei termini processuali dal 1° agosto al 31 agosto, ma tale sospensione riguarda principalmente i termini concessi alle parti per ricorsi, memorie o impugnazioni. Non si applica ai termini entro cui i giudici devono depositare le motivazioni delle sentenze. Pertanto, il ritardo nel deposito delle motivazioni non è giustificabile con riferimento alla sospensione feriale.
La Legge Pinto e il diritto a un processo di durata ragionevole
Sebbene il ritardo nel deposito delle motivazioni non costituisca motivo di impugnazione della sentenza, può influire sulla durata complessiva del processo. In questo contesto, la Legge Pinto (Legge 24 marzo 2001, n. 89) riconosce il diritto a un risarcimento per chi subisce un danno a causa dell’eccessiva durata del processo. Un ritardo ingiustificato come quello di cui stiamo parlando potrebbe essere considerato un fattore che prolunga indebitamente il procedimento, dando luogo a una richiesta di indennizzo.
Alla luce del fatto che il ritardo nel deposito delle motivazioni non rappresenta un motivo diretto di impugnazione della sentenza, possiamo comunque valutare diverse opzioni per tutelare i nostri diritti:
- Richiesta di risarcimento ai sensi della Legge Pinto: Possiamo presentare un ricorso ai sensi della Legge Pinto, richiedendo un risarcimento per l’eccessiva durata del processo, inclusi i ritardi nel deposito delle motivazioni che hanno contribuito a prolungare indebitamente il procedimento.
- Segnalazione disciplinare: È possibile segnalare il ritardo al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), affinché valuti se sussistono gli estremi per un procedimento disciplinare nei confronti del giudice, in caso di negligenza o cattiva condotta.
- Monitoraggio della prescrizione: In parallelo, è essenziale monitorare attentamente i termini di prescrizione del reato per evitare che il processo si estingua per decorso del tempo, valutando eventuali ulteriori azioni legali o processuali necessarie per contrastare questo rischio.
Siamo di fronte a una situazione in cui la giustizia è compromessa, non solo per l’esito scandaloso del processo di appello, ma da negligenze e ritardi inaccettabili. Dobbiamo agire con decisione per far valere i nostri diritti in un contesto in cui ormai prevale una considerevole e quasi irreparabile sfiducia verso le istituzioni.
11 Agosto 2024
Nell’attesa che siano pubblicate le motivazioni della sentenza emessa il 7 maggio 2024, facciamo qualche riflessione sul tema della giustizia, della vendetta, del perdono e del giudizio. Sappiamo che molte persone leggono questa pagina, sia coloro i quali amano Lavinia sia coloro i quali, con le loro parole e con le loro azioni, la disprezzano. Una buona lettura a tutti, fatene tesoro perchè il tempo scade per tutti.
Nella tradizione biblica e cristiana, il tema del giudicare e del perdono è centrale e profondamente radicato negli insegnamenti di Gesù. Il comandamento “Non giudicate, per non essere giudicati” (Matteo 7,1) ci invita a riflettere sulla nostra tendenza a giudicare gli altri senza considerare le nostre colpe. Gesù ci insegna a perdonare, non perché dobbiamo ignorare il male, ma perché siamo tutti bisognosi di misericordia e perdono. Questo non esclude la necessità di discernere tra il bene e il male, ma ci esorta a evitare un giudizio ipocrita e privo di compassione.
Giustizia nei Tribunali Umani: Un Servizio Necessario al Bene Comune:
Nella società, i tribunali giocano un ruolo essenziale nell’amministrare la giustizia. Mentre la Bibbia ci mette in guardia dal giudicare con ipocrisia, riconosce anche la necessità di un giudizio giusto e imparziale per mantenere l’ordine e proteggere i diritti di tutti. L’Apostolo Paolo, nella Lettera ai Romani (13,1-4), afferma che le autorità sono stabilite da Dio per esercitare la giustizia e mantenere la pace. I tribunali non sono strumenti di vendetta personale, ma istituzioni che devono garantire che la giustizia sia equamente distribuita, riflettendo così l’ordine e la giustizia divina.
La Differenza tra Giustizia e Vendetta nella Tradizione Cristiana:
Un punto cruciale nella tradizione cristiana è la distinzione tra giustizia e vendetta. La giustizia è una virtù cardinale che richiede di rendere a ciascuno il suo, rispettando i diritti e promuovendo il bene comune. La vendetta, al contrario, è mossa dal risentimento e dal desiderio di infliggere sofferenza, ed è chiaramente condannata. Gesù stesso, nel Vangelo, ci esorta a perdonare i nostri nemici e a non vendicarci dei torti subiti, mostrando così una via che supera la legge del taglione (“occhio per occhio, dente per dente”) e abbraccia la misericordia e il perdono come strumenti di riconciliazione e pace. Questo però non va frainteso con la rinuncia ad una giustizia terrena come leggeremo a breve.
L’Equilibrio tra Giudizio Divino e Giudizio Umano:
Nella tradizione biblica, esiste una distinzione fondamentale tra la giustizia divina e quella umana. La giustizia divina è perfetta, onnisciente e misericordiosa, giudica non solo le azioni esteriori, ma anche le intenzioni del cuore. Il giudizio umano, invece, è limitato e spesso imperfetto, ma necessario per mantenere l’ordine e la giustizia nella società. La Bibbia e la tradizione cristiana insegnano che il giudizio finale appartiene solo a Dio, il quale giudicherà con giustizia perfetta, mentre agli esseri umani spetta il compito di amministrare la giustizia temporale con integrità, equità e compassione.
Perdono e Misericordia Non Escludono la Giustizia Terrena:
Un aspetto fondamentale della tradizione cristiana è che, pur promuovendo il perdono e la misericordia, non si rinuncia alla giustizia terrena. Anzi, la giustizia è vista come un elemento indispensabile per il mantenimento della pace e dell’ordine sociale. Perdonare non significa chiudere gli occhi davanti al male o rinunciare a cercare la giustizia. Il perdono è un atto personale e spirituale, che libera l’anima dal risentimento, ma la giustizia terrena è necessaria per assicurare che i diritti delle vittime siano rispettati e che i malfattori siano responsabilizzati per le loro azioni. La giustizia terrena, quando esercitata correttamente, è uno strumento attraverso il quale la società può riflettere la giustizia divina, contribuendo così al bene comune.
La Condanna dell’Abuso di Potere da Parte dei Giudici nella Tradizione Biblica:
Un tema importante nella tradizione biblica è la condanna dell’abuso di potere, specialmente da parte di chi è incaricato di amministrare la giustizia. Quando un giudice distorce la giustizia per favorire qualcuno o danneggiare altri, commette un grave peccato. La Bibbia è chiara nel denunciare tali comportamenti:
– Deuteronomio 16,19-20 ammonisce: “Non violare il diritto, non avere riguardi personali e non accettare doni, perché il dono acceca gli occhi dei saggi e corrompe le parole dei giusti. La giustizia, solo la giustizia seguirai, affinché tu viva e possegga il paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.”
– Proverbi 17,15 afferma: “Chi assolve il colpevole e chi condanna l’innocente sono entrambi in abominio al Signore,” sottolineando l’odio di Dio per l’ingiustizia.
– Isaia 10,1-3 avverte: “Guai a coloro che promulgano decreti iniqui e a coloro che scrivono sentenze oppressive […] Che farete nel giorno del castigo?” denunciando l’ingiustizia e l’oppressione perpetrate dai potenti.
Nella tradizione cristiana, un giudice che agisce in modo ingiusto non solo tradisce il suo dovere verso la società, ma viola anche i principi divini di giustizia e misericordia. La sua responsabilità morale è grave, e senza pentimento, tali atti mettono a rischio la sua salvezza eterna.
In definitiva, la giustizia deve essere esercitata con integrità e misericordia. La tradizione biblica e cristiana ci insegna che, pur riconoscendo la necessità di giudicare secondo le leggi umane, dobbiamo farlo con un cuore giusto, evitando ogni forma di corruzione e abuso. Per quanto la misericordia e il perdono siano essenziali nella vita cristiana, essi non annullano l’importanza di perseguire la giustizia terrena. I tribunali sono chiamati a riflettere, per quanto possibile, la giustizia di Dio, consapevoli che ogni atto di ingiustizia non rimarrà impunito davanti al giudizio divino. Senza una giustizia terrena giusta e imparziale, la pace e l’ordine sociale non possono essere mantenuti, e la società non può prosperare. È un dovere cristiano, quindi, cercare la giustizia nella vita quotidiana, così come nella sfera pubblica, sempre con un cuore orientato verso la misericordia.
Nella continua prova e nel complicato tentativo di migliorarsi in questi tempi troppo spesso bui, sarebbe bello sentire la voce del Padre Nostro che ci esorta a non disperare, e così immagino che ci parlerebbe così:
Figli miei amati,
So che il vostro cuore è afflitto e che la sofferenza per l’ingiustizia che avete subito vi sembra insopportabile. Quando qualcuno vi fa del male, quando siete trattati ingiustamente e la verità sembra essere oscurata, è naturale sentirsi persi, amareggiati e persino arrabbiati. So che vi sembra che ogni speranza di giustizia sia perduta, ma non dimenticate che Io, il vostro Padre, vedo ogni cosa e non permetterò che l’ingiustizia regni per sempre.
Figli, la vostra sofferenza non passa inosservata ai miei occhi. Anche quando sembra che il mondo vi abbia tradito, Io sono con voi, sempre pronto a sostenervi e guidarvi. In questi momenti di prova, vi chiedo di non cedere alla disperazione o al rancore, per quanto difficili siano queste emozioni da tenere a freno. Il male non deve avere l’ultima parola nei vostri cuori. Ricordate che la vera giustizia non appartiene agli uomini, ma a Me, e che alla fine, ogni torto sarà corretto e ogni verità sarà rivelata.
Ma che cosa dovete fare nel frattempo, mentre attendete che la mia giustizia si compia? Vi chiedo di perseverare nella fede e di agire sempre con rettitudine, anche di fronte all’ingiustizia. Continuate a cercare la verità, ma fatelo con un cuore puro, senza cedere alla tentazione della vendetta o del rancore. Se il mondo sembra aver fallito, non permettete che l’oscurità avvolga le vostre anime. Invece, affidatevi a Me con piena fiducia, sapendo che io sono il Giudice supremo, e nessun’azione malvagia resterà impunita.
Pregate per coloro che vi hanno fatto del male, perché anche loro sono miei figli e, come tali, hanno bisogno della mia misericordia. So che è difficile, ma ricordate le parole di mio Figlio: “Amate i vostri nemici e pregate per coloro che vi perseguitano” (Matteo 5,44). Questo non significa tollerare l’ingiustizia, ma significa liberare il vostro cuore dal peso dell’odio, per lasciare spazio alla mia pace.
I miei tempi non sono i vostri tempi e i miei modi non sono i vostri modi, vi esorto quindi a mantenere la speranza viva dentro di voi. La vostra sofferenza non è vana, e il vostro dolore non è ignorato. Io sono vicino a voi, nel vostro dolore, e sono qui per consolarvi e guidarvi. Confidate nella mia giustizia eterna, che alla fine trionferà su ogni ingiustizia. Non permettete che il male vi distolga dal cammino della verità e dell’amore. Rimanete saldi nella fede, sapendo che Io, il vostro Padre, non vi abbandonerò mai.
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Concludo con una poesia di Claudia Minden Weisz scritta durante un periodo difficile della sua vita a seguito della diagnosi di una rara malattia neurologia di sua figlia Angela: E Dio disse, “No”
Ho chiesto a Dio di togliermi l’orgoglio. Lui ha detto: “No, non spetta a me toglierlo, ma a te rinunciarvi.”
Ho chiesto a Dio di rendere sano il mio bambino disabile. Lui ha detto: “No, il suo spirito è sano, il suo corpo è temporaneo.”
Ho chiesto a Dio di darmi pazienza. Lui ha detto: “No, la pazienza è il frutto della tribolazione; non viene concessa, ma guadagnata.”
Ho chiesto a Dio di darmi la felicità. Lui ha detto: “No, io ti do benedizioni, la felicità dipende da te.”
Ho chiesto a Dio di risparmiarmi il dolore. Lui ha detto: “No, la sofferenza ti distacca dalle preoccupazioni mondane e ti avvicina a me.”
Ho chiesto a Dio di far crescere il mio spirito. Lui ha detto: “No, devi crescere da solo, ma io ti poterò affinché tu sia fruttuoso.”
Ho chiesto a Dio se mi amava. Lui ha detto: “Sì, ora e per sempre… è per questo che ti dico no così spesso.”
Ho chiesto a Dio di aiutarmi ad amare gli altri quanto Lui ama me. Lui ha detto: “Ah, finalmente hai capito.”
07 Maggio 2024
Era il 3 febbraio 2024 e avevamo previsto già l’esito commentando le conclusioni della perizia di appello:
“…In conclusione, la responsabilità non è più grave, sconfessando la sentenza di primo grado, le evidenze, e le loro stesse parole scritte nelle pagine precedenti, ma lieve.
Perché scrivere una cosa del genere? A parte l’ipotetico tentativo di fare una brutta figura quale potrebbe essere la ragione?
La ragione si chiama “Scudo penale per colpa lieve…”… Se passa la linea che la colpa è lieve allora il processo penale finirà con un’assoluzione. Ce lo siamo chiesti tante volte come finirà questo processo, sarà solo la prescrizione o lo smacco di un’assoluzione prima della prescrizione?”
L’11 Febbraio 2024, in occasione del commento ad un articolo apparso sulla Gazzetta Del Sud scrivevamo:
“…è la volta di Franco Carboni e Stefano De Pasquale Ceratti; questi descrivono un caso scellerato di colpa grave o dolo ma concludono con un’assoluzione, a fronte della norma che non prevede reati nei casi di colpa lieve.
Perché usano tutti questo schema? (rif. alle conclusioni di Chiantera che assolvevano gli imputati ndr) …non c’è alcuna possibile spiegazione medica, legale, logica o razionale; allora quando non c’è alcuna possibile spiegazione o motivazione medico legale la spiegazione sta da un’altra parte.”
In realtà ci sbagliavamo, perché lo scudo sulla colpa lieve al quale abbiamo fatto riferimento varie volte interviene per i reati relativi al periodo della pandemia. L’assoluzione in questo caso fa riferimento al decreto Balduzzi presumibilmente (dobbiamo leggere il dispositivo per fornire maggiore dettaglio), in base al quale il medico che si attiene alle linee guida non risponde mai penalmente del proprio operato, se non nei casi di dolo oppure di colpa grave. Anche se la norma di salvataggio è differente, l’obiettivo era quello, arrivare a riconoscere la colpa lieve nonostante tutte le sconcertanti evidenze, per poter assolvere i medici; è assurdo ma purtroppo è così.
Il nostro sospetto lo abbiamo scritto tante volte non per esorcizzare il futuro ma perché per noi era scontato. Avevamo trovato sospetto il quesito del PM sulla colpa grave, in occasione della richiesta della nuova perizia di appello e sapevamo dove ci avrebbe portato oggi: l’incredibile riconoscimento della colpa lieve e quindi l’assoluzione.
Nonostante tutte le evidenze che abbiamo descritto varie volte in dettaglio e con argomentazioni approfondite e nonostante tutte le denunce, dopo sette anni e mezzo dalla morte di Lavinia assistiamo alla sfacciataggine dell’impunità: “Tutti assolti ‘perché il fatto non è previsto dalla legge come reato’, avendo i giudici riconosciuto agli imputati soltanto la ‘colpa lieve’. “
Prima di abbandonare per sempre questo argomento, verifichiamo se i sanitari hanno rispettato le linee guida o no, leggendo proprio la stessa perizia che ha permesso ai giudici Carmelo Blatti, Daria Orlando e Luana Lino di individuare la colpa lieve, leggeremo come la perizia di appello è disseminata di elementi che dimostrano la marcata distanza dalle linee guida:
“Inoltre, a fronte di due procedure (RCU e Bakri Balloon) che, secondo standard, richiederebbero, in mani esperte, circa 15 minuti l’una, nonostante l’emergenza del caso e la necessità del rispetto delle tempistiche, venne impiegata un’ora e mezza.”
“Dopo l’intervento di posizionamento del Bakri Balloon sarebbe stato necessario, secondo linee guida e buone prassi, attuare un protocollo di monitoraggio stringente e di sorveglianza attiva, che non venne posto in essere.”
“Dunque, deve ritenersi censurabile, per imprudenza, la condotta posta in essere, in quel momento specifico, dal Prof Triolo, dal Dottor Palmara e dalla Dott.ssa Granese, che ritenevano terminato il loro compito a fine intervento, tornando apparentemente ciascuno ad altre occupazioni, senza avere prima istituito un regime di monitoraggio ostetrico-ginecologico sufficiente, che fosse in grado di destare allarme al precocissimo verificarsi di segni di ulteriore sanguinamento, che, soprattutto a causa della mancata constatazione del termine dell’emorragia dopo l’apposizione del pallone di Bakri, era evento prevedibile e la cui evoluzione era possibile prevenire.”
“Nel caso della Signora Marano, invece, si giunse alla isterectomia troppo tardi, fallendo, in tal modo, proprio l’obbiettivo gold standard raccomandato da buone prassi e linee guida, ovvero quello di operare in tempo, prima che si instaurino stati di sofferenza (shock) sostanzialmente irreversibili.”
Nella stessa perizia i professori affermano che se si fosse operato correttamente, secondo le linee guida, Lavinia si sarebbe salvata:
“Ciò avrebbe dovuto condurre, con la massima solerzia, ad un intervento di legature arteriose o di isterectomia in tempo utile, prima che la situazione divenisse incontrovertibile. Ciò avrebbe determinato, con ottime possibilità, il salvataggio della vita della Signora Lavinia Marano.”
Quindi non si comprende come i periti non rilevino la colpa grave, come hanno messo in evidenza le motivazioni della sentenza di primo grado e i dati oggettivi contenuti nella perizia di appello stessa.
La colpa è lieve quando la diagnosi è difficile, equivoca e di conseguenza le cure sono difficili perché si sbaglia facilmente diagnosi; si sbaglia perché quei sintomi spesso sono comuni a varie patologie o perché non si hanno a disposizione i presidi adeguati. In questo caso se il paziente muore la colpa del medico sarà lieve proprio per la difficoltà del caso.
La colpa è grave quando la diagnosi è semplice e praticamente univoca, esistono presidi medici e chirurgici efficaci, ci sono linee guida e protocolli che se seguiti portano alla soluzione positiva del caso.
Riassumendo, perché si configuri la colpa grave è necessario che si verifichino i seguenti elementi:
-La diagnosi certa: nessuno ha mai negato, né i periti, né gli imputati, che fossimo in presenza certa di emorragia post partum da atonia uterina.
–L’esistenza di presidi medico chirurgici: anche in questo caso i fatti dimostrano l’esistenza dei presidi (Bakri ballon, farmaci, strumentazione, possibilità di effettuare l’isterectomia)
–La presenza di linee guida: nel nostro caso sono presenti linee guida consolidate, per l’evento più diffuso conseguenza dell’atonia uterina: l’emorragia post partum; infatti, la causa più comune dell’emorragia post partum è l’atonia uterina.
Quando in queste condizioni la paziente muore, c’è la certezza che sia proprio dovuto la condotta dei sanitari che si discostano marcatamente dalle necessità del caso come motivato in sentenza di primo grado:
“Sussiste nel caso in esame una colpa grave dei sanitari predetti trovandoci di fronte ad una scelta medica, posta in essere oltre che in modo non conforme alle linee guida, del tutto inadeguata e marcatamente distante dalla necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia e alle condizioni del paziente, si da determinare la negativa evoluzione della patologia.”
Quindi dopo tutte queste evidenze inquadrabili secondo dottrina e giurisprudenza nel campo della colpa grave, dopo le censure fatte in perizia, i periti nella conclusione affermano che nonostante il decesso della paziente sia da collegare al comportamento dei sanitari, questi non sarebbero imputabili di colpa grave ma solo di colpa lieve, e a sostegno di questa affermazione portano due argomentazioni facilmente confutabili:
-La prima: è che i sanitari erano di fronte a una patologia di “difficile gestione”, l’atonia dell’utero, ma abbiamo visto che non è così, se fosse vera quest’affermazione vedremmo ogni giorno le partorienti morire considerato che questa è una patologia molto comune, ricordiamo che è la prima causa di emorragia post partum (90%), di facile risoluzione se non ci si allontana in maniera abnorme dalle linee guida (come è successo purtroppo nel nostro caso).
-La seconda: è secondo i periti la mancanza degli esami di laboratorio, nel nostro caso del fibrinogeno, che avrebbe creato problemi ai medici nella gestione della patologia. Nel caso che ci interessa l’esame del fibrinogeno non ha alcuna rilevanza e gli stessi periti di appello lo menzionano solo in occasione del paragrafo relativo alla CID. Peraltro, in merito alla CID concludono che Lavinia non aveva alcuna CID (contraddicendo, giustamente, le conclusioni di Chiàntera) e che la morte è legata a shok ipovolemico (come affermato dal prof.re Iaccarino) causato dalle troppe ore di emorragia alla quale non era stato posto rimedio per tutti i motivi ampiamente descritti in precedenza.
Quindi, queste due argomentazioni poste dai periti a sostegno della tesi della colpa lieve, non hanno alcun sostegno derivante dai fatti, e vanno considerate come un elemento incoerente rispetto al resto della perizia che individua il comportamento dei sanitari nel contesto della colpa grave.
Inoltre, è utile ricordare cosa afferma il prof.re Iaccarino oltre che gli stessi redattori della perizia di appello:
“Lavinia Marano aveva il 95% di probabilità di sopravvivenza se i sanitari non avessero operato con imprudenza, imperizia e colpevole ritardo.” Prof. Iaccarino
“Dunque, appaiono censurabili, per imprudenza, le condotte sopra esposte, poste in essere dal Prof Triolo e dai Dottori Denaro, Palmara e Granese e tali condotte devono essere poste in nesso di causalità con il decesso della Signora Lavinia Marano…
…Ciò avrebbe dovuto condurre, con la massima solerzia, ad un intervento di legature arteriose o di isterectomia in tempo utile, prima che la situazione divenisse incontrovertibile. Ciò avrebbe determinato, con ottime possibilità, il salvataggio della vita della Signora Lavinia Marano.” Dott. Franco Carboni Prof. Stefano De Pasquale Ceratti
Alla luce di ciò, non è possibile che si riconosca la colpa lieve e che si arrivi un’assoluzione. Che ciò sia accaduto è inaccettabile e scandaloso.
L’hanno uccisa, sono stati loro con le loro condotte distanti dalle linee guida, potevano salvarla e non lo hanno fatto, dovevano stare li ad assisterla e se ne sono andati via, ma dopotutto non importa, non hanno alcuna responsabilità, sono assolti senza neanche recitare l’atto di dolore.
Invitiamo tutti alla serenità e a dire una preghiera per Lavinia e per tutte le persone che oggi sono animate dalla rabbia o dalla disperazione.
06 Maggio 2024
Era il 22 settembre del 2016. Lavinia Marano, conosciuta e apprezzata cantante messinese, aveva quarantaquattro anni. E aveva appena dato alla luce il suo bambino, Francesco, con il parto cesareo. Il piccolo era nato in perfette condizioni. Poche ore dopo, però, si è presentata un’emorragia. E i medici del Policlinico di Messina sono dovuti intervenire per tentare di bloccarla. Progressivamente, la situazione peggiorò. E dopo neanche ventiquattro ore, Lavinia perse la vita. In primo grado, si è arrivati alla condanna, a un anno di reclusione (pena sospesa), dei medici Onofrio Triolo, Vittorio Palmara, Antonio Denaro e Roberta Granese. Assolti, invece, gli altri sei imputati, tra medici, ostetriche e infermiere, “per non aver commesso il fatto”. Nel procedimento, come parte civile, il compagno di Lavinia, Silvestro Longo, con il piccolo Francesco, che oggi ha sette anni, i fratelli Alessandro e Germano Marano, il padre Giacomo Marano e la madre Santa Di Maggio, rappresentati dagli avvocati Nunzio Rosso, Franco Rosso, Giovanni Caroè e Carola Flick.
Lo scorso 17 aprile, al Tribunale di Messina, l’ennesima e attesissima udienza. E l’ennesimo rinvio. Questa volta, al 7 maggio. Quel giorno, verosimilmente, arriverà la tanto attesa sentenza: «Sono stati anni lenti, lunghi e molto faticosi – ha raccontato Germano, il fratello di Lavinia – Abbiamo sempre sentito l’esigenza di dover fare qualcosa, in prima persona. Con la consapevolezza di non poter dire “mi affido alla giustizia”, o “mi affido alle istituzioni”. Abbiamo dovuto intraprendere una lunga lotta, estenuante, non solo per raccontare la verità, ma anche per contrastare chi ha tentato di ostacolare la nostra battaglia. E tutto questo, in un clima di tristezza e angoscia».
Lavinia poteva essere salvata. Soprattutto, con la tempestività degli interventi, che, invece, vennero eseguiti con una dilatazione eccessiva dei tempi tecnici. È questo uno dei passaggi-chiave della nuova perizia, affidata ai medici Stefano De Pasquale Cerratti e Franco Carboni. I due consulenti, nella loro perizia, che è molto approfondita e articolata in oltre sessanta pagine, dicono che “appaiono censurabili, per imprudenza, le condotte, sopra esposte, poste in essere dal professor Triolo e dai dottori Denaro, Palmara e Granese”.
«Il 22 settembre si racchiude in due fasi – ricorda Germano – E tutto è partito da una telefonata. Una di quelle telefonate che ti arrivano di notte, inattese e che determinano uno spartiacque tra una fase della vita e quella successiva. Che non sarà mai più la stessa. Ho ancora gli “screen” di quelle chiamate, ricevute da mio fratello Alessandro: alle 22:48, alle 22:52 e alle 22:54, quando, finalmente, ho risposto. Lì è cominciata la notte, che, in qualche modo, è come se si fosse allungata, per sette anni e mezzo. La morte di Lavinia è stata tragica e inutile. I responsabili sono noti a tutti e nonostante ciò è come se non avessero commesso nulla. Nessuna conseguenza per le loro scellerate azioni.
Ma chi era Lavinia? «Un oceano di ricordi. Anni di felicità. I sorrisi che scorrono, nel tempo. La gioia e le preoccupazioni condivise, i programmi e le prospettive. Lavinia era una persona gentile».
La famiglia di Lavinia ha creato un comitato: il “Progetto LAVI”, nato per raccontare la storia di Lavinia. E in seno al progetto, è nato anche un podcast, tra i primi dieci, su “Spotify”, nella sua categoria: «In una delle puntate del podcast, l’abbiamo descritta così: “Lavinia era una di noi, aveva un sorriso buono. Se qualcuno mi chiedesse cos’è la felicità, gli mostrerei una foto di Lavinia, abbracciata ai suoi fratelli.”. Eravamo dei bambini e quella foto è in un post dell’8 maggio del 2021, pubblicato sulla pagina Facebook “Lavinia Voleva Vivere”.
Un processo interminabile: «Sinceramente, non mi aspetto molto – conclude Germano – La giustizia ha delle logiche che non sono quelle dichiarate. È complicata e sembra quasi che non sempre funzioni. O meglio, che funzioni solo quando serve al potere. Ormai, tutto si è concluso. E francamente, non sono fiducioso, né così interessato a cosa deciderà il giudice d’appello. La prescrizione, ormai, è vicinissima. Il nostro obiettivo era raccontare la verità e lo abbiamo fatto. Ma quel maledetto 23 settembre, ancora, è vivo. E quella notte continua. Non è facile, per nessuno, soprattutto per i miei genitori e per il piccolo Francesco. La realtà è cambiata, gli equilibri si sono modificati e bisogna trovarne altri. È un dolore del quale spesso leggiamo: la perdita di una madre, di una figlia, di una sorella, di una compagna, di un’amica. Ma viverlo, nel cinismo e nell’indifferenza della società, che abbiamo costruito, è particolarmente complicato. Francesco conosce la mamma solo attraverso i ricordi di chi l’ha conosciuta. E anche attraverso le sue canzoni, che il papà gli fa ascoltare. Ma ci impegneremo, tutti, affinché, svanita la notte, Lavinia rappresenti un’ispirazione e una fonte di gioia, soprattutto per Francesco».
E Lavinia, attraverso il “Progetto LAVI”, continuerà a vivere: «Abbiamo ancora molto da fare – affermano i familiari – Il podcast non si è concluso. E continuerà, raccontando la vita di Lavinia i suoi momenti felici. E ciò che ci ha trasmesso».
03 Maggio 2024
“Fiaccolata in memoria di Lavinia Marano, morta dopo il parto””Il ritrovo è a piazza Duomo e l’arrivo a Piazza Cairoli. Alle 18 di sabato 4 maggio è in programma una fiaccolata in memoria di Lavinia Marano…Familiari e amici tengono a sottolineare che non si è trattato di “qualcosa d’ineluttabile, che doveva accadere, come si è sentito in aula. Dopo sette anni e mezzo di perizie, da parte di medici e professori, vogliamo solo che si faccia giustizia e si accertino le responsabilità”.La Corte d’Appello ha fissato al prossimo 7 maggio la seduta finale, che servirà a dare la parola alle parti nel caso di eventuali controrepliche per poi entrare in Camera di consiglio e uscirne con il verdetto. Il procuratore generale Costa ha sollecitato ai giudici la conferma del verdetto di primo grado del dicembre 2022: condanna per 4 medici e assoluzione di altri sei camici bianchi. L’accusa ha però fatto appello per rivalutare nuovamente le eventuali responsabilità dei sanitari scagionati.”
Link all’articolo di Tempostretto.
29 Aprile 2024
Lavinia doveva morire
“…eccellentissima corte… perché dover trovare per forza un responsabile in questa triste vicenda…la povera sig.ra Marano era destinata a morire! Qualunque cosa…sarebbe stata inutile! …l’elemento morte non si poteva evitare!”
Queste le parole dell’Avv.ssa Daniela Agnello durante l’udienza del 17 aprile 2024, riportate da numerosi testimoni. Daniela Agnello difende Onofrio Triolo, condannato in primo grado ad un anno di reclusione per l’omicidio di Lavinia Marano.
Daniela Agnello, ci chiediamo, Lavinia era destinata a morire perché lo aveva deciso qualcuno? Ce lo siamo chiesti tante volte, perché ci è sempre sembrata assurda una gestione del genere ed è sembrata assurda e surreale a tutti i medici e professori che hanno redatto le perizie in questi ultimi sette anni e mezzo.
A parte la discutibile strategia difensiva, prima di fare un commento facciamo qualche passo indietro e ricordiamo come siamo arrivati fino a qui:
Nel 2018 il gup di Messina Tiziana Leanza ha rinviato 10 sanitari a giudizio per l’omicidio di Lavinia: Si tratta del responsabile dell’Uoc di Ginecologia ed Ostetricia Onofrio Triolo, dei medici in servizio presso il reparto Antonio Denaro, Tomasella Quattrocchi, Vittorio Palmara, Roberta Granese e Rosario D’Anna, dell’anestesista in servizio presso il reparto Pasquale Vazzana, delle ostetriche Angelina Lacerna Russo e Serafina Villari, dell’infermiera Maria Grazia Pecoraro.
Durante il processo di primo grado, appaiono subito evidenti le responsabilità degli imputati e più di tutto appare chiaro che Lavinia era entrata in ospedale sanissima, che i sanitari avessero provocato l’emorragia e che il loro incredibile operato avrebbe portato alla morte Lavinia 10 ore dopo. Il Prof. Mariano Iaccarino – Primario Ostetrico Ginecologo Emerito ASL Napoli -, dirà: “Lavinia Marano aveva il 95% di probabilità di sopravvivenza se i sanitari non avessero operato con imprudenza, imperizia e colpevole ritardo.”
Per questa ragione Il Giudice monocratico dott.ssa Rita Sergi emetterà una sentenza di condanna per quattro medici al termine del processo di primo grado, leggiamo alcuni passaggi:
“…deve osservarsi come non si possa certamente prospettare la sussistenza di una colpa lieve, per i sanitari Denaro Antonio, Triolo Onofrio, Granese Roberta e Palmara Vittorio, la cui condotta imprudente e negligente non ha in alcun modo tenuto conto della specificità del caso concreto…”
“Di contro certamente imprudente ed imperita deve ritenersi quella dei sanitari Triolo, Palmara e Granese di non procedere all’immediata asportazione dell’utero a fronte della persistenza dell’emorragia…”
“Sussiste nel caso in esame una colpa grave dei sanitari predetti trovandoci di fronte ad una scelta medica, posta in essere oltre che in modo non conforme alle linee guida, del tutto inadeguata e marcatamente distante dalla necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia e alle condizioni del paziente, si da determinare la negativa evoluzione della patologia.”
I sanitari operano in modo marcatamente distante dalle linee guida ma anche dalla logica, dal buon senso, dall’umanità e dal mero intento di salvaguardare una vita, ancora di più la vita di una madre:
“I sanitari in premessa, ben coscienti dei rischi della patologia, la cui gravità era già evidente non hanno preso le necessarie iniziative, adottando un atteggiamento attendista cui è ricollegabile la morte della persona offesa e che inizia con la presa in carico della paziente, avendo essi a disposizione tutti gli elementi di conoscenza necessari.”
“…il primario Prof Triolo ed il dott. Palmara, che si allontanavano dal reparto, pur consapevoli della gravità delle condizioni cliniche della Marano e della mancata efficacia del dispositivo endouterino, che, di fatto, non aveva arrestato l’emorragia.”
Nello specifico del soggetto difeso da Daniela Agnello, lo stesso confesserà in TV di essersi allontanato lasciando Lavinia in condizioni gravissime, peraltro in presenza di medici che non erano in grado o non volevano operare.
Al termine del processo di primo grado, il Giudice condannerà quattro medici:
“Visti gli artt. 53 e 535 c.p.p., riconosce Triolo Onofrio, Palmara Vittorio, Denaro Antonio e Granese Roberta, colpevoli del reato ascritto loro in rubrica e per l’effetto li condanna alla pena di anni 1 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.”
Poi è la volta dell’appello, e della recente perizia redatta dal Dott. Franco Carboni e il Prof. Stefano De Pasquale Ceratti:
“Dunque, appaiono censurabili, per imprudenza, le condotte sopra esposte, poste in
essere dal Prof Triolo e dai Dottori Denaro, Palmara e Granese e tali condotte
devono essere poste in nesso di causalità con il decesso della Signora Lavinia
Marano.”
Nesso di causalità: “Il nesso di causalità è definibile come il rapporto di causa ed effetto che sussiste tra l’azione (o la condotta) e l’evento”
Quindi in altre parole le azioni e le condotte di Triolo insieme a Palmara, Granese e Denaro hanno causato la morte di Lavinia; noi riteniamo che siano responsabili tutti gli imputati ed abbiamo chiarito più volte perché, e che la pena debba essere sensibilmente più altra di un anno perché causare la morte di una giovane madre con così tanta leggerezza è sacrilego oltre che criminale, peraltro continuando a lavorare come se nulla fosse accaduto, senza scusarsi con nessuno e provando a farla franca in tutti i modi possibili.
Una futura mamma entra in ospedale sana e felice, ne esce in una bara dopo ore di agonia a causa dell’operato di medici e sanitari che causano l’emorragia e poi la lasciano morire, lascia un figlio orfano e una moltitudine di amici, parenti e conoscenti sgomenti e le parole dell’avvocatessa Daniela Agnello sono: “…perché dover trovare per forza un responsabile in questa triste vicenda…la povera sig.ra Marano era destinata a morire! Qualunque cosa…sarebbe stata inutile! … l’elemento morte non si poteva evitare!”
Bisognerebbe scusarsi, mettersi in ginocchio come quando si va in chiesa e pentirsi, e invece…
Le affermazioni di Daniela Agnello hanno prodotto sentimenti istintivi, ma il contegno ha avuto la meglio; l’educazione che contraddistingue i parenti e gli amici è emersa, e ciò che è rimasta è stata solo una profonda pena.
In questi anni abbiamo sentito il frastuono di mille parole, svariati personaggi si sono alternati sul palcoscenico della giustizia, che sembra non fare più giustizia a nessuno; nostro malgrado abbiamo capito sulla nostra pelle che nell’interpretare un ruolo talvolta si perde la dignità della forma, l’opportunità del silenzio, l’educazione e il rispetto minimo e indispensabile, ci si tramuta in qualcosa di poco umano e così ci vengono alla mente le parole di Franco Battiato:
“Non li stimo, non li rispetto”
“Vede, sto bene con me stesso.
Vivo in questo posto meraviglioso …
Dalla veranda del mio giardino osservo il cielo, il mare…le nuvole, gli uccelli, le rose, i gelsomini, …
Alla vista di certi personaggi, mi vien voglia di impugnare la croce e l’aglio per esorcizzarli.
C’è un mutamento antropologico, sembrano uomini, ma non appartengono al genere umano, almeno come lo intendiamo noi: corpo, ragione e anima.
Quando li osservo muoversi…mi vien voglia di cambiare razza, di abdicare dal genere umano.
C’è una gran quantità di personaggi che sento estranei a me ed è mio diritto di cittadino dirlo: non li stimo, non li rispetto per quel che dicono e sono.
Non appartengono all’umanità a cui appartengo io…”
Germano Marano
Presidente del comitato Progetto LAVI
A questo post su Facebook alcuni hanno fatto commenti, uno di questi è l’avv. Daniela Agnello che difende il primario Onofrio Triolo condannato in primo grado ad un anno di reclusione. Riportiamo qui il suo commento e la nostra risposta:
02 Maggio 2024: Commento di Daniela Agnello
Gentile signor Germano Marano, Presidente del comitato Progetto Lavi,
in replica al Suo post, ritengo doveroso chiarire quanto segue.
La morte di Lavina è certamente una terribile tragedia, che ha causato un dolore incolmabile per i familiari e per tutti i suoi affetti.
Comprendo la sofferenza che muove il Suo messaggio. Tuttavia, il giudizio penale non può fondarsi sul dolore o sul bisogno di individuare necessariamente un colpevole. Occorre una risposta di giustizia ancorata a dati tecnici e probatori.
L’estrema afflittività del giudizio di responsabilità penale implica la necessità di accertare l’assenza di ogni ragionevole dubbio in ordine all’eventuale colpevolezza dell’imputato.
L’avvocato, in tale processo di ricerca della verità, è chiamato a fornire una valutazione giuridica dei fatti occorsi al fine di consentire la valutazione della sussistenza di un nesso di causalità rispetto all’evento, la possibilità di una condotta alternativa da parte degli imputati e, infine, l’eventuale grado della colpa, ove accertata.
In conformità al codice deontologico è dovere di ogni avvocato assolvere il proprio mandato con lealtà, competenza e correttezza nelle aule di giustizia, quale unico luogo deputato a trattare e conoscere i fatti processuali.
La tragica e improvvisa morte di Lavina Marano ha dato luogo ad una lunga e articolata vicenda processuale, nel corso della quale sono stati sentiti numerosi esperti con conclusioni mediche, non tutte convergenti e, spesso, contrastanti tra loro.
In ragione della estrema diversità di risultanze, è stata disposta in Appello una ulteriore perizia collegiale al fine di colmare le numerose discrasie e incongruenze, i vuoti e le contraddizioni che caratterizzano il giudizio causale della sentenza di primo grado.
I nuovi periti nominati dalla Corte di Appello hanno escluso i profili della colpa grave nell’operato dei sanitari che hanno avuto in cura la sig.ra Lavina Marano “stante …la non semplice gestione di una criticità come quella di un caso di atonia uterina”.
Medesime conclusioni sono state già rassegnate dai consulenti nominati dal Pubblico Ministero durante il processo di primo grado.
Infatti, i due esperti, medico-legale e ginecologo, dopo aver evidenziato la difficoltà e la gravosità della situazione clinica occorsa alla sig.ra Marano, testualmente hanno concluso che “non è possibile… affermare, con elevato grado di probabilità prossimo alla certezza, se un diverso…trattamento avrebbe consentito di impedire il verificarsi della morte della Marano”.
Rammento che i diversi consulenti degli imputati hanno ripetutamente confermato che i sanitari hanno agito secondo le linee guida e i protocolli esistenti. Inoltre, hanno ribadito che un diverso trattamento sanitario non avrebbe evitato il verificarsi dell’evento letale. Questi sono i dati tecnici e probatori acquisiti al processo.
L’intervento tecnico-difensivo è stato sempre corroborato dai riscontri e dalle conclusioni dei periti.
L’esercizio del diritto di difesa, la libertà e l’autonomia degli avvocati devono essere sempre tutelati e rispettati, al pari del diritto di difesa di ciascun essere umano.
Sono vicina al Suo dolore, ma in uno stato di diritto come il nostro non è possibile avallare una soppressione o limitazione o critica del diritto di difesa.
Auspico che il dolore non conduca ad ulteriori considerazioni o interventi lesivi del mio ruolo e della mia professionalità.
Avv. Daniela Agnello
02 maggio 2024 Risposta di German Marano presidente del comitato Progetto LAVI
Buonasera Avv. Daniela Agnello,
è la prima volta che in quasi otto anni riceviamo un messaggio, o anche una parola direttamente dagli imputati o loro difensori; in realtà era accaduto un’altra volta, nel 2017 credo, quando uno dei difensori si avvicinò esprimendo sincero rammarico per l’accaduto.
Mi auguro che la mia ulteriore replica non sia interpretata come “soppressione o limitazione o critica del diritto di difesa”, difatti nessuno ha mai esercitato alcuna azione in tal senso, men che meno il comitato che rappresento; lei può scrivere liberamente in questa pagina e nessuno la censurerà o le mancherà di rispetto.
Chiaramente non è la sofferenza che muove il mio messaggio, il dolore impulsivo si è sedimentato da anni, e nonostante rimaniamo vittime, anche del pregiudizio di essere poco oggettive, ci limitiamo a raccontare i fatti con tutti i limiti della fallibilità umana. La vicinanza al dolore altrui si dimostra con comportamenti e azioni e non sono sicuro che lei ci sia vicina.
Entrando nel merito, noi parliamo proprio di giudizio penale, e rileggendo il mio messaggio risulterà evidente che tale giudizio sia stato già emesso in primo grado. Ci sono gli imputati rinviati a giudizio, ci sono le prove, ci sono le perizie e ci sono i colpevoli, e quandanche si desse spazio ad argomentazioni spinte dall’emotività, rimane incontestabile la condanna per colpa grave in primo grado nonostante le conclusioni di Chiàntera, che sono state lungamente contestate e che non hanno impedito né il rinvio a giudizio né la condanna in primo grado. Peraltro, lo stesso Chiàntera in dibattimento fu durissimo con gli imputati, chiunque può accedere alle trascrizioni per verificare.
Ma adesso siamo in appello e proprio nella perizia di appello viene evidenziato anche il nesso di causalità dell’operato del suo assistito, e degli altri medici, e la morte di Lavinia:
“Dunque, appaiono censurabili, per imprudenza, le condotte sopra esposte, poste in
essere dal Prof Triolo e dai Dottori Denaro, Palmara e Granese e tali condotte
devono essere poste in nesso di causalità con il decesso della Signora Lavinia
Marano.”
Ed in merito alle linee guida sia la sentenza di primo grado sia la perizia di appello sono disseminate di elementi che dimostrano la marcata distanza dalle stesse, riportiamo qualche breve estratto della perizia di appello:
“Inoltre, a fronte di due procedure (RCU e Bakri Balloon) che, secondo standard,
richiederebbero, in mani esperte, circa 15 minuti l’una, nonostante l’emergenza del
caso e la necessità del rispetto delle tempistiche, venne impiegata un’ora e mezza.”
“Dopo l’intervento di posizionamento del Bakri Balloon sarebbe stato necessario,
secondo linee guida e buone prassi, attuare un protocollo di monitoraggio stringente
e di sorveglianza attiva, che non venne posto in essere.”
“Dunque, deve ritenersi censurabile, per imprudenza, la condotta posta in essere, in quel
momento specifico, dal Prof Triolo, dal Dottor Palmara e dalla Dott.ssa Granese, che
ritenevano terminato il loro compito a fine intervento, tornando apparentemente
ciascuno ad altre occupazioni, senza avere prima istituito un regime di monitoraggio
ostetrico-ginecologico sufficiente, che fosse in grado di destare allarme al precocissimo
verificarsi di segni di ulteriore sanguinamento, che, soprattutto a causa della mancata
constatazione del termine dell’emorragia dopo l’apposizione del pallone di Bakri, era
evento prevedibile e la cui evoluzione era possibile prevenire.”
“Nel caso della Signora Marano, invece, si giunse alla isterectomia troppo tardi,
fallendo, in tal modo, proprio l’obbiettivo gold standard raccomandato da buone prassi
e linee guida, ovvero quello di operare in tempo, prima che si instaurino stati di
sofferenza (shock) sostanzialmente irreversibili.”
Nella stessa perizia i professori affermano che se si fosse operato correttamente, secondo le linee guida, Lavinia si sarebbe salvata:
“Ciò avrebbe dovuto condurre, con la massima solerzia, ad un intervento di legature arteriose o di isterectomia in tempo utile, prima che la situazione divenisse incontrovertibile. Ciò avrebbe determinato, con ottime possibilità, il salvataggio della vita della Signora Lavinia Marano.”
Non si comprende come i periti non rilevino la colpa grave, come hanno messo in evidenza le motivazioni della sentenza di primo grado e i dati oggettivi contenuti nella perizia di appello stessa.
La colpa è lieve quando la diagnosi è difficile, equivoca e di conseguenza le cure sono difficili perché si sbaglia facilmente diagnosi; si sbaglia perché quei sintomi spesso sono comuni a varie patologie o perché non si hanno a disposizione i presidi adeguati. In questo caso se il paziente muore la colpa del medico sarà lieve proprio per la difficoltà del caso.
La colpa è grave quando la diagnosi è semplice e praticamente univoca, esistono presidi medici e chirurgici efficaci, ci sono linee guida e protocolli che se seguiti portano alla soluzione positiva del caso.
Riassumendo, perché si configuri la colpa grave è necessario che si verifichino i seguenti elementi:
-La diagnosi certa: nessuno ha mai negato, né i periti, né gli imputati, che fossimo in presenza certa di emorragia post partum da atonia uterina.
–L’esistenza di presidi medico chirurgici: anche in questo caso i fatti dimostrano l’esistenza dei presidi (Bakri ballon, farmaci, strumentazione, possibilità di effettuare l’isterectomia)
–La presenza di linee guida: nel nostro caso sono presenti linee guida consolidate, per l’evento più diffuso conseguenza dell’atonia uterina: l’emorragia post partum; infatti, la causa più comune dell’emorragia post partum è l’atonia uterina.
Quando in queste condizioni la paziente muore, c’è la certezza che sia proprio dovuto la condotta dei sanitari che si discostano marcatamente dalle necessità del caso come motivato in sentenza di primo grado:
“Sussiste nel caso in esame una colpa grave dei sanitari predetti trovandoci di fronte ad una scelta medica, posta in essere oltre che in modo non conforme alle linee guida, del tutto inadeguata e marcatamente distante dalla necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia e alle condizioni del paziente, si da determinare la negativa evoluzione della patologia.”
Quindi dopo tutte queste evidenze inquadrabili secondo dottrina e giurisprudenza nel campo della colpa grave, dopo le censure fatte in perizia, i periti nella conclusione affermano che nonostante il decesso della paziente sia da collegare al comportamento dei sanitari, questi non sarebbero imputabili di colpa grave ma solo di colpa lieve, e a sostegno di questa affermazione portano due argomentazioni facilmente confutabili:
-La prima: è che i sanitari erano di fronte a una patologia di “difficile gestione”, l’atonia dell’utero, ma abbiamo visto che non è così, se fosse vera quest’affermazione vedremmo ogni giorno le partorienti morire considerato che questa è una patologia molto comune, ricordiamo che è la prima causa di emorragia post partum (90%), di facile risoluzione se non ci si allontana in maniera abnorme dalle linee guida (come è successo purtroppo nel nostro caso).
-La seconda: è secondo i periti la mancanza degli esami di laboratorio, nel nostro caso del fibrinogeno, che avrebbe creato problemi ai medici nella gestione della patologia. Nel caso che ci interessa l’esame del fibrinogeno non ha alcuna rilevanza e gli stessi periti di appello lo menzionano solo in occasione del paragrafo relativo alla CID. Peraltro, in merito alla CID concludono che Lavinia non aveva alcuna CID (contraddicendo, giustamente, le conclusioni di Chiàntera) e che la morte è legata a shok ipovolemico (come affermato dal prof.re Iaccarino) causato dalle troppe ore di emorragia alla quale non era stato posto rimedio per tutti i motivi ampiamente descritti in precedenza.
Quindi, queste due argomentazioni poste dai periti a sostegno della tesi della colpa lieve, hanno un peso specifico pari a zero, e vanno considerate come un elemento incoerente rispetto al resto della perizia che individua il comportamento dei sanitari nel contesto della colpa grave.
Se a questo aggiungiamo che:
“Lavinia Marano aveva il 95% di probabilità di sopravvivenza se i sanitari non avessero operato con imprudenza, imperizia e colpevole ritardo.” Prof. Iaccarino
“…Ciò avrebbe dovuto condurre, con la massima solerzia, ad un intervento di legature arteriose o di isterectomia in tempo utile, prima che la situazione divenisse incontrovertibile. Ciò avrebbe determinato, con ottime possibilità, il salvataggio della vita della Signora Lavinia Marano.” Dott. Franco Carboni Prof. Stefano De Pasquale Ceratti
Non capiamo come il tutto sia congruente con le affermazioni: “…eccellentissima corte… perché dover trovare per forza un responsabile in questa triste vicenda…la povera sig.ra Marano era destinata a morire! Qualunque cosa…sarebbe stata inutile! …l’elemento morte non si poteva evitare!”.
Non ce ne facciamo nulla di uno o più responsabili francamente, Lavinia non ritornerà, ma è la società in cui viviamo che si fonda sulla responsabilità; sono gli imputati disposti ad assumersi le loro responsabilità?
Il mio intento non è quello di replicare il processo in questa pagina, qui raccontiamo fatti e creiamo la memoria di questa vicenda drammatica, per chi in futuro avrà bisogno di conoscere la nostra verità.
Il prossimo 4 maggio 2024 ci sarà una fiaccolata in memoria di Lavinia, un’occasione per onorare la sua memoria, partecipi, non come professionista ma come cittadina ed essere umano.
Germano Marano
18 Aprile 2024
Lo scorso 17 Aprile si è tenuta un’ulteriore udienza del processo di appello per la morte di Lavinia Marano, uccisa il 23 settembre del 2016 al policlinico universitario di Messina. Al termine dell’udienza il giudice ha pianificato una nuova udienza che sarà il 7 maggio, per pronunciare la sentenza
La prescrizione è ormai certa, si verificherà presumibilmente a luglio del 2024, ma prima c’è tempo per l’esito del processo di appello.
La logica richiederebbe un aggravio delle pene oltre che l’estensione delle condanne a tutti gli imputati, anche alla luce dell’ultima perizia, ma dubitiamo che questo accada dopo ciò che abbiamo vissuto fino ad oggi.
I familiari in generale non si attendono più niente dopo sette anni di richieste abbiamo capito che non c’è più niente da chiedere, e forse non avremmo mai dovuto chiedere nulla perché il diritto non si chiede, si riconosce e basta.
La giustizia è un diritto, e un processo come quello che abbiamo vissuto noi rappresenta la sua negazione.
Questo è quello che abbiamo capito, infatti non ci aspettiamo più assolutamente nulla; quella del 17 aprile è stata un’altra formalità di un teatro durato sette anni prima dell’inevitabile prescrizione.
Anche se rischiamo di cadere nella retorica, alla cittadinanza ci sentiamo di dire che la nostra lotta, la nostra esigenza di giustizia, in realtà riguarda tutti ed è urgente che ci si renda conto di questa evidenza; c’è già il nome di una mamma in un certificato di morte, il nome della prossima vittima è già scritto, il nome del bambino senza mamma, i parenti e gli amici che piangono, è già tutto scritto. In un prossimo futuro tutto si ripeterà, gli anni di processo, le delusioni e la disperazione, le attese e le porte chiuse; è tutto drammaticamente certo, accadrà e le vittime future sono oggi ignare.
La giustizia è un bene collettivo e lottare insieme oggi perché sia onorata significa meramente che la montagna che abbiamo scalato lunga sette anni, non dovrà essere scalata ancora una volta perché avremo determinato un nuovo riferimento, un precedente certo e visibile ad ognuno.
In sette anni ogni elemento della denuncia fatta la notte della morte di Lavinia è stato confermato in dettaglio, ciò che è stato denunciato è effettivamente quello che è accaduto ed è stato ripetuto per sette anni, senza che i periti e i numerosissimi avvocati degli imputati siano riusciti a mettere in discussione anche solo un elemento dell’accusa.
Le numerose perizie, e ogni singola argomentazione degli imputati non hanno modificato una virgola di ciò che è stato denunciato: Lavinia è morta a causa dell’operato scellerato dei medici e i sanitari del reparto di ostetricia del Policlinico di Messina, loro l’hanno uccisa con le loro azioni e con le loro omissioni, se non fosse stato per il loro operato Lavinia oggi sarebbe viva accanto a suo figlio che oggi ha sette anni.
18 Aprile 2024
“MESSINA – Hanno atteso a lungo i familiari di Lavinia Marano, morta poco dopo il parto, nel 2016, a soli 44 anni, per avere giustizia. In questi anni non si sono mai arresi e oltre a seguire il processo legato al caso hanno animato un comitato civico in memoria della cantante messinese. Hanno atteso a lungo ma ora la sentenza di secondo grado è più vicina…Ieri infatti al termine di una lunga udienza terminata solo a tarda sera, la Corte d’Appello ha fissato al prossimo 7 maggio la seduta finale” link all’articolo completo.
17 Marzo 2024
Lo scorso 14 marzo si è svolta un’ulteriore udienza del processo di appello. Lo scopo dell’udienza era discutere la perizia del Dott. Franco Carboni e il Prof. Stefano De Pasquale Ceratti, già ampiamente discussa da noi che ne abbiamo messo in evidenza le sconcertanti contraddizioni. Bisognava fare quattro domande semplici per evidenziare le macroscopiche ed evidenti incoerenze di quella perizia e mettere in evidenza che non solo la colpa è grave ma che probabilmente si tratta di dolo; non sappiamo se siano state fatte, non abbiamo presenziato. Il prossimo mese la sentenza probabilmente, poi a luglio la prescrizione.
Viviamo in una società dove i ladri di mele scontano anni di galera con l’obiettivo di ‘rieducarli’ dall’esigenza di vivere dignitosamente, mentre chi ha ruoli di responsabilità, ed in questo caso, la vita di donne e madri nelle proprie mani, non rischiano nulla neanche se sbagliano in modo palese.
Esistono delle situazioni dove i medici commettono errori, e quando accade purtroppo può morire qualcuno; ma in questo caso, non parliamo di un errore, ma di una condotta scellerata perpetrata per dieci ore da un intero reparto. Qui non solo si è commesso un crimine, ognuno con le proprie azioni e in associazione con l’operato degli altri, ma assistiamo da sette anni al puerile e rivoltante intento di farla franca in ogni modo possibile, anche ricorrendo a quest’ultimo espediente della colpa lieve del quale abbiamo parlato lungamente. Qui parliamo di un atto criminale che si rafforza con la totale assenza di una qualsiasi forma di ravvedimento e si ripropone ad ogni udienza con nuovi, ciechi tentativi di avere riconosciuta un’effimera innocenza.
Ci chiediamo, anche se i giudici di appello riconoscessero la colpa lieve agli imputati e condannati, come temiamo accadrà, questi individui sarebbero sereni? Si considererebbero realmente innocenti? Quanti altri danni potrebbero fare non solo a causa della propria incompetenza, ma soprattutto per l’incapacità di riconoscersi responsabili? Continueranno a vivere dietro uno sbilenco e grottesco paravento di innocenza, semmai gli sarà riconosciuta, come se nulla fosse accaduto?
Sappiamo che in sette anni, nessuno dei numerosissimi avvocati degli imputati e condannati è riuscito a modificare anche solo i dettagli dei fatti messi in luce dalle parti civili; i fatti sono stati provati e da sette anni l’unica cosa che gli imputati e i loro difensori sono riusciti a fare è aggrapparsi ai rinvii, difetti di notifica e conclusioni di perizie (più di una) incoerenti con i fatti. Nulla di più, sette anni per avere la conferma che quanto era stato denunciato era esattamente quanto è accaduto: Lavinia è stata uccisa a causa del grave comportamento dei sanitari; sono stati gli imputati che hanno provocato la morte inutile di una giovane madre.
Qual è il danno che un medico fa alla società per aver ucciso una giovane madre? Qual è il danno che la società fa a mantenere questo medico in ruoli di responsabilità?
Non sono forse i soggetti che hanno maggiore responsabilità che più di tutti, in caso di errore, dovrebbero essere costretti a riacquisire il senso civico, il rispetto, l’umiltà e l’educazione perduta? Perché si sente così alta l’esigenza di rieducare il ladro di mele e non il medico che provoca la morte in un modo così scellerato?
Ormai tutto si è concluso, sette lunghi anni a combattere una lotta lenta; ma la parte della lotta che ha richiesto più sforzo non è stata contro gli imputati, incapaci di operare alcuna azione efficace, ma contro le istituzioni e la società inerte, elusiva e indifferente, operosa solo nel provare a mantenere i miseri privilegi individuali di soggetti che a vario titolo detengono un potere sugli altri individui. Ringraziamo tutti coloro i quali hanno lottato, a vario titolo, gli amici, i professionisti che sono stati presenti per tutti questi anni, i giornalisti che hanno raccontato i fatti, e i rappresentanti delle istituzioni che hanno fatto il loro dovere; alcuni ci sono stati senza dubbio a partire dal giudice per le indagini preliminari che nonostante la perizia dei consulenti del PM, ha rinviato tutti a giudizio.
Ora che la verità è stata detta e confermata ed è ormai un fatto storico, viene il momento della memoria.
11 Febbraio 2024
La gazzetta del sud scrive un articolo sul caso di Lavina. Proviamo a dare qualche suggerimento, perché è oggettivamente scritto male, o forse è scritto bene per i loro obiettivi di comunicazione.Partiamo dal titolo:“I periti: «Lavinia Marano poteva essere salvata»”Quasi bene, perché il titolo doveva essere “Lavinia muore a causa dell’operato dei medici” o “Lavinia si sarebbe salvata certamente se i medici non l’avessero uccisa con il loro operato”.E questo non lo diciamo noi, lo dicono gli stessi periti che citano loro:“Dunque, appaiono censurabili, per imprudenza, le condotte sopra esposte, poste in essere dal Prof Triolo e dai Dottori Denaro, Palmara e Granese e tali condotte devono essere poste in nesso di causalità con il decesso della Signora Lavinia Marano.”L’articolo a firma di n.a. prosegue:“Poteva essere salvata, soprattutto con la tempestività degli interventi”Qui cominciamo a capire che non si tratterà di un’analisi, con un parere oggettivo, ma della semplice descrizione di frammenti della perizia e dei fatti al contorno. Considerando la complessità della situazione oltre che la gravità, è sicuramente un approccio ‘censurabile’. Si rimane sulla superficie, riportando informazioni parziali, e in parte errate; ci spieghiamo meglio:in merito alle tempistiche, questo farebbe intendere che hanno operato bene ma ci hanno messo troppo tempo, e questo giustificherebbe anche la conclusione ‘censurabile’ di colpa lieve.La verità indiscutibile è che i medici hanno provocato l’emorragia, non hanno monitorato, hanno operato male nonostante la diagnosi certa e le linee guida chiare e semplici da mettere in pratica in dieci ore (altro che difficile gestione) e in molti casi non hanno operato affatto “ritenevano terminato il loro compito a fine intervento, tornando apparentemente ciascuno ad altre occupazioni” lasciando Lavinia morire consapevolmente.Citiamo la “difficile gestione” perché incredibilmente i periti, commettono un clamoroso errore (volontario o meno non possiamo saperlo) scrivendo “Stante, comunque, la non semplice gestione di una criticità come quella di un caso di atonia uterina” . L’atonia uterina è una casistica così diffusa, con linee guida chiare e presidi medico chirurgici così collaudati e di certa efficacia che è semplicemente incredibile leggere che è di difficile gestione. In caso di emorragia post partum da atonia uterina, se la paziente muore è sempre colpa dei medici, in questo caso considerando l’incredibile dinamica dei fatti qui non solo c’è colpa ma si configura il dolo.Chiariamo che è di dominio pubblico, soprattutto in ambito medico, che l’atonia uterina è la prima causa di emorragia post partum e che Lavinia muore proprio per emorragia post partum, causata dall’atonia dell’utero che dopo quasi sessanta ore di stimolazione invece di riposo ha subito un parto cesareo di urgenza, e nessuno ha spiegato mai perché. Tutti questi ‘perché’ senza risposte e questi atti totalmente sconclusionati e assurdi portano alla mente un unico sospetto: ma volevano ucciderla di proposito?Tornando all’atonia, perché diventi di difficile gestione bisogna ignorarne la presenza (nonostante fosse certa e ne abbiamo già discusso), non monitorare , non operare con tempismo avendo dieci ore a disposizione, non applicare i presidi ed evitare di andare altrove mentre la paziente era in gravi condizioni a rischio vita. Questo è dolo, altro che colpa grave perché nonostante i medici fossero pienamente consapevoli delle condizioni della paziente, volontariamente si allontanano.Ricordiamo che nel dolo eventuale (o generico) il reo (il medico) ha la consapevolezza che dalla sua condotta possa derivare la morte di qualcuno (nel caso di specie della paziente di cui si sta occupando), ciò nonostante, agisce lo stesso e attua quella condotta infischiandosene dell’esito! Quest’accettazione del rischio configura il dolo ed è molto grave. È stato ampiamente provato nel caso di Lavinia che i sanitari erano a conoscenza che l’emorragia non era stata arrestata e, ciò nonostante, lasciarono l’ospedale e questo è stato confermato anche da questi ultimi periti, che incredibilmente concludono la perizia scrivendo che si tratta di colpa lieve.Chiariamo che la perizia di Franco Carboni e Stefano De Pasquale Ceratti descrive un caso di colpa grave o dolo ma si conclude incomprensibilmente affermando che si tratta di colpa lieve.Anche Chiantera a Spagnolo in occasione della perizia per le indagini preliminari, fecero lo stesso, e conclusero dicendo che si trattava di CID e che i sanitati non potevano fare di più. Adesso che la loro brutta figura è stata acclarata e tutti concordano nel riconoscere che Lavinia è morta a causa dell’operato dei medici, che la CID non c’entra nulla e che è morta per un’emorragia durata dieci ore, è la volta di Franco Carboni e Stefano De Pasquale Ceratti; questi descrivono un caso scellerato di colpa grave o dolo ma concludono con un’assoluzione, a fronte della norma che non individua reati nei casi colpa lieve. Perché usano tutti questo schema?Ci vengono in mente due possibili opzioni:-la prima: stavano concludendo la perizia e dall’altra stanza qualcuno ha gridato “a tavola”, e allora essendo affamati si sono affrettati a concludere distrattamente la perizia e si sono fiondati a tavola a mangiare la frittatona con la birra gelata.-la seconda: non c’è alcuna possibile spiegazione medica, legale, logica o razionale; allora quando non c’è alcuna possibile spiegazione o motivazione medico legale la spiegazione sta da un’altra parte.L’articolo prosegue proponendo altri frammenti di perizia, riporta che Lavinia si sarebbe salvata se si fosse effettuata in tempo l’isterectomia e poi si affretta a concludere con le conclusioni vergognose che abbiamo già più volte riportato:“non è possibile ravvedere, nell’operato degli imputati sopra menzionati, elementi di colpa grave.”Poi il giornalista n.a. prosegue dicendo che in primo grado i medici sono stati condannati MA, non dice perché. Perché non lo scrive? Come mai? Quale sarà la ragione, si sono letti 60 pagine di perizia, è possibile che non si siano letti le semplici motivazioni della sentenza di primo grado?La motivazione, secondo noi, è perché le motivazioni della sentenza di primo grado sono totalmente in contraddizione con le conclusioni della perizia di Appello che l’articolo riporta con tanta solerzia; infatti, la sentenza di primo grado riconosce senza ombra di dubbio la colpa grave, rileggiamo:“Sussiste nel caso in esame una colpa grave dei sanitari predetti trovandoci di fronte ad una scelta medica, posta in essere oltre che in modo non conforme alle linee guida, del tutto inadeguata e marcatamente distante dalla necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia e alle condizioni del paziente, si da determinare la negativa evoluzione della patologia.”A n.a., il giornalista o la giornalista che ha scritto l’articolo, diciamo di fare un corso accelerato di giornalismo, mentre a Franco Carboni e Stefano De Pasquale Ceratti di provvedere ad una rettifica immediata della perizia, quantomeno per salvare la faccia: la colpa è grave se non dolo senza ombra di dubbio e lo abbiamo già spiegato in una serie di post e documenti che sono più ampi della perizia che hanno scritto in più di un mese.Lo avevamo anticipato e lo ribadiamo: con tutte le evidenze e la luce che abbiamo fatto, non è facile gettare ombre su questa storia, e nonostante molti operino nell’ombra per minacciare la verità noi siamo qui per difenderla e lo saremo sempre. A tutti i fautori di queste pratiche diciamo di ravvedersi, in ogni momento possono decidere di difendere la vertà e la giustizia.
09 Febbraio 2024
Nuovo rinvio! Noi non ci meravigliamo più, queste vicende ci hanno resi più consapevoli che lo stato non favorisce i cittadini ma mira solo a controllarli.Il 15 gennaio alle 16:29 scrivevamo:“Ecco alcune date:-27 dicembre 2023 ore 15: inizio nuove operazioni peritali a Roma.-31 gennaio 2024: deposito nuova perizia-8 febbraio 2024: prossima udienza per esame peritiTutto questo mentre avvistiamo ormai la prescrizione che avverrà a luglio di quest’anno.Ecco alcuni dati:-Lavinia Marano muore per shock ipovolemico (è lo stato di shock causato dalla diminuzione del sangue circolante)-Lavinia Marano aveva il 95% di probabilità di sopravvivenza se i sanitari non avessero operato con imprudenza, imperizia e colpevole ritardo.Lavinia entra sanissima in ospedale dopo una gravidanza senza alcun problema…”L’8 febbraio doveva esserci l’udienza per discutete dell’ultima perizia, oggetto di grande sconcerto per le conclusioni totalmente dissociate non solo dalla stessa descrizione, ma dalla realtà tutta. Ebbene, lo sciopero degli avvocati ha reso necessario un ulteriore rinvio, la prossima udienza dovrebbe essere il 14 marzo 2024 alle ore 12:00.Alla luce del sole c’è:-l’evidenza di un’emorragia provocata sanitari-il nesso di causalità che tra operato dei sanitari e la morte di Lavinia, in sostanza il rapporto che lega la causa (l’operato dei medici) con l’effetto (la morte di Lavinia); tutti i sanitari e non solo i quattro condannati-la consapevolezza che Lavinia si sarebbe salvata certamente se i sanitari non avessero operato in modo scelleratoQuindi un gruppo di persone provoca l’emorragia, nonostante abbiano i requisiti e gli strumenti operano consapevolmente in modo dannoso, mentre Lavinia muore si allontanano occupandosi di altro o addirittura abbandonando l’ospedale e oggi cosa cosa succede? Fanno di tutto per non prendersi le proprie responsabilità, operano per 7 lunghi anni per farla franca in modo scomposto, con l’aiuto di decine di legali che non sono riusciti a produrre nulla di lontanamente concreto per argomentare un minimo di difesa, che di fatto non c’è stata perché non ci poteva essere, tutto è ricostruito con una fedeltà ineguagliabile.Si trama per arrivare ad un’assoluzione prima della prescrizione, un disperato e fanciullesco tentativo per non prendersi le proprie responsabilità; ma sotto la luce di questi riflettori, nonostante sia possibile che i giudici prendano l’assurda strada della colpa lieve, ormai la verità è scolpita nella storia di questa città decadente.Il Policlinico Universitario di Messina, costantemente avvolto in scandali di varia natura, oltre che finanziari, è assente non giustificato; nel 2016 annunciò un’indagine interna che nessuno ha visto mai, come nessuno ha visto mai, se non raramente, i suoi rappresentanti in tribunale o qualcuno scusarsi per il criminale trattamento che Lavinia ha subito in quell’orribile reparto.Chiariamo che Il Policlinico Universitario di Messina e i suoi rappresentanti, sono equamente responsabili, una copiosa perizia di 40 pagine redatta dal dott. Carlino, mai smentita, ne determina ogni singola carenza; nel 2017, poco dopo la morte di Lavina il reparto di ostetricia fu chiuso in tutta fretta, ufficialmente per rinnovamento.C’è un generale senso di impunità che avvolge tutto, questo male è contagioso e dilaga in ogni attività umana, reagire è un dovere per ognuno.
06 Febbraio 2024
Rtp Telegiornale 6 febbraio 2024 al minuto 18:19: Lavinia muore per un’emorragia che dura 10 ore ed è proprio l’operato dei medici che ne causa la morte.
06 Febbraio 2024
Sono i medici che l’hanno uccisa: nella nuova perizia si evidenzia il nesso causale tra operato dei medici e la sua morte.
06 Febbraio 2024
Morte Lavinia Marano: perizia di Appello, si tratta di colpa grave: link
Una giovane madre è morta a causa dell’operato scellerato di sanitari che hanno avuto dieci ore per applicare dei presidi che le avrebbero salvato la vita ma che non lo hanno fatto, essendo pienamente consapevoli del loro operato; queste persone devono prendersi le proprie resposabilità e accettarne le conseguenze; nonostante l’inspiegabile conclusione della perizia di Appello, la giustizia e chi la amministra non può sbagliarsi, in questi casi la giurisprudenza individua la colpa grave senza alcun dubbio.
03 Febbraio 2024
Colpa Grave, Colpa Lieve
Così anche il Dott. Franco Carboni e il Prof. Stefano De Pasquale Ceratti entrano a far parte di questa vicenda, hanno da poco depositato la loro perizia, come promesso l’abbiamo analizzata e facilmente identificato dei gravi elementi contraddittori. Abbiamo prodotto un documento di 18 pagine, è stato facile farlo perché ormai, dopo 7 anni è tutto venuto alla luce e non c’è nessuno che potrà mai offuscare la verità con le proprie ombre.
Di seguito solo una breve introduzione, al termine, un link per accedere al documento completo.
Partiamo dalla fine, la perizia conferma le responsabilità e conferma che Lavinia si sarebbe salvata se si fosse operato correttamente; durante tutta la perizia si individuano una serie di condotte gravi e gravissime (non tutte e non di tutti) MA alla fine succede qualcosa, alla fine succede sempre qualcosa. Prima di dirvi cosa succede facciamo un salto indietro nel tempo, quando i consulenti del processo per le indagini preliminari Chiantera a Spagnolo redigerono la famigerata perizia con le conclusioni errate.
Ebbene in quella perizia i consulenti censurarono molte condotte gravi, misero in luce l’imperizia, l’imprudenza, la negligenza e ogni altro aspetto che portasse a dedurre che i medici si erano comportanti in modo gravissimo MA si concluse con una assoluzione, non che fosse il loro mandato assolvere o accusare, lo scopo di una perizia è quello di descrivere i fatti, semplicemente si imputava la morte ad una fantomatica CID e si ribadiva che i medici non avevano potuto fare di più.
Adesso, questa tesi della CID è stata dimostrata come falsa, i medici sono stati rinviati a giudizio, alcuni sono stati condannati ed è stata confermata la colpa grave, rileggiamo questo passaggio della sentenza di primo grado:
“Sussiste nel caso in esame una colpa grave dei sanitari predetti trovandoci di fronte ad una scelta medica, posta in essere oltre che in modo non conforme alle linee guida, del tutto inadeguata e marcatamente distante dalla necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia e alle condizioni del paziente, si da determinare la negativa evoluzione della patologia.”
Con la perizia attuale ci troviamo di fronte ad un caso analogo. La morte per CID è scomparsa, del resto non si poteva insistere su una ipotesi ormai così debole, non si poteva continuare a sostenere una tesi così palesemente falsa; Lavinia è morta per shock ipovolemico, come hanno sostenuto le parti civili da anni e come ha confermato con estrema certezza il prof. Iaccarino.
Nel corpo della perizia troviamo spunti che porterebbero portarci a pensare che le responsabilità siano gravissime ma, proprio riprendendo lo stesso schema della perizia che abbiamo letto anni fa durante il processo per le indagini preliminari, le conclusioni sono totalmente dissociate con il resto del testo. In conclusione, la resposabilità non è più grave, sconfessando la sentenza di primo grado, le evidenze, e le loro stesse parole scritte nelle pagine precedenti, ma lieve.
Perché scrivere una cosa del genere? A parte l’ipotetico tentativo di fare una brutta figura quale potrebbe la ragione?
La ragione si chiama “Scudo penale per colpa lieve” in base al quale il medico che si attiene alle linee guida non risponde mai penalmente del proprio operato, se non nei casi di dolo oppure di colpa grave. Se passa la linea che la colpa è lieve allora il processo penale finirà con un’assoluzione. Ce lo siamo chiesti tante volte come finirà questo processo, sarà solo la prescrizione o lo smacco di un’assoluzione prima della prescrizione?
Noi siamo qui commentare la perizia scritta da Franco Carboni e Stefano De Pasquale Ceratti e mettere in evidenza che sono loro stessi a scrivere che non solo si tratta di colpa grave ma di dolo! Non basta il termine ‘lieve’ nelle conclusioni della perizia per cancellare fatti e verità che loro stessi non hanno potuto negare.
Ebbene c’è un ultimo punto importante che va menzionato, le perizie possono essere suddivise in due macroscopici blocchi:
-la fase descrittiva: che descrive i fatti e le evidenze con un taglio tendenzialmente tecnico. In questa fase non c’è spazio per opinioni personali; bisogna descrivere i fatti e citare le fonti.
-la conclusione: qui c’è spazio per opinioni personali che in teoria dovrebbero essere coerenti con la fase descrittiva ma che nel nostro caso sono dissociate.
La perizia che assolve
Utilizzando quindi un parere personale distante dai fatti la perizia assolve gli imputati anche se non è lo scopo di una perizia fare questo. Leggiamone la fine prima di approfondirla per intero:
“Dunque, appaiono censurabili, per imprudenza, le condotte sopra esposte, poste in essere dal Prof Triolo e dai Dottori Denaro, Palmara e Granese e tali condotte devono essere poste in nesso di causalità con il decesso della Signora Lavinia Marano. “
E poi
“…non è possibile ravvedere, nell’operato degli imputati sopra menzionati, elementi di colpa grave.”
È dunque necessario leggere le definizioni di imperizia, imprudenza, colpa lieve e colpa grave per capire come mai la colpa non sia lieve ma grave.
Definizioni Imperizia Negligenza Imprudenza colpa grave colpa lieve
Imperizia
“L’imperizia è la condotta della persona inesperta che genera un danno a terzi proprio a causa della sua scarsa esperienza. Si verifica nei casi in cui un soggetto non rispetta le regole tecniche del suo mestiere o quando agisce non essendo abbastanza qualificato per farlo.”
Non si può definire inesperto un primario, non si possono definire inesperti sanitari con 20 anni e più di esperienza. Quindi se hanno commesso macroscopici errori non lo si può certo imputare alla loro inesperienza e la loro posizione inevitabilmente si aggraverà.
Imprudenza
“La mancanza di prudenza consiste nella condotta di chi agisce colposamente in modo da mettere in pericolo sé stesso o altri, o comunque non valuta sufficientemente le possibili conseguenze dannose della propria condotta.
Nel settore della responsabilità penale medico-sanitaria, si può dire che l’imprudenza si caratterizza come condotta che non si adatti alle specifiche circostanze del caso che riguarda il paziente ed a quelle cautele che l’ordinaria esperienza suggerisce di impiegare a tutela dell’incolumità e degli interessi del paziente.
Tale forma di imprudenza si ravvisa talvolta nella omessa vigilanza di pazienti fragili in ospedale…”
Colpa Grave
“Il medico può essere incolpato di colpa grave anche per trascuratezza dei propri doveri o se l’evento dannoso generato era comunque prevedibile.”
Sembra il nostro caso e basterebbe questo visto che l’atonia non era solo prevedibile era certa, ma c’è di più, leggiamo la definizione di colpa grave in ambito sanitario:
“In particolare, evidenziano i Supremi giudici che sì può parlare di colpa “grave” solo quando si sia in presenza di una “deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato, rispetto al parametro dato dal complesso delle raccomandazioni contenute nelle linee guida di riferimento”.
Perché vi sia “colpa grave”, quindi, penalmente rilevante, il gesto tecnico deve risultare “marcatamente distante dalle necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia ed alle condizioni del paziente”.
La colpa è grave quando la diagnosi è semplice e praticamente univoca, esistono presidi medici e chirurgici efficaci, ci sono linee guida e protocolli che se seguiti portano facilmente alla soluzione positiva del caso. Il medico è imputabile di colpa grave in quanto la morte del paziente può derivare solo da un errore macroscopico della diagnosi, dall’allontanamento abnorme dalle linee guida e dai protocolli e dalla mancanza di cure.
Colpa lieve
La colpa è lieve quando la diagnosi è difficile, equivoca e di conseguenza le cure sono difficili e spesso sbagliate perché si sbaglia facilmente diagnosi, si sbaglia perché quei sintomi spesso sono comuni a varie patologie. In questo caso se il paziente muore la colpa del medico sarà lieve proprio per la difficoltà del caso.
Conseguentemente, quanto più la vicenda risulti problematica, oscura, equivoca, tanto maggiore dovrà essere la propensione a considerare lieve l’addebito nei confronti del professionista che, pur uniformatosi ad una condotta accreditata dalla comunità scientifica, non sia stato in grado di produrre un trattamento adeguato o abbia determinato la negativa evoluzione della patologia.
Quindi è colpa grave?
Perché si configuri la colpa grave abbiamo bisogno di una “deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato, rispetto al parametro dato dal complesso delle raccomandazioni contenute nelle linee guida di riferimento” e sembra che durante il processo di primo grado questa marcata distanza sia stata ravvisata con chiarezza, rileggiamo quel passaggio della sentenza:
“Sussiste nel caso in esame una colpa grave dei sanitari predetti trovandoci di fronte ad una scelta medica, posta in essere oltre che in modo non conforme alle linee guida, del tutto inadeguata e marcatamente distante dalla necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia e alle condizioni del paziente, si da determinare la negativa evoluzione della patologia.”
Adesso basterebbe un passaggio dell’attuale perizia per confermare la colpa grave se non il dolo, questo:
“Dunque, deve ritenersi censurabile, per imprudenza, la condotta posta in essere, in quel momento specifico, dal Prof Triolo, dal Dottor Palmara e dalla Dott.ssa Granese, che ritenevano terminato il loro compito a fine intervento, tornando apparentemente ciascuno ad altre occupazioni…”
È marcatamente distante dalle linee guida o no lasciare una ragazza a rischio vita da sola, senza monitoraggio adeguato, con un presidio applicato male (il Ballon con la spia occlusa)?
Consapevoli del rischio morte, implementano un presidio inutile e vanno via accettando il rischio che Lavinia si aggravi e muoia come poi è accaduto.
Ma andiamo oltre.
Nel caso che ci riguarda, la perizia in appello, dopo aver attentamente e minuziosamente descritto un caso classico di colpa grave e aver senza mezzi termini affermato che la paziente è morta a causa del comportamento dei sanitari in quanto sussiste un evidente nesso di causalità tra la loro condotta e l’evento, nelle conclusioni sorprendentemente solleva gli stessi sanitari dalla responsabilità penale in quanto inquadra il loro comportamento nei confini della colpa lieve.
Analizziamo il nostro caso e andiamo a vedere quali sono gli elementi che lo caratterizzano
DIAGNOSI : emorragia post partum da atonia uterina. Questa come descritto in tutte le linee guida è una patologia per la quale la diagnosi è veloce e semplicissima in quanto il 90% di tutte le emorragie post partum è da atonia dell’utero, di conseguenza se avviene il decesso il comportamento dei sanitari è per dottrina prevalente e per la Giurisprudenza inquadrabile nell’ambito della colpa grave.
ESISTENZA DI PRESIDI MEDICI E CHIRURGICI :esistono per l’atonia dell’utero presidi medici? Si esistono svariati farmaci come, ad esempio, il NALADOR (efficacissimo se somministrato con le giuste tempistiche, non certamente quando sia troppo tardi e il letto vascolare sia già depleto) che nel nostro caso non è stato somministrato quando sarebbe stato efficace.
Il BAKRI BALLOON è una opzione (rapida e veloce) efficace se predisposta in tempi brevi (circa 10 minuti come da linee guida) e se nel caso specifico riesce bloccare l’emorragia.
Nel nostro caso per predisporre il palloncino hanno impiegato un’ora e 45 minuti. Il palloncino non ha bloccato l’emorragia e i sanitari, nonostante ciò, si sono allontanati dal reparto. Dopo l’introduzione del BAKRI BALLON le linee guida prevedono un attento e costante monitoraggio per controllare se in effetti l’emorragia si è arrestata, e in caso contrario si deve procedere immediatamente a isterectomia. Nel nostro caso non c’è stato monitoraggio (lo dicono tutte le perizie) l’emorragia ha proseguito indisturbata il suo corso e chiaramente l’isterectomia non è stata fatta perché non c’era nessuno che potesse praticarla. Ciò ha portato la paziente circa quattro ore più tardi ad arresto cardiaco.
Quindi abbiamo tutti gli elementi della COLPA GRAVE, la diagnosi era semplice (EPP da ATONIA UTERINA, il 90% delle EPP) abbiamo un evidente allontanamento abnorme dalle linee guida (mancanza di monitoraggio che porta un’ostetrica per caso a scoprire l’emorragia osservando il sangue che scolava letteralmente dalla barella, chiamata degli altri sanitari che incredibilmente non erano presenti, un’ora e quarantacinque per inserire il palloncino, che fra l’altro viene inserito un’ora e mezza dopo l’esordio dell’emorragia, ciò porta ad avere quasi due ore di emorragia gratuita, mancanza di monitoraggio successiva all’introduzione del palloncino, fallimento dello stesso e assenza di isterectomia). Fra l’altro l’allontanamento abnorme dalle linee guida inizia ancor prima dell’emorragia con la pratica dell’induzione al parto, stimolazioni che secondo i protocolli e le linee guida nel nostro caso non andavano assolutamente praticate.
QUANDO VANNO FATTE LE STIMOLAZIONI SECONDO LE LINEE GUIDA E I PROTOCOLLI :
1. 41 settimane (noi avevamo 40 settimane + 6)
2. Anidramnios, ossia poco liquido amniotico (noi avevamo il POLIDRAMNIOS cioè molto liquido amniotico, esattamente l’opposto)
3. Rottura delle acque (nel nostro caso non c’era assolutamente rottura delle acque)
Quindi anche prima del manifestarsi dell’atonia uterina (patologia molto comune, di facile diagnosi e di ordinaria gestione) c’è stato nel nostro caso un macroscopico distaccamento da quello che prevedono le linee guida e i protocolli.
Quindi dopo tutte queste evidenze inquadrabili secondo dottrina e giurisprudenza nel campo della colpa grave, dopo le censure fatte in perizia, i periti nelle conclusione affermano che nonostante il decesso della paziente sia da collegare al comportamento del sanitari questi non sono imputabili di colpa grave ma solo di colpa lieve e a sostegno di questa affermazione surreale portano due argomentazioni facilmente confutabili.
LA PRIMA è che i sanitari erano di fronte a una patologia di “difficile gestione”, l’atonia dell’utero, ma abbiamo visto che non è così, se fosse vera quest’affermazione vedremmo ogni giorno le partorienti morire come le mosche considerato che questa è una patologia molto comune, la prima causa di emorragia post partum (90%), di facile risoluzione se non ci SI ALLONTANA IN MANIERA ABNORME DALLE LINEE GUIDA (come è successo purtroppo nel nostro caso).
LA SECONDA è secondo loro la mancanza degli esami di laboratorio, nel nostro caso del fibrinogeno, che ha creato problemi ai medici nella gestione della patologia. Nel caso che ci interessa l’esame del fibrinogeno non ha alcuna rilevanza e non serve a nulla nella gestione di un’atonia dell’utero il cui percorso diagnostico e curativo previsto dalle linee guida non prevede per nulla questo esame; quindi, se c’è o non c’è, è ininfluente. Il fibrinogeno semmai sarebbe giovato per capire se alla paziente era affetta da CID, ma come abbiamo visto nel nostro caso come affermano tutte le perizie, Lavinia non era affetta da CID e non è morta per CID, ma è morta a causa di uno shock ipovolemico (come afferma questa ultima perizia confermando anche la perizia di parte del prof. Iaccarino) causato dalle troppe ore di emorragia alla quale non era stato posto rimedio per tutti i motivi surreali descritti in precedenza.
Quindi queste due argomentazioni poste dai periti a sostegno della tesi della colpa lieve, hanno come abbiamo facilmente visto un peso specifico pari a zero, e vanno considerate come un tentativo puerile e maldestro di tendere una mano a dei sanitari già condannati in primo grado il cui comportamento va inquadrato in maniera evidente nell’ambito della colpa grave; anche se in lunghi tratti di questa vicenda viene fuori con evidenza il Dolo, confermato in un clamoroso passaggio della sentenza di primo grado :
“Dunque, deve ritenersi censurabile, per imprudenza, la condotta posta in essere, in quel momento specifico, dal Prof Triolo, dal Dottor Palmara e dalla Dott.ssa Granese, che ritenevano terminato il loro compito a fine intervento, tornando apparentemente ciascuno ad altre occupazioni…” Abbandonando così Lavinia a morte certa, senza aver verificato l’arresto dell’emorragia nonostante fossero consapevoli del rischio.
Analisi completa alla perizia di Appello.
15 Gennaio 2024
Ecco alcune date:
-27 dicembre 2023 ore 15: inizio nuove operazioni peritali a Roma.
-31 gennaio 2024: deposito nuova perizia
-8 febbraio 2024: prossima udienza per esame periti
Tutto questo mentre avvistiamo ormai la prescrizione che avverrà a luglio di quest’anno.
Ecco alcuni dati:
-Lavinia Marano muore per shock ipovolemico (è lo stato di shock causato dalla diminuzione del sangue circolante)
-Lavinia Marano aveva il 95% di probabilità di sopravvivenza se i sanitari non avessero operato con imprudenza, imperizia e colpevole ritardo.
Lavinia entra sanissima in ospedale dopo una gravidanza senza alcun problema. I sanitari sono al corrente che dopo il cesareo interverrà un’emorragia, quindi con le loro azioni provocano l’emorragia, non la gestiscono per dieci ore, alcuni vanno a casa, altri presenti attendono e non fanno nulla, tutti provocano la morte di Lavinia. Sono tutti responsabili come collettivo e sono tutti responsabili individualmente.
I fatti sono chiari e semplici per chiunque, la sentenza di primo grado è imperfetta perché seppur individuando le responsabilità di alcuni, non riconosce la responsabilità collettiva e sorvola sulla responsabilità di sei imputati. Inoltre, in sentenza non c’è traccia del falso in cartella e non si fa menzione della concreta sussistenza del dolo.
Adesso ci chiediamo, come sarà la perizia dei nuovi consulenti; di fronte a questa enorme luce di fatti provati potrà mai gettare delle ombre? E se sì, con quale artificio?
Ricordiamo le conclusioni della perizia di Chiantera durante le indagini preliminari che, dopo un’esposizione che censurava di tutto, si concludeva in modo assurdo, come se si fosse trattato di un’altra perizia; ricordiamo quella inspiegabile conclusione:
“In ogni caso, stante la causa della morte della donna che è correlabile alla intervenuta CID, la cui epoca di insorgenza non può essere, tuttavia, stabilita con certezza, in relazione alla mancanza dei sopra citati esami di laboratorio, non è possibile – per questi consulenti – affermare, con elevato grado di probabilità prossimo alla certezza, se un diverso -in relazione alle ipotesi di censurabilità enunciate in precedenza – trattamento avrebbe consentito di impedire il verificarsi della morte della Marano.”
Un equilibrismo ‘censurabile’ che nonostante tutto non è riuscito ad evitare il rinvio a giudizio di tutti gli imputati. Chiantera durante il dibattimento di primo grado fu poi molto duro con gli imputati e suggeriamo ai nuovi consulenti di leggere le trascrizioni.
Ricordiamo che la perizia di Chiantera fu ‘smontata’ pezzo per pezzo da Alessandro Marano, fratello di Lavinia, e che grazie al documento da lui prodotto emersero tutte le incongruenze della perizia oltre che di quelle assurde conclusioni.
Non ultimo ricordiamo che l’affermazione della morte per CID è priva di senso, e oltre ad averlo chiarito il professore Iaccarino, abbiamo ritenuto di doverlo fare anche noi con un comunicato stampa per ribadire quanto incredibile fosse solo l’ipotesi: https://www.einpresswire.com/article/599931952/lavinia-marano-non-morta-a-causa-di-una-cid
Adesso attendiamo il finale di questo nuovo capitolo; come si concluderà questa nuova perizia? Ci si affiderà a qualche nuovo imprevedibile equilibrismo o si racconterà la verità per come è già stata dimostrata?
In ogni caso una cosa è certa, dopo tutta la luce che abbiamo fatto, anche la più squallida ombra che dovrebbe presentarsi, sarà dissolta il giorno dopo; e chi pensa che a violentare la verità non si rischia nulla, diciamo di non esserne troppo certi.
20 Dicembre 2023
Omicidio Lavinia Marano: nomina nuovo consulente.
Apprendiamo che la Corte di Appello di Messina ha sostituito il Dott. Scollo e nominato il prof Franco Carboni.
Forse a seguito dei nostri post il consulente Scollo è stato sostituito. Dobbiamo agire così, con i post sui social media fortunatamente ripresi da tanti amici, al fine che il buon senso e la giustizia siano un minimo preservati.
Non si capiva il senso di una nuova perizia, della richiesta di chiarimenti. Non si capisce ancora adesso, bisognerebbe farselo spiegare dai Giudici e dal PM, e non si capiva come mai nominare un consulente così vicino alla Granese, imputata condannata.
Ci siamo posti delle domande:
-Arriveremo alla prescrizione o all’assoluzione prima della prescrizione?
-Hanno nominato Scollo e adesso visto il plateale conflitto di interessi lo hanno sostituito, non lo sapevano prima che c’era un conflitto di interessi?
-Si salveranno tutti o solo la Granese? Si incolperà solo Triolo che sembra essere andato in pensione?
-Se sì, come faranno a scagionare la Granese? Era di turno, era competente ad operare, doveva monitorare ed intervenire eppure ha totalmente ignorato che l’emorragia non si è era mai arrestata e non è intervenuta attendendo… Iaccarino scriverà dei colpevoli ritardi che hanno determinato la morte di Lavinia.
-Come faranno a scagionarli? Si affideranno ancora una volta alle sbagliate conclusioni di Chiantera o proveranno un’acrobatica redazione di una perizia sovvertendo fatti incotestabili?
Non dimentichiamo che l’elemento probatorio più forte è la denuncia di Alessandro Marano che quella notte, distrutto, andò a denunciare i fatti alla stazione dei carabinieri. Ebbene tutto quello che lui ha scritto, con la lucidità che gli permetteva un momento così tragico, è stato confermato per filo e per segno durante questi sette anni di rinvii, intermezzati da qualche udienza.
Alcuni consigli ai nuovi periti al fine di evitare di fare una brutta figura; si rileggano tutto:
- Perizie di consulenti del PM durante le indagini preliminari con un’assurda conclusione totalmente incoerente con i fatti esposti nella perizia stessa
- Controdeduzioni delle parti civili redatte dal fratello di Lavinia, Alessandro che non è un medito
- Marcia indietro dei consulenti del PM che alla luce delle controdeduzioni si premurarono di ripetere che “non si può non concordare con l’avvocato Alessandro Marano” in svariate obiezioni fatte.
- Il giudice rinvia tutti a giudizio e seguono le perizie di Iaccarino e Carlino oltre che le deposizioni in primo grado per confermare tutto
- Leggete anche le perizie dei difensori degli imputati, dei quali quattro condannati; praticamente non si sono potuti difendere perché le evidenze sono troppe e si sono limitati a concludere le perizie come le aveva concluse Chiantera richiedendo un’assoluzione totalmente incoerente con i fatti da loro stessi descritti.
Non è una CID ad uccidere Lavinia ma una emorragia provocata dai medici e praticamente non gestita per dieci ore. “Lavinia Marano muore per shock ipovolemico…Lavinia Marano aveva il 95% di probabilità di sopravvivenza se i sanitari non avessero operato con imprudenza, imperizia e colpevole ritardo.”
Visto che ci siamo e state redigendo un’altra perizia allora non dimenticare di segnalare il falso in cartella a partire dall’orario riportato relativo all’insorgenza dell’atonia e dell’emorragia seguendo tutto l’excursus fino all’orario del decesso registrato alle 8:45, considerando che Lavinia è stata definita irrecuperabile già alle 3:30 del 23 settembre.
Valutate anche di suggerire una modifica del capo di imputazione in dolo eventuale. Vi diamo una mano:
Nel delitto colposo entrano in gioco la negligenza, l’imprudenza e l’imperizia. Negligenza: quando il soggetto attivo non presta attenzione; imprudenza: quando il soggetto non usa accortezza e prudenza; imperizia: quando il soggetto non rispetta le dovute regole tecniche per incapacità o inettitudine. In tutti questi casi non vi è la “volontà” di commettere un reato e nel caso che ci riguarda causare la morte di qualcuno. Nel dolo eventuale (o generico) invece il reo (il medico) ha la consapevolezza che dalla sua condotta possa derivare la morte di qualcuno (nel caso di specie della paziente di cui si sta occupando), ciò nonostante, agisce lo stesso e attua quella condotta infischiandosene dell’esito! Quest’accettazione del rischio configura il dolo ed è molto grave. È stato ampiamente provato nel caso di Lavinia che i sanitari erano a conoscenza che l’emorragia non era stata arrestata e, ciò nonostante, lasciarono l’ospedale. È ovvio che non potevano non sapere che quella condotta avrebbe potuto causare la morte della paziente (abbandonata solo in uno stanzino, sembra assurdo ma è così), ciò nonostante, la posero ugualmente in essere accettando il rischio del tragico evento. Questa condotta surreale e drammaticamente dolosa fu attuata più di una volta (nell’arco di circa dieci ore) in questa triste e drammatica vicenda.
Non dimentichino neanche di estendere le responsabilità oggettive a tutta l’equipe in quanto esiste ed è stata provata una responsabilità collettiva ed esiste una responsabilità individuale; a questo scopo vi suggeriamo di rileggere il post del 26 marzo 2023 dove si analizzano le motivazioni della sentenza di primo grado e si mettono in evidenza i fatti e le azioni di ognuno mentre Lavinia moriva.
C’è solo una scelta da fare, dire la verità.
Post 26 marzo 2023
A novanta giorni esatti dall’udienza conclusiva del processo di primo grado, limite massimo consentito per legge, sono state pubblicate le motivazioni della sentenza sul caso di Lavinia, morta di parto al Policlinico di Messina nel 2016.
Attendevamo queste motivazioni perché a fronte delle evidenze emerse durante le fasi processuali, leggere di sole quattro condanne, peraltro ad un anno, e di ben sei assoluzioni fu abbastanza sbalorditivo, così eravamo curiosi di sapere quali fossero le giustificazioni per tale assurdità.
Sabato 18 marzo 2023 abbiamo così cominciato a leggere le motivazioni e dopo una parte introduttiva che ripercorre tutte le vicende a partire dalla denuncia, e poi le fasi processuali con le perizie, le deposizioni dei teste e le requisitorie giungiamo alle motivazioni.
Premettiamo subito che se non fossimo stati già al corrente delle condanne, leggendo le motivazioni avremmo pensato a condanne severissime e ad un risarcimento senza precedenti. C’è di fatto un totale distacco dalle motivazioni alle condanne. Ma entriamo maggiormente nel dettaglio.
Cominciamo a leggere:
“…deve osservarsi come non si possa certamente prospettare la sussistenza di una colpa lieve, per i sanitari Denaro Antonio, Tiolo Onofrio, Granese Roberta e Palmara Vittorio, la cui condotta imprudente e negligente non ha in alcun modo tenuto conto della specificità del caso concreto…”
Sappiamo che uno degli interventi non risolutivi per fermare un’emorragia presente dal momento del cesareo, fu quello dell’applicazione del Bakri Ballon, il cosiddetto palloncino che, gonfiandosi all’interno dell’utero, avrebbe dovuto arrestare l’emorragia. Ebbene i medici sapevano che il Bakri Ballon non aveva funzionato e su questo punto leggiamo:
“Di contro certamente imprudente ed imperita deve ritenersi quella dei sanitati Triolo, Palmara e Granese di non procedere all’immediata asportazione dell’utero a fronte della persistenza emorragia…” e immediatamente dopo “Sussiste nel caso in esame una colpa grave dei sanitari predetti trovandoci di fronte ad una scelta medica, posta in essere oltre che in modo non conforme alle linee guida, del tutto inadeguata e marcatamente distante dalla necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia e alle condizioni del paziente, si da determinare la negativa evoluzione della patologia.”
Poniamo l’attenzione sul seguente estratto: “Colpa grave in merito ad una scelta inadeguata e marcatamente distante dalla necessità della paziente.” A parte gli altri medici sui quali torneremo subito,la Granese era in grado di operare? I parenti l’hanno solo vista impegnata a chiamare altri medici, ad eseguire qualche tardiva ecografica e a farfugliare inconcepibili bugie sullo stato di salute di Lavinia che era invece già deceduta. Dovrebbero sussistere aggravanti per incapacità di base oltre che totale assenza di etica, non solo professionale; dovrebbero intervenire gli ordini dei medici oltre che il Policlinico stesso, ma lo farebbero solo se non ci fossero conflitti di interesse e pare che in questo caso ce ne siano parecchi (rimandiamo all’intervista di Alessandro, fratello di Lavinia che durante la fiaccolata in suo ricordo parla anche della Granese e del marito Navarra, ex rettore dell’università di Messina).
Proseguiamo:
“I sanitari in premessa, ben coscienti dei rischi della patologia, la cui gravità era già evidente non hanno preso le necessarie iniziative, adottando un atteggiamento attendista cui è ricollegabile la morte della persona offesa e che inizia con la presa in carico della paziente, avendo essi a disposizione tutti gli elementi di conoscenza necessari.”
e
“…il primario Prof Triolo ed il dott. Palmara, che si allontanavano dal reparto, pur consapevoli della gravità delle condizioni cliniche della Marano e della mancata efficacia del dispositivo endouterino, che, di fatto, non aveva arrestato l’emorragia.”
Crediamo che non ci sia spazio per interpretazioni, i sanitari hanno operato in modo palesemente inadeguato, tardivamente e del tutto consapevoli della gravità della situazione e del rischio morte di Lavinia. Di fronte alla gravità della situazione, consci che quanto avevano fatto non aveva funzionato e che Lavinia poteva morire, come di fatto è accaduto, cosa fanno? Si allontanano, se ne vanno a casa o chissà dove.
Così si definisce il dolo, esattamente come hanno denunciato le parti civili; constatiamo quindi che il Giudice scrive nero su bianco che i condannati hanno agito con Colpa grave e dolo però la penna emessa non solo non è differenziata fra i vari soggetti ma è di un solo anno.
Rileggiamo quanto abbiamo scritto il 14 novembre del 2022: “Nel dolo eventuale (o generico) invece il reo (il medico) ha la consapevolezza che dalla sua condotta possa derivare la morte di qualcuno (nel caso di specie della paziente di cui si sta occupando), ciò nonostante, agisce lo stesso e pone in essere quella condotta infischiandosene dell’esito!”
E poi “Denaro Antonio, che acquisiva il consenso della paziente senza tuttavia in alcun modo informarla sui rischi connessi all’atonia uterina, rischi prevedibili e prevenibili che egli ha certamente sottovalutato”
“Statisticamente, un eccessivo sanguinamento dopo il parto rappresenta una causa rilevante di mortalità materna”
È Denaro che esegue un cesareo di urgenza ed è in quel momento che inizia l’emorragia. Sapevano tutto e hanno agito per dieci ore nell’ombra e dietro porte chiuse, riuscendo alla fine ad invocare la morte.
Il Giudice riporta le parole di Perri, consulente delle parti civili che precisava che:
“un consenso viziato, non è un consenso”.
Il Giudice cita ancora Perri che riferendosi all’ultimo intervento di isterectomia mentre la Granese rassicurava i parenti che l’intervento era andato bene e che anche le ovaie erano state preservate “Sottolineava che l’isterectomia veniva invece eseguita solo alle h 4:10 , quando ormai risultava del tutto inutile , su una paziente (“praticamente morta – gli anestesisti la tengono in vita”) che come emergeva dalla scheda anestesiologica era ormai midriatica (n.d.r. la midriasi è la condizione fisiologica di dilatazione della pupilla dell’occhio), atteso che si erano verificati a decorrere dalle h 3:30 anche diversi arresti respiratori e in considerazione del fatto che la Marano era in stato di shock., tanto che l’infermiera intervenuta non era riuscita neppure a effettuare un accesso venoso.”
Ricordate la prima porta, la porta Nera del podcast le Porte di Lavi pubblicata il 9 novembre del 2020? LAVI dice “Io non sono morta alle 8:45! …”. Hanno avuto il coraggio, la malvagità e la vigliaccheria di scrivere 8:45 nel certificato di morte. Lavinia era morta già alle 4:10 del mattino, era tenuta in vita dagli anestesisti, adesso è scritto nero su bianco in una sentenza dopo anni che lo ripetiamo. Quale malvagità può portare l’uomo e la donna a fare questo? Come ha potuto la mano che doveva curarla, infierire sul suo corpo anche dopo la fine? Quale reato configura questa condotta se non il vilipendio di cadavere senza considerare lo scempio di ogni residuo di umanità ed etica di base.
Il primario prof. Iaccarino, infine, sempre citato dal Giudice, pone una pietra tombale sulla questione:
“Sottolineava come un controllo ecografico eseguito tempestivamente nella fase di monitoraggio avrebbe evidenziato il persistere dell’emorragia e quindi l’isterectomia ove fosse stata eseguita tempestivamente, cioè intorno alle h 1:10 avrebbe con una percentuale del 90% salvato la vita della Marano, per la quale, a suo giudizio, si è fatto troppo poco e troppo tardi.”
Lo abbiamo detto fino allo sfinimento, Lavinia aveva la certezza di salvarsi, Lavinia è stata inequivocabilmente uccisa da comportamenti gravi e dolosi dei sanitari operanti in una struttura impreparata e carente.
Già questo è sconcertante, ma adesso è il momento di riportare le responsabilità del policlinico:
“Non può a questo punto non sottolinearsi il più volte rilevato profilo della carenza organizzativa del Policlinico universitario di Messina , presidio c.d. di Alta Specialità , in cui si fa anche ricerca, oltre che cura ed assistenza… Dette gravi carenze organizzative, a pochi mesi di distanza dal decesso della Marano, superate con un ampiamento degli esami eseguibili, estesi anche al fibrinogeno e ai suoi prodotti di degradazione, anche in fascia notturna, la cui esecuzione non può certamente essere rimessa a prassi operative, non possono fare andare esente da responsabilità, il Policlinico Universitario di Messina, per il quale si impone, quale Responsabile civile, una condanna risarcitoria in solido con gli imputati Triolo Onofrio, Palmara Vittorio, Denaro Antonio , per i quali è stata emessa condanna.”
Il Giudice riporta quanto detto da Carlino, consulente delle parti civili:
“Anche il teste Carlino Vincenzo forniva alcuni contributi rilevanti per il caso che ci occupa: sentito all’udienza del 4 giugno 2021, esperto in salute e sicurezza sul lavoro, riferiva di aver visionato i moduli del consenso informato firmati dalla paziente Lavinia Marano, consenso per il quale la Legge n. 145 del 2001 prevede una serie di parametri che devono obbligatoriamente essere riportati, quali le condizioni della paziente il trattamento proposto , i potenziali benefici e svantaggi le possibili alternative, le probabilità di successo.
Nel modulo, secondo quanto da lui constatato, non c’è neppure il nome del medico che esegue la prestazione, né i ischi del trattamento proposto.
Mancava inoltre il consenso all’apposizione del bakri balloon che, in ragione delle gravi condizioni della Marano poteva essere espresso dai familiari della paziente.
Inoltre, egli evidenziava le carenze organizzative della struttura sanitaria che l’aveva presa in cura, atteso che in fascia notturna mancava la possibilità di eseguire alcuni esami di laboratorio.“
Un Policlinico universitario impreparato, inadeguato, carente e colpevole dei gravissimi fatti che abbiamo denunciato e che adesso sono confermati al di là di ogni ragionevole dubbio.
Il 14 novembre del 2022 scrivevamo:
“Sappiamo che fu annunciata un’inchiesta interna al Policlinico nel 2016 per accertare i fatti, ne parleremo più avanti, ma a parte l’annuncio, che tendeva a rassicurare l’opinione pubblica, nulla è emerso da quella inchiesta interna e francamente non sappiamo se sia mai stata fatta.”
Il Policlinico è colpevole due volte, per le gravi carenze e per il fatto che queste gravi carenze avrebbero potuto essere risolte facilmente; quindi, il Policlinico o meglio chi lo gestisce non solo è carente ma agisce con sorprendente superficialità.
“Il Policlinico” non significa nulla, sono gli amministratori dello stesso che sono responsabili, abbiamo fatto nomi e cognomi sempre il 14 novembre del 2022 https://www.progettolavi.com/news-dai-media/ . È accettabile che queste persone non paghino personalmente? Non parlo solo degli imputati ma di coloro i quali gestiscono il Policlinico come se fosse di loro proprietà. Stiamo parlando di una giovane donna uccisa mentre dava alla luce il proprio bambino, subendo dieci ore di agonia che ha portato Lavinia a richiedere costantemente morfina, stiamo parlando di una giovane donna tenuta in vita con infusione di adrenalina continua durante un intervento (l’ultimo) di copertura. È accettabile che ciò che era palese nel 2016, sia emerso dopo sei anni di lotte e che il risultato sia una lieve condanna e al momento alcun risarcimento? È accettabile che un crimine del genere, un reato così destabilizzante per tutta la comunità sia prescritto?
Prima di concludere una nota su tutti gli imputati assolti: Quattrocchi Tommasella, Vazzana Pasquale, D’Anna Rosario, Villari Serafina, Russo Lacerna Angelina e Pecoraro Maria Grazia.
Ebbene c’è una responsabilità individuale e c’è una responsabilità collettiva. Sulla responsabilità collettiva non ci sarebbero dubbi, dovrebbero essere tutti condannati perché tutti hanno contribuito in modo plateale alla morte di Lavinia. Per quel che riguarda la responsabilità individuale, quando accade un crimine non si è colpevoli solo per le azioni commesse ma anche per le omissioni, per tutto ciò che poteva essere fatto e non è stato fatto per salvare una madre in dieci ore di opportunità, financo chiamare i carabinieri se ci si rende conto che i colleghi o i medici che gestiscono le mansioni dei sottoposti stanno commettendo un crimine.
Prendiamo come esempio Vazzana che ha detto più volte di aver salvato Lavinia, di averla stabilizzata e che quello era il suo compito, stabilizzare la paziente e salvarla prima di allontanarsi non perché sussistevano altre emergenze ma nell’eventualità che ci fossero altre emergenze, da qualche altra parte. Ebbene quando c’è una emergenza i medici responsabili, ognuno secondo le proprie responsabilità, devono accertarsi che l’emergenza cessi e che la paziente sia fuori pericolo prima di allontanarsi; non parliamo di una disciplina, quella medica, dove chi opera lo fa in isolamento e senza condizionamento sull’operato degli altri; è un’arte, quella medica, di concerto, di armonica collaborazione, presidio collettivo e risultati.
Lavinia è Morta Vazzana!!! Cosa hai stabilizzato? Dove sei andato? A fare cosa? L’emergenza era Lavinia, l’unica emergenza che avevi in quelle ore era Lavinia!
E D’Anna? Probabilmente non ha messo firme, ma è stato proprio D’Anna ad avviare il processo e consigliare il ricovero quando invece doveva mandare Lavinia a casa. Lavinia poteva e doveva attendere che la natura facesse il suo corso, il bambino aveva dimensioni ordinarie e non vi era alcuna necessità né di stimolazioni né di ricovero e successivo cesareo d’urgenza. D’Anna forse sarà sereno così, forse una firma lo ha salvato ad eludere una responsabilità ma di certo non a cancellarla.
Ma parliamo anche della Caruso, la ginecologa di Lavinia. Un medico che si è presa cura di una mamma per nove mesi, una mamma che avrà un bambino per la prima volta. La Caruso sa che Lavinia è in attesa al Policlinico, sa che le stimolazioni non hanno avuto effetto e che Lavinia sarà sottoposta a cesareo di urgenza (il perché dell’urgenza nessuno lo spiegherà mai); la Caruso è un medico che invece di prendere l’auto e assistere Lavinia, guidarla, custodirla e proteggerla starà a casa. Starà a casa quella notte, il giorno dopo, al funerale e in tutti gli anni a venire. Starà a casa con le orecchie tappate per non sentire la voce della sua responsabilità che la chiama e la chiamerà per sempre.
E infine le ostetriche e le infermiere e quel sangue che cola dal letto come in un incubo, quei monitoraggi assenti, quelle attese infinite, quegli errori evidenti, le urla dietro le porte, i medici che vanno via, le sacche di sangue, gli interventi con adrenalina continua, quegli occhi bianchi di chi non c’è più, il polso assente, la pelle fredda… non si sono accorte di nulla? A prescindere dalle loro puntuali responsabilità che rianalizzeremo per l’ennesima volta in futuro, potevano fare di più? Quante volte si sono voltate dall’altra parte? Quante volte hanno ignorato la disperazione di Lavinia? Quante volte hanno avuto l’opportunità di salvarla ribellandosi a eventi che dietro quelle porte chiuse loro hanno vissuto in prima persona, consapevoli del dramma che si stava verificando, consapevoli di un epilogo che purtroppo per tutti noi non potrà mai più essere cambiato.
L’opportunità di dire ciò che avete visto e ciò di cui siete responsabili non è per noi, è per voi stessi, poveri voi. La verità è stata quasi tutta svelata anche quella più atroce, non si può nascondete e anche quelle parti che non sono emerse, sono nella vostra memoria, non vi abbandoneranno mai. C’è un solo modo per essere liberi: liberare la verità. In alternativa la galera che vi siete costruiti per custodire le vostre colpe e quelle verità nascoste, sarà molto peggiore di quella che non sconterete mai in prigione.
Analizzeremo con maggiore dettaglio le motivazioni di questa sentenza, dove notiamo subito che mancano i riferimenti all’evidente falso in cartella. Alla luce di quanto esposto si aprono scenari inattesi per via della gravità di fatti che, denunciati dalle parti civili, sono stati confermati dal Giudice. In appello, il Giudice potrà facilmente leggere le motivazioni e adeguare le pene oltre che valutare le responsabilità di tutti gli imputati assolti, tutto questo se non interverrà prima la prescrizione.
Adesso la verità è stata scritta in una sentenza, continueremo a perseverare nel nostro compito di renderla nota a più persone possibile in Italia e nel mondo; attraverso le porte di LAVI e ogni altra iniziativa che adotteremo, questa è una responsabilità che non mancheremo mai di onorare, per Lavinia, per suo figlio e per tutte le persone care che la amano.
05 Dicembre 2023
Oggi si è tenuta una ulteriore udienza dell’infinito processo per l’omicidio di Lavinia. L’udienza aveva come obiettivo la nomina di due nuovi consulenti, nominati dal PM per fare maggiore chiarezza su una vicenda che più chiara di così non si può: 10 sanitari per imperizia, imprudenza, negligenza e noi aggiungiamo dolo sono responsabili della morte di Lavinia.Con il loro comportamento sconsiderato, contro ogni linea guida, hanno causato l’emorragia lasciando Lavinia senza cure adeguate per dieci ore a morire per uno degli eventi più comuni nel post parto, e nel caso di Lavinia certo al 99%; la più frequente emorragia nei parti che se trattata in maniera ordinaria non può portare mai alla morte. Risuonano inesorabili le parole del professore Iaccarino: “Lavinia Marano aveva il 95% di probabilità di sopravvivenza se i sanitari non avessero operato con imprudenza, imperizia e colpevole ritardo.”Ebbene avevamo denunciato il possibile conflitto di interessi di Scollo, avendo avuto relazioni professionali con l’imputata Granese, condannata in primo grado http://www.stampalibera.it/…/domani-una-nuova…/… E durante l’ultimo post avevamo scritto:“Cosa ci aspettiamo alla luce degli interrogativi che ci siamo posti? Forse un rinvio perché i consulenti non sono più disponibili o la nomina dei consulenti nonostante tutto?”Ebbene, in questi anni abbiamo anche ottenuto il dono della veggenza: i consulenti non si sono presentati; prossima udienza il 20 dicembre e sembra che Scollo non potrà esserci neanche il 20 dicembre.In un altro post scrivevano:“La decisione di richiedere una nuova perizia in prossimità della prescrizione oltre che suscitare scandalo che senso ha? Una perizia tecnica, redatta da un soggetto vicino agli imputati, potrebbe introdurre elementi a sostegno di un’assoluzione? Sarà questo il finale di questa vicenda giudiziaria, l’assoluzione poco prima della prescrizione?”Ce lo chiediamo ancora una volta, quale sarà la conclusione: prescrizione o assoluzione prima della prescrizione?
04 Dicembre 2023
Riportiamo l’articolo di Stampa Libera che riprendere il nostro comunicato:”Domani una nuova udienza – Il processo d’appello per la morte di Lavinia Marano. Il comitato Progetto LAVI: conflitto di interessi, pronto atto di ricusazione delle parti civili” http://www.stampalibera.it/…/domani-una-nuova…/… Cosa ci aspettiamo alla luce degli interrogativi che ci siamo posti? Forse un rinvio perché i consulenti non sono più disponibili o la nomina dei consulenti nonostante tutto?Come se non bastasse dobbiamo far notare che il consulente Scollo di Catania, oltre che essere prossimo geograficamente a Messina e oltre ad avere dei legami professionali con la Granese (già condannata in primo grado) nel 2016 è stato imputato per la morte di Valentina Miluzzo, morta il 16 ottobre a 32 anni alla 19esima settimana di gravidanza; Valentina morì di sepsi. Il processo è ancora in corso anche se sembra che Scollo sia stato assolto in via definitiva nonostante fosse il primario in posizione di garanzia e con obblighi di controllo e vigilanza del reparto, e che in quel reparto Valentina morì dopo 17 giorni di ricovero, link: https://www.ilfattoquotidiano.it/…/catania…/3110949/
29 Novembre 2023
Europa News Wire riprende il comunicato del Progetto LAVI.”Omicidio Lavinia Marano conflitto di interessi e ricusazione in appello” link
Facciamo notare che quando abbiamo diffuso il comunicato stampa della fiaccolata in occasione dell’anniversario della scomparsa di Lavinia, lo scorso 23 Settembre, i giornali locali lo hanno ripreso senza problemi pubblicandolo immediatamente; questo comunicato invece, che parla di conflitti di interesse e massoneria lo ha ripreso solo un sito: ‘siciliaogginotizie.it’. Siamo quindi stati costretti a diffonderlo attraverso la piattaforma internazionale news.europawire.eu, https://news.europawire.eu/…/2023/11/29/17/41/44/125975/ che per la associazioni no profit permette la diffusione della prima press release senza costi.Il potere senza controllo della comunicazione sarebbe inefficace.La libertà non si misura nel dire qualunque cosa in un social (oggi peraltro neanche totalmente possibile) la libertà sgorga direttamente dal diritto e dalla giustizia. Il diritto ad una istruzione equa per tutti, alla cura senza attese di mesi e mesi, alla giustizia, ad una esistenza degna senza paura di non arrivare a fine mese; senza questo non ci potrà mai essere pace sia nei piccoli contesti sociali così come nei grandi.
29 Novembre 2023
Omicidio Lavinia Marano: conflitto di interessi e ricusazione in appello.
Il comitato Progetto LAVI informa la cittadinanza della concreta esistenza di un gravissimo conflitto di interessi in merito alla nomina di due nuovi periti da parte della Corte di Appello di Messina in relazione al processo per l’omicidio di Lavinia Marano.
A seguito della recente udienza tenutasi il 15 novembre scorso, abbiamo letto sconcertati della decisione di richiedere una nuova perizia, non solo perché non sussiste alcuna necessità di chiarire i fatti, ma anche perché il processo è ormai prossimo alla prescrizione e i tempi non sembrano essere compatibili con la scadenza della stessa; inoltre in quell’occasione e leggendo l’ordinanza ci siamo chiesti ingenuamente come mai nominare un perito dalla vicina Catania, che dal Policlinico di Messina potrebbe ricevere un incarico o altrimenti avere contatti con gli imputati. Ebbene la nostra preoccupazione era sbagliata, perché la realtà sembra essere molto peggiore.
Il nome di uno dei consulenti è Paolo Scollo; è bastato fare una banale ricerca per trovare immediatamente un riscontro.
Come è noto gli imputati sono dieci:
Onofrio Triolo, Antonio Denaro, Tomasella Quattrocchi, Vittorio Palmara, Roberta Granese, Rosario D’Anna, Pasquale Vazzana, Angelina Lacerna Russo, Serafina Villari, Maria Grazia Pecoraro
Quatto dei quali sono stati condannati in primo grado, fra questi Roberta Granese, moglie dell’ex rettore dell’università di Messina Pietro Navarra, nota per aver dichiarato ai familiari la buona riuscita dell’intervento di isterectomia mentre Lavinia dietro la porta, dopo molteplici arresti cardiaci e un intervento effettuato con infusioni continue di adrenalina, era praticamente morta.
Una breve parentesi la apriamo in merito all’università di Messina, il cui ultimo rettore Cuzzocrea si è recentemente dimesso “travolto dal caso rimborsi” titolano alcuni quotidiani nazionali. Lo citiamo perché il Policlinico Universitario di Messina ha chiaramente forti relazioni con l’università di Messina e anche perché i tre soggetti citati (Navarra, Granese e Cuzzocrea) fanno tutti parte del gruppo massonico: Accademia Peloritana dei Pericolanti.
Ma torniamo alla Granese, condannata in primo grado per omicidio; abbiamo associato al suo nome quello del nuovo consulente Paolo Scollo e riportiamo i risultati di seguito dopo soli dieci minuti di ricerca, quindi senza particolari approfondimenti:
Congresso Regionale Sicilia ISDSP SIFIOG EGOI
In questo congresso del 21 ottobre 2023 Roberta Granese e Paolo Scollo sono moderatori e/o relatori. Si saranno incontrati? Avranno parlato del processo e dell’imminente udienza del 15 novembre dove la Granese farà una dichiarazione pubblica e Scollo sarà indicato come perito dai Giudici della Corte di Appello di Messina?
ResearchGate ResearchGate è un social network gratuito dedicato a tutte le discipline scientifiche nel quale gli scienziati e i ricercatori possono condividere articoli, chiedere e rispondere a quesiti, e trovare collaboratori.
In questa pubblicazione del 2006 Roberta Granese e Paolo Scollo sono co-autori (evidentemente si conoscono da molti anni):
https://www.researchgate.net/publication/288146509_Sacral_agenesis_Case_report
IMR Press is a publisher of open access peer-reviewed biomedical and life sciences journals.
Presso questo editore Roberta Granese e Paolo Scollo insieme fanno parte del consiglio direttivo
https://www.imrpress.com/journal/CEOG/about/editorial_board
Frontiers is the 3rd most-cited and 6th largest research publisher and open science platform.
Nel 2022 Roberta Granese e Paolo Scollo sono fianco a financo anche presso questo editore.
https://www.frontiersin.org/subjects/dyspareunia
Prima di esprimere alcune valutazioni e porci alcuni interrogativi, facciamo una premessa:
Con le attuali evidenze confermate dalle perizie già depositate, dalle numerose testimonianze, dalle conferme dei fatti chiave da parte degli imputati stessi, dalle condanne del processo di primo grado e dalle motivazioni della sentenza, risulta impossibile scagionare gli imputati; infatti, in appello tutto porterebbe a pensare ad un aggravio delle pene oltre che all’estensione delle condanne a tutti gli altri imputati.
Avendo in mente questa importante premessa, ecco le nostre valutazioni che proponiamo alla cittadinanza di Messina e alla nazione tutta:
- La decisione di richiedere una nuova perizia in prossimità della prescrizione oltre che suscitare scandalo che senso ha? Una perizia tecnica, redatta da un soggetto vicino agli imputati, potrebbe introdurre elementi a sostegno di un’assoluzione? Sarà questo il finale di questa vicenda giudiziaria, l’assoluzione poco prima della prescrizione?
- Un banale approccio logico, o semplicemente un accenno di pudore o più formalmente un criterio di opportunità suggerirebbe di non nominare soggetti prossimi geograficamente ai luoghi di residenza e lavoro degli imputati
- Sussiste un plateale conflitto di interessi nella nomina di Scollo? Se sì, è plausibile pensare che si tratti di una svista?
Alla luce dei fatti, le parti civili stanno predisponendo un atto di ricusazione.
Il comitato Progetto LAVI si riserva di fare ulteriori ricerche anche sull’altro consulente nominato incrociando i dati con tutti gli imputati.
15 Novembre 2023
Il 9 marzo del 2023 scrivevamo:“Il 20 dicembre 2022 un giudice ha pronunciato parole incomprensibili che hanno preso la forma di una oscura sentenza; di quell’oscurità non abbiamo mai letto le motivazioni. Il giudice ha 90 giorni per depositarle, e sapendo che il processo si avvia verso la prescrizione, cosa pensate abbia fatto? Ha depositato le motivazioni immediatamente o ha atteso fino all’ultimo dei 90 giorni?”
Denunciando ancora una volta i tentativi per arrivare alla prescrizione, peraltro già denunciati in tutti i lunghi anni che ci portano fino ad oggi. Nello stesso post scrivevamo:“Non ci affideremo più alla giustizia degli uomini e delle donne ma continueremo a raccontare la verità.”
Il 26 marzo del 2023 in un altro post commentavamo la sentenza, che supportata dalle perizie non faceva altro che dichiarare quanto era evidente, qualcosa che non richiede le indagini approfondite dei più noti fatti di cronaca, perché è stata vissuta da tantissimi testimoni e descritta da decine di periti. A quel tempo scrivevamo:
“Ciò che abbiamo letto nelle motivazioni della sentenza sul caso di Lavinia, morta di parto al Policlinico di Messina nel 2016, è semplicemente incredibile, ecco perché:…”
Il perché non era tanto nella descrizione dei fatti che dimostrano senza ombra di dubbio imperizia, imprudenza, negligenza, il mistero di un parto di urgenza quando era necessario riposo (dopo ore di stimolazione inefficace), la certezza dell’emorragia post partum ammessa peraltro dagli stessi imputati, oltre che la colpa grave, il falso in cartella insieme alle carenze organizzative, i medici che si assentano nei momenti chiave (e lo ammettono in TV), l’assenza di monitoraggio, gli errori decisionali, l’ora e quaranta per posizionare un Bakri Ballon inefficace, la totale assenza di tempismo, l’isterectomia effettuata su una persona irrecuperabile alle 3:40 e praticamente deceduta durante l’intervento effettuato alle 4:10 e una dichiarazione di morte che invece riporta le 8:45; il perché del nostro stupore stava nelle condanne e nelle assoluzioni. In quel post spiegavamo con tutti i particolari necessari come mai la condanna avrebbe dovuto essere estesa a tutti e come mai avrebbe dovuto essere notevolmente più pesante; in altre parole, c’era un’incoerenza fra la descrizione dei fatti riportati in sentenza e le conclusioni di condanna. A quel tempo abbiamo descritto le responsabilità di ognuno e le responsabilità collettive in modo tale che fosse chiaro ad un qualunque lettore quanto palesi fossero le colpe di ogni imputato.
Abbiamo anche commentato le evidenti carenze organizzative di un Policlinico che è stato ed è oggetto di continui scandali, ma che purtroppo non scandalizza più nessuno, neanche i giudici.
Alla sentenza si arriva dopo avere passato anni a contrastare i subdoli tentativi di occultare le responsabilità degli imputati già durante il processo per le indagini preliminari; con grande sforzo sono state contestate addirittura le perizie dei consulenti del PM che piuttosto che descrivere tecnicamente i fatti, assolvevano gli imputati come si fa con le sentenze. Miracolosamente il giudice per le indagini preliminari rinviava tutti a giudizio ma la lotta non termina. Destati dalla dura contrapposizione delle parti civili, i consulenti del PM cambiano tono e durante il dibattimento condannano duramente gli imputati, ribadiamo solo dopo che le parti civili avevamo provveduto ad evidenziare le incoerenze di quella perizia, dimostrando infine che Lavinia avrebbe avuto il 95% di probabilità di sopravvivenza con una gestione ordinaria di un ancor più ordinaria emorragia post partum prevedibilissima, anzi certa.
Ricordiamo che la prescrizione scatta a sette anni e mezzo; sette anni sono passati a settembre del 2023, quindi ad oggi mancano circa quattro mesi (forse poco più considerando alcune interruzioni straordinarie che non incideranno) e tutti i reati saranno prescritti; chi ha commesso crimini rimarrà impunito e continuerà ad operare.
Tutto questo suggerirebbe a chiunque abbia a cuore non necessariamente la giustizia ma un minimo di senso civico, di velocizzare il più possibile quantomeno per chiudere l’appello, e invece…
Prima di dirvi cosa hanno deciso oggi i giudici della corte di Appello di Messina ricordiamo che per redigere la prima perizia, i consulenti del PM, impiegarono mesi e mesi; infatti, depositarono la perizia a giugno del 2017, 9 mesi dopo la denuncia dei fatti e circa 7/8 mesi dopo la nomina.
Ebbene dopo tutto questo, alla luce di un evento vissuto in prima persona da tantissimi testimoni, alla luce di tutte le evidenze confermate dalle perizie, dopo una condanna in primo grado e praticamente alle porte della prescrizione, facendo sfoggio di una fantasia che oggettivamente non avevamo previsto, i giudici della Corte di Appello di Messina hanno deciso che:
• Non è chiara l’imperizia, l’imprudenza e la negligenza anche se i medici, gli unici in grado di operare se ne andavano via di notte mentre l’emorragia continuava, o non operavano tempestivamente per gestirla lasciando alle infermiere il controllo occasionale del colore delle lenzuola per verificare la presenza del rosso color sangue
• non è chiara la dinamica delle stimolazioni e il mistero di un parto di urgenza quando era necessario riposo (dopo ore di stimolazione inefficace peraltro prima del termine naturale della gravidanza)
• non è chiaro se fosse probabile un’emorragia post partum, che era invece certa, certezza ammessa dagli stessi imputati
• non è chiaro se si tratta di colpa grave mentre il falso in cartella neanche lo citano
• non sono chiare le carenze organizzative che invece sono lacune… voragini organizzative non solo dei medici ma del Policlinico come da perizia mai contestata
• non è chiaro se i medici si siano assentati (nonostante lo ammettano in TV), e quelli presenti fossero incapaci di operare
• non è chiara l’assenza di monitoraggio anche se tutti hanno ammesso che è l’ostetrica che si accorge dell’emorragia, non con un esame o attraverso una costosissima apparecchiatura, ma osservando le lenzuola macchiate di sangue
• non sono chiari gli errori decisionali anche se la paziente muore a causa dell’evento più comune nei parti da quanto esistono i parti: l’emorragia post partum
• non è chiaro se l’ora e quaranta per posizione un Bakri Ballon sia normale o no anche se le linee guida indicano minuti e non ore
• non è chiaro se il Bakri Ballon sia stato efficace o inefficace; è utile ricordare che il Bakri Ballon dovrebbe fermare l’emorragia e che gli stessi imputati ammettono che l’emorragia non si è mai fermata; inoltre le linee guida indicano la necessità di presidio sul letto operatorio al fine di eseguire l’isterectomia in caso di fallimento del Bakri Ballon del quale non si sarebbero mai accorti in quanto la spia che doveva indicare la persistenza dell’emorragia era stata ostruita; quindi ai giudici non è chiara l’evidenza che il Bakri Ballon è stato posizionato male in un ora e quaranta senza presidio concedendo all’emorragia altre ore imperturbata.
• non è chiaro se gli imputati abbiamo operato con tempismo… 10 ore per gestire l’emorragia più comune nei parti che porterà Lavinia alla morte
• non è chiaro se l’isterectomia sia stata effettuata su una persona irrecuperabile alle 3:40 e praticamente deceduta durante l’intervento effettuato alle 4:10 nonostante le infusioni continue di adrenalina e i molteplici arresti cardiaci da cartella clinica che per quanto falsificata qualcosa la riporta
• non è chiara l’ora della morte che ‘chiaramente’ non sono le 8:45
• non sono chiare le ‘evidenti’ carenze organizzative del Policlinico come da perizia tecnica di parte mai contestata da nessuno
Ce ne hanno messo di impegno per fare tutti questi errori gli imputati, non è facile farli tutti e tutti in una notte, se non fosse che è omicidio colposo sembrerebbe volontario.
Ebbene in tutta questa incertezza, sapendo della prescrizione a 4 mesi e della prima perizia che ha richiesto 7/8 mesi cosa fanno? Preparatevi… Richiedono un’altra perizia per fare chiarezza!!!
Ma con calma… il 5 dicembre ci si siede serenamente di fronte a un te caldo e si incaricano i consulenti; poi si attende la perizia e poi si attende di discuterla in dibattimento da tutte le parti. Ci chiediamo, o questi giudici hanno inventato un meccanismo per curvare lo spazio-tempo e permettere lo svolgimento di queste ulteriori operazioni in frazioni di secondo o sembra chiaro a tutti che quanto è stato disposto porta definitivamente il processo in un vicolo cieco. Peraltro uno dei periti è di Catania, non sappiamo se sia ordinario o no nominare un perito così vicino geograficamente a Messina, che dal Policlinico di Messina potrebbe ricevere un incarico prima o poi.
Criminali hanno commesso un crimine, ombre hanno tentano e tentano di aiutarli a nasconderlo, altre ombre operano per non fare giustizia; queste ombre ancora aleggiano e operano sfacciatamente. Ancora oggi confermiamo che non ci affideremo più alla giustizia degli uomini e delle donne ma continueremo a raccontare la verità. C’è però un grido che risuona, un debito di giustizia che dovrà essere pagato prima o poi.
15 Novembre 2023
Ad esclusivo scopo di cronaca, ricordiamo che oggi 15 novembre 2023, è fissata la data per l’udienza straordinaria di appello per l’omicidio di Lavinia. Si è arrivati al 15 novembre dopo l’ennesimo rinvio e dopo aver atteso quasi un anno dalla sentenza di primo grado con la condanna di soli 4 medici.
Abbiamo seguito le fasi processuali per tanti anni a partire dal 2016 per poter raccontare la storia di Lavinia, e a poco a poco abbiamo compreso con pochi margini di dubbio, che quella decadenza dei luoghi, degli arredi e dei personaggi che occupano i tribunali non è casuale; è un atto volontario, quasi rituale, di fregio ad un valore positivo, fondante delle società sane che è la giustizia; il tribunale altro non è che un teatro grottesco con maestranze, ruoli, spettacoli vetusti, abiti impolverati e nessuna buona intenzione.
Oggi cogliamo l’occasione per tornare su un altro personaggio che ha a che fare l’università e il policlinico di Messina, l’ormai ex rettore Cuzzocrea che il mese scorso si è dimesso, o meglio è stato costretto a dimettersi per uno scandalo legato a rimborsi milionari. Se la situazione generale delle istituzioni pubbliche non fosse tragica, leggendo la vicenda che narra di acquisti di “altri materiali tecnico-specialisti non sanitari” forse ai fini di ricerca e innovazione in seno ad una prestigiosa azienda di “allevamento di cavalli e equini” di proprietà dell’ex rettore e della moglie, ci si potrebbe pure fare una risata; in calce pubblichiamo uno dei tanti articoli così potrete leggerlo voi stessi.
Di questo Cuzzocrea ne parlavamo già nel 2022, precisamente nel post del 14 Novembre 2022 https://www.progettolavi.com/news-dai-media/
A quel tempo scrivevamo:
“Così come ad oggi il rettore dell’università di Messina è Salvatore Cuzzocrea che sembra essere impegnato in un grande piano di privatizzazione della struttura:
“Pietro Patti (segretario della Flc Cgil di Messina), commentando le recenti dichiarazioni del rettore dell’Università di Messina, Cuzzocrea. “Il rettore invece di fare annunci – aggiunge – farebbe bene a pensare a come migliorare i dati del Piano nazionale esiti dell’Agenas in peggioramento… l’Aou di Messina mostra un peggioramento. Infatti, le due aree cliniche “Gravidanza e parto”” Link
Guarda caso la denuncia è di un peggioramento nelle aree cliniche di gravidanza e parto.”
Quante mamme sono morte mentre questa gente era impegnata a pagarsi rimborsi? E quante ne moriranno? Perché di certo non possiamo attenderci che questo avvicendamento sia riconducibile ad un desiderio di miglioramento o positivo rinnovamento, sono solo biechi giochi di potere.
Chiudiamo con l’articolo citato che riguarda l’ex rettore Cuzzocrea.
“Cuzzocrea travolto dal caso rimborsi: si dimette il rettore dell’università di Messina. I misteri sul suo maneggio”
27 Settembre 2023
Questa immagine è del 18 Novembre 2022. Da allora ci sono stati altri rinvii e attese e Il 27 Settembre 2023, oggi, si è celebrato un altro rinvio.
Non interessa a nessuno degli stupratori della giustizia, lo sappiamo; il tribunale, come un teatro, celebra una messa in scena continua, un’opera grottesca permanente fatta di cerimonie, cambi di ruolo e di tono, circostanze e sorrisi di circostanza, toni gravosi e vuoti nei contenuti, false intenzioni, falsi testimoni, amici e nemici allo stesso tempo rigorosamente in giacca e cravatta, e quelle giacche piene di polvere indossate prima dei sacrifici rituali di buone intenzioni e aspettative.
A differenza di qualche occasione passata, molti di noi oggi questo lo sapevano, l’annuncio dell’ennesimo rinvio comunicato come se fosse una novità appena appresa e ormai inevitabile, non ci ha né sorpreso né deluso; come in altri luoghi a poco a poco si celebra progressivamente la fine di ogni forma di diritto, anche qui abbiamo capito che non c’è più nulla da vedere e da ascoltare.
Siate fiduciosi come noi lo siamo sempre stati e lo saremo sempre, questa storia non finisce abbandonando il tribunale alla propria rovina, con tutti i suoi preziosi attori dentro; questa storia continua con noi e con la nostra fiducia che mai è stata riposta nelle azioni degli uomini.
Vi terremo comunque informati.
27 Settembre 2023
Per dovere di cronaca comunichiamo che la prima udienza del processo di appello, fissata per oggi 27 settembre 2023 è stata rinviata per un ‘difetto di notifica’.La prossima udienza sarà il 15 novembre 2023.
“Lavinia Marano morta dopo aver partorito, corsa contro il tempo per evitare le prescrizioni
Udienza straordinaria il 15 novembre. Lo ha deciso la Corte d’Appello dove stamani si è aperto il processo di secondo grado dopo la condanna a dicembre di quattro dei dieci sanitari coinvolti” Link all’articolo.
23 Settembre 2023
Alle 18 del 23 settembre 2023, un violento acquazzone ha sorpreso la città di Messina. Alla stessa ora doveva partire la fiaccolata in ricordo di Lavinia. Ebbene, il forte temporale non ha spento le nostre candele, abbiamo atteso e poi siamo partiti. Il temporale ha impedito la partecipazione di molti, ma non di tutti.Tappa fissa il tribunale di Messina, dove la giustizia non abita. Dopo questa sosta, altri si sono uniti ed il gruppo si è ingrandito; abbiamo distribuito i volantini raggiungendo la nostra destinazione a piazza Cairoli, un momento di raccoglimento e poi siamo tornati alle nostre case.Ringraziamo chiunque abbia partecipato anche solo con un pensiero.
16 Settembre 2023
“L’iniziativa è del comitato Progetto LAVI e si svolgerà il 23 settembre alle ore 18.
La fiaccolata, alla quale si auspica parteciperanno tutti i coloro i quali desiderassero ricordare Lavinia, partirà da piazza Duomo e proseguirà verso piazza Cairoli, passando per via Cavour e via Tommaso Cannizzaro.”
26 Marzo 2023
A novanta giorni esatti dall’udienza conclusiva del processo di primo grado, limite massimo consentito per legge, sono state pubblicate le motivazioni della sentenza sul caso di Lavinia, morta di parto al Policlinico di Messina nel 2016.
Attendevamo queste motivazioni perché a fronte delle evidenze emerse durante le fasi processuali, leggere di sole quattro condanne, peraltro ad un anno, e di ben sei assoluzioni fu abbastanza sbalorditivo, così eravamo curiosi di sapere quali fossero le giustificazioni per tale assurdità.
Sabato 18 marzo 2023 abbiamo così cominciato a leggere le motivazioni e dopo una parte introduttiva che ripercorre tutte le vicende a partire dalla denuncia, e poi le fasi processuali con le perizie, le deposizioni dei teste e le requisitorie giungiamo alle motivazioni.
Premettiamo subito che se non fossimo stati già al corrente delle condanne, leggendo le motivazioni avremmo pensato a condanne severissime e ad un risarcimento senza precedenti. C’è di fatto un totale distacco dalle motivazioni alle condanne. Ma entriamo maggiormente nel dettaglio.
Cominciamo a leggere:
“…deve osservarsi come non si possa certamente prospettare la sussistenza di una colpa lieve, per i sanitari Denaro Antonio, Tiolo Onofrio, Granese Roberta e Palmara Vittorio, la cui condotta imprudente e negligente non ha in alcun modo tenuto conto della specificità del caso concreto…”
Sappiamo che uno degli interventi non risolutivi per fermare un’emorragia presente dal momento del cesareo, fu quello dell’applicazione del Bakri Ballon, il cosiddetto palloncino che, gonfiandosi all’interno dell’utero, avrebbe dovuto arrestare l’emorragia. Ebbene i medici sapevano che il Bakri Ballon non aveva funzionato e su questo punto leggiamo:
“Di contro certamente imprudente ed imperita deve ritenersi quella dei sanitati Triolo, Palmara e Granese di non procedere all’immediata asportazione dell’utero a fronte della persistenza emorragia…” e immediatamente dopo “Sussiste nel caso in esame una colpa grave dei sanitari predetti trovandoci di fronte ad una scelta medica, posta in essere oltre che in modo non conforme alle linee guida, del tutto inadeguata e marcatamente distante dalla necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia e alle condizioni del paziente, si da determinare la negativa evoluzione della patologia.”
Poniamo l’attenzione sul seguente estratto: “Colpa grave in merito ad una scelta inadeguata e marcatamente distante dalla necessità della paziente.” A parte gli altri medici sui quali torneremo subito, la Granese era in grado di operare? I parenti l’hanno solo vista impegnata a chiamare altri medici, ad eseguire qualche tardiva ecografica e a farfugliare inconcepibili bugie sullo stato di salute di Lavinia che era invece già deceduta. Dovrebbero sussistere aggravanti per incapacità di base oltre che totale assenza di etica, non solo professionale; dovrebbero intervenire gli ordini dei medici oltre che il Policlinico stesso, ma lo farebbero solo se non ci fossero conflitti di interesse e pare che in questo caso ce ne siano parecchi (rimandiamo all’intervista di Alessandro, fratello di Lavinia che durante la fiaccolata in suo ricordo parla anche della Granese e del marito Navarra, ex rettore dell’università di Messina).
Proseguiamo:
“I sanitari in premessa, ben coscienti dei rischi della patologia, la cui gravità era già evidente non hanno preso le necessarie iniziative, adottando un atteggiamento attendista cui è ricollegabile la morte della persona offesa e che inizia con la presa in carico della paziente, avendo essi a disposizione tutti gli elementi di conoscenza necessari.”
e
“…il primario Prof Triolo ed il dott. Palmara, che si allontanavano dal reparto, pur consapevoli della gravità delle condizioni cliniche della Marano e della mancata efficacia del dispositivo endouterino, che, di fatto, non aveva arrestato l’emorragia.”
Crediamo che non ci sia spazio per interpretazioni, i sanitari hanno operato in modo palesemente inadeguato, tardivamente e del tutto consapevoli della gravità della situazione e del rischio morte di Lavinia. Di fronte alla gravità della situazione, consci che quanto avevano fatto non aveva funzionato e che Lavinia poteva morire, come di fatto è accaduto, cosa fanno? Si allontanano, se ne vanno a casa o chissà dove.
Così si definisce il dolo, esattamente come hanno denunciato le parti civili; constatiamo quindi che il Giudice scrive nero su bianco che i condannati hanno agito con Colpa grave e dolo però la penna emessa non solo non è differenziata fra i vari soggetti ma è di un solo anno.
Rileggiamo quanto abbiamo scritto il 14 novembre del 2022: “Nel dolo eventuale (o generico) invece il reo (il medico) ha la consapevolezza che dalla sua condotta possa derivare la morte di qualcuno (nel caso di specie della paziente di cui si sta occupando), ciò nonostante, agisce lo stesso e pone in essere quella condotta infischiandosene dell’esito!”
E poi “Denaro Antonio, che acquisiva il consenso della paziente senza tuttavia in alcun modo informarla sui rischi connessi all’atonia uterina, rischi prevedibili e prevenibili che egli ha certamente sottovalutato”
“Statisticamente, un eccessivo sanguinamento dopo il parto rappresenta una causa rilevante di mortalità materna”
È Denaro che esegue un cesareo di urgenza ed è in quel momento che inizia l’emorragia. Sapevano tutto e hanno agito per dieci ore nell’ombra e dietro porte chiuse, riuscendo alla fine ad invocare la morte.
Il Giudice riporta le parole di Perri, consulente delle parti civili che precisava che:
“un consenso viziato, non è un consenso”.
Il Giudice cita ancora Perri che riferendosi all’ultimo intervento di isterectomia mentre la Granese rassicurava i parenti che l’intervento era andato bene e che anche le ovaie erano state preservate “Sottolineava che l’isterectomia veniva invece eseguita solo alle h 4:10 , quando ormai risultava del tutto inutile , su una paziente (“praticamente morta – gli anestesisti la tengono in vita”) che come emergeva dalla scheda anestesiologica era ormai midriatica (n.d.r. la midriasi è la condizione fisiologica di dilatazione della pupilla dell’occhio), atteso che si erano verificati a decorrere dalle h 3:30 anche diversi arresti respiratori e in considerazione del fatto che la Marano era in stato di shock., tanto che l’infermiera intervenuta non era riuscita neppure a effettuare un accesso venoso.”
Ricordate la prima porta, la porta Nera del podcast le Porte di Lavi pubblicata il 9 novembre del 2020? LAVI dice “Io non sono morta alle 8:45! …”. Hanno avuto il coraggio, la malvagità e la vigliaccheria di scrivere 8:45 nel certificato di morte. Lavinia era morta già alle 4:10 del mattino, era tenuta in vita dagli anestesisti, adesso è scritto nero su bianco in una sentenza dopo anni che lo ripetiamo. Quale malvagità può portare l’uomo e la donna a fare questo? Come ha potuto la mano che doveva curarla, infierire sul suo corpo anche dopo la fine? Quale reato configura questa condotta se non il vilipendio di cadavere senza considerare lo scempio di ogni residuo di umanità ed etica di base.
Il primario prof. Iaccarino, infine, sempre citato dal Giudice, pone una pietra tombale sulla questione:
“Sottolineava come un controllo ecografico eseguito tempestivamente nella fase di monitoraggio avrebbe evidenziato il persistere dell’emorragia e quindi l’isterectomia ove fosse stata eseguita tempestivamente, cioè intorno alle h 1:10 avrebbe con una percentuale del 90% salvato la vita della Marano, per la quale, a suo giudizio, si è fatto troppo poco e troppo tardi.”
Lo abbiamo detto fino allo sfinimento, Lavinia aveva la certezza di salvarsi, Lavinia è stata inequivocabilmente uccisa da comportamenti gravi e dolosi dei sanitari operanti in una struttura impreparata e carente.
Già questo è sconcertante, ma adesso è il momento di riportare le responsabilità del policlinico:
“Non può a questo punto non sottolinearsi il più volte rilevato profilo della carenza organizzativa del Policlinico universitario di Messina , presidio c.d. di Alta Specialità , in cui si fa anche ricerca, oltre che cura ed assistenza… Dette gravi carenze organizzative, a pochi mesi di distanza dal decesso della Marano, superate con un ampiamento degli esami eseguibili, estesi anche al fibrinogeno e ai suoi prodotti di degradazione, anche in fascia notturna, la cui esecuzione non può certamente essere rimessa a prassi operative, non possono fare andare esente da responsabilità, il Policlinico Universitario di Messina, per il quale si impone, quale Responsabile civile, una condanna risarcitoria in solido con gli imputati Triolo Onofrio, Palmara Vittotio, Denaro Antonio , per i quali è stata emessa condanna.”
Il Giudice riporta quanto detto da Carlino, consulente delle parti civili:
“Anche il teste Carlino Vincenzo forniva alcuni contributi rilevanti per il caso che ci occupa: sentito all’udienza del 4 giugno 2021, esperto in salute e sicurezza sul lavoro, riferiva di aver visionato i moduli del consenso informato firmati dalla paziente Lavinia Marano, consenso per il quale la Legge n. 145 del 2001 prevede una serie di parametri che devono obbligatoriamente essere riportati, quali le condizioni della paziente il trattamento proposto , i potenziali benefici e svantaggi le possibili alternative, le probabilità di successo.
Nel modulo, secondo quanto da lui constatato, non c’è neppure il nome del medico che esegue la prestazione, né i ischi del trattamento proposto.
Mancava inoltre il consenso all’apposizione del bakri balloon che, in ragione delle gravi condizioni della Marano poteva essere espresso dai familiari della paziente.
Inoltre, egli evidenziava le carenze organizzative della struttura sanitaria che l’aveva presa in cura, atteso che in fascia notturna mancava la possibilità di eseguire alcuni esami di laboratorio.“
Un Policlinico universitario impreparato, inadeguato, carente e colpevole dei gravissimi fatti che abbiamo denunciato e che adesso sono confermati al di là di ogni ragionevole dubbio.
Il 14 novembre del 2022 scrivevamo:
“Sappiamo che fu annunciata un’inchiesta interna al Policlinico nel 2016 per accertare i fatti, ne parleremo più avanti, ma a parte l’annuncio, che tendeva a rassicurare l’opinione pubblica, nulla è emerso da quella inchiesta interna e francamente non sappiamo se sia mai stata fatta.”
Il Policlinico è colpevole due volte, per le gravi carenze e per il fatto che queste gravi carenze avrebbero potuto essere risolte facilmente; quindi, il Policlinico o meglio chi lo gestisce non solo è carente ma agisce con sorprendente superficialità.
“Il Policlinico” non significa nulla, sono gli amministratori dello stesso che sono responsabili, abbiamo fatto nomi e cognomi sempre il 14 novembre del 2022 https://www.progettolavi.com/news-dai-media/ . È accettabile che queste persone non paghino personalmente? Non parlo solo degli imputati ma di coloro i quali gestiscono il Policlinico come se fosse di loro proprietà. Stiamo parlando di una giovane donna uccisa mentre dava alla luce il proprio bambino, subendo dieci ore di agonia che ha portato Lavinia a richiedere costantemente morfina, stiamo parlando di una giovane donna tenuta in vita con infusione di adrenalina continua durante un intervento (l’ultimo) di copertura. È accettabile che ciò che era palese nel 2016, sia emerso dopo sei anni di lotte e che il risultato sia una lieve condanna e al momento alcun risarcimento? È accettabile che un crimine del genere, un reato così destabilizzante per tutta la comunità sia prescritto?
Prima di concludere una nota su tutti gli imputati assolti: Quattrocchi Tommasella, Vazzana Pasquale, D’Anna Rosario, Villari Serafina, Russo Lacerna Angelina e Pecoraro Maria Grazia.
Ebbene c’è una responsabilità individuale e c’è una responsabilità collettiva. Sulla responsabilità collettiva non ci sarebbero dubbi, dovrebbero essere tutti condannati perché tutti hanno contribuito in modo plateale alla morte di Lavinia. Per quel che riguarda la responsabilità individuale, quando accade un crimine non si è colpevoli solo per le azioni commesse ma anche per le omissioni, per tutto ciò che poteva essere fatto e non è stato fatto per salvare una madre in dieci ore di opportunità, financo chiamare i carabinieri se ci si rende conto che i colleghi o i medici che gestiscono le mansioni dei sottoposti stanno commettendo un crimine.
Prendiamo come esempio Vazzana che ha detto più volte di aver salvato Lavinia, di averla stabilizzata e che quello era il suo compito, stabilizzare la paziente e salvarla prima di allontanarsi non perché sussistevano altre emergenze ma nell’eventualità che ci fossero altre emergenze, da qualche altra parte. Ebbene quando c’è una emergenza i medici responsabili, ognuno secondo le proprie responsabilità, devono accertarsi che l’emergenza cessi e che la paziente sia fuori pericolo prima di allontanarsi; non parliamo di una disciplina, quella medica, dove chi opera lo fa in isolamento e senza condizionamento sull’operato degli altri; è un’arte, quella medica, di concerto, di armonica collaborazione, presidio collettivo e risultati.
Lavinia è Morta Vazzana!!! Cosa hai stabilizzato? Dove sei andato? A fare cosa? L’emergenza era Lavinia, l’unica emergenza che avevi in quelle ore era Lavinia!
E D’Anna? Probabilmente non ha messo firme, ma è stato proprio D’Anna ad avviare il processo e consigliare il ricovero quando invece doveva mandare Lavinia a casa. Lavinia poteva e doveva attendere che la natura facesse il suo corso, il bambino aveva dimensioni ordinarie e non vi era alcuna necessità né di stimolazioni né di ricovero e successivo cesareo d’urgenza. D’Anna forse sarà sereno così, forse una firma lo ha salvato ad eludere una responsabilità ma di certo non a cancellarla.
Ma parliamo anche della Caruso, la ginecologa di Lavinia. Un medico che si è presa cura di una mamma per nove mesi, una mamma che avrà un bambino per la prima volta. La Caruso sa che Lavinia è in attesa al Policlinico, sa che le stimolazioni non hanno avuto effetto e che Lavinia sarà sottoposta a cesareo di urgenza (il perché dell’urgenza nessuno lo spiegherà mai); la Caruso è un medico che invece di prendere l’auto e assistere Lavinia, guidarla, custodirla e proteggerla starà a casa. Starà a casa quella notte, il giorno dopo, al funerale e in tutti gli anni a venire. Starà a casa con le orecchie tappate per non sentire la voce della sua responsabilità che la chiama e la chiamerà per sempre.
E infine le ostetriche e le infermiere e quel sangue che cola dal letto come in un incubo, quei monitoraggi assenti, quelle attese infinite, quegli errori evidenti, le urla dietro le porte, i medici che vanno via, le sacche di sangue, gli interventi con adrenalina continua, quegli occhi bianchi di chi non c’è più, il polso assente, la pelle fredda… non si sono accorte di nulla? A prescindere dalle loro puntuali responsabilità che rianalizzeremo per l’ennesima volta in futuro, potevano fare di più? Quante volte si sono voltate dall’altra parte? Quante volte hanno ignorato la disperazione di Lavinia? Quante volte hanno avuto l’opportunità di salvarla ribellandosi a eventi che dietro quelle porte chiuse loro hanno vissuto in prima persona, consapevoli del dramma che si stava verificando, consapevoli di un epilogo che purtroppo per tutti noi non potrà mai più essere cambiato.
L’opportunità di dire ciò che avete visto e ciò di cui siete responsabili non è per noi, è per voi stessi, poveri voi. La verità è stata quasi tutta svelata anche quella più atroce, non si può nascondete e anche quelle parti che non sono emerse, sono nella vostra memoria, non vi abbandoneranno mai. C’è un solo modo per essere liberi: liberare la verità. In alternativa la galera che vi siete costruiti per custodire le vostre colpe e quelle verità nascoste, sarà molto peggiore di quella che non sconterete mai in prigione.
Analizzeremo con maggiore dettaglio le motivazioni di questa sentenza, dove notiamo subito che mancano i riferimenti all’evidente falso in cartella. Alla luce di quanto esposto si aprono scenari inattesi per via della gravità di fatti che, denunciati dalle parti civili, sono stati confermati dal Giudice. In appello, il Giudice potrà facilmente leggere le motivazioni e adeguare le pene oltre che valutare le responsabilità di tutti gli imputati assolti, tutto questo se non interverrà prima la prescrizione.
Adesso la verità è stata scritta in una sentenza, continueremo a perseverare nel nostro compito di renderla nota a più persone possibile in Italia e nel mondo; attraverso le porte di LAVI e ogni altra iniziativa che adotteremo, questa è una responsabilità che non mancheremo mai di onorare, per Lavinia, per suo figlio e per tutte le persone care che la amano.
09 Marzo 2023
Il 20 dicembre 2022 un giudice ha pronunciato parole incomprensibili che hanno preso la forma di una oscura sentenza; di quell’oscurità non abbiamo mai letto le motivazioni. Il giudice ha 90 giorni per depositarle, e sapendo che il processo si avvia verso la prescrizione, cosa pensate abbia fatto? Ha depositato le motivazioni immediatamente o ha atteso fino all’ultimo dei 90 giorni?
Oggi è il 9 marzo 2023, mancano undici giorni alla scadenza dei 90 previsti per legge e le motivazioni, noi pensiamo già redatte da tempo, non sono ancora state depositate.
Ci siamo immaginati una madre, che si affida alla giustizia degli uomini, in una democrazia moderna nel 2023. Il risultato è in questa immagine: la madre è logorata dal tempo, stanca e priva di energie; la giustizia è il fuoco che distrugge la vita e le speranze, sullo sfondo la democrazia in rovina. Questo genera la giustizia degli uomini e delle donne nel 2023, quella giustizia che serve il potere, che ignora la verità e che opprime i deboli?
Non ci affideremo più alla giustizia degli uomini e delle donne ma continueremo a raccontare la verità.
Ascoltate le Porte di LAVI per conoscere la storia di Lavinia Marano, morta di parto nel 2016 al policlinico di Messina dopo 10 ore di sofferenze: https://spoti.fi/3T5Ys7J
20 Febbraio 2023
“Senza giustizia e senza Lavinia Messina è nell’ombra”Questa è la frase che dovrebbe sostituire “La giustizia è uguale per tutti” al tribunale di Messina, per questo amici e parenti di Lavinia si sono fermati di fronte al tribunale di Messina, durante una serata calma il 18 Febbraio del 2023.In questa frase si riassume l’intento della fiaccolata intitolata “Lavinia è Luce”; lo abbiamo detto alla vigilia dell’evento:”Accendiamo una luce, tante luci per Lavinia e raccogliamo tutti i cittadini Messinesi che non hanno paura della luce perché la giustizia per la quale combattiamo non è solo di Lavinia ma dell’intera comunità.”Al momento le luci che siamo riusciti ad accendere sono poche, ma sono le più preziose, perché quando l’oscurità dilaga anche una fioca luce può rappresentare la salvezza. La notte del 23 settembre del 2016 uomini e donne hanno operato nell’ombra invocando la morte, abbiamo fatto luce raccontando la verità, adesso dobbiamo credere che la giustizia vera possa affermarsi anche quando ogni probabilità sembra a sfavore.Chiudiamo con una frase di Platone e alcuni articoli che sono seguiti alla giornata di ieri:“Possiamo perdonare un bambino quando ha paura del buio. La vera tragedia della vita è quando un uomo ha paura della luce.”
https://normanno.com/attualita/messina-fiaccolata-per-lavinia-marano-morta-di-parto-nel-2016/
https://messina.gazzettadelsud.it/articoli/cronaca/2023/02/19/messina-una-fiaccolata-per-lavinia-marano-chiediamo-una-giustizia-equa-1e0ed408-c21f-446c-a0f9-2be0889f27b7/
https://www.letteraemme.it/ieri-sera-una-fiaccolata-in-memoria-di-lavinia-marano/
https://www.stampalibera.it/2023/02/18/video-e-foto-in-ricordo-di-lavinia-marano-la-fiaccolata-per-non-dimenticare/
Un grazie va a tutti i partecipanti, gli organizzatori e persone presenti, a tutti coloro i quali hanno detto qualcosa e quelli che hanno presenziato con il loro dignitoso silenzio, Lavinia sicuramente era in mezzo a loro.
17 Febbraio 2023
“Morire di parto, a Messina una fiaccolata per ricordare Lavinia Marano”
La fiaccolata passerà davanti al tribunale di Messina, dove nel dicembre 2022 è stata pronunciata una sentenza che molti hanno definito come oscura. Una sentenza che nonostante le condanne minime inflitte solo a quattro degli imputati, favorisce il Policlinico e gli imputati stessi.
Durante il dibattimento è stato dimostrato il dolo ma, incredibilmente il capo di imputazione è rimasto colposo. Ricordiamo che Lavinia muore dopo 10 ore di incurie per uno degli eventi più comuni dopo un parto: l’emorragia post partum. Muore dopo tre interventi che ne hanno peggiorato le condizioni irreversibilmente.
Sempre durante il dibattimento è stato dimostrato il falso in cartella che prevede fino a 10 anni di reclusione, ma neanche questo è stato considerato dal PM e dal giudice.
Un anno di reclusione (pena sospesa), nessun risarcimento neanche per il bambino che ha perso una giovane madre che lavorava regolarmente, e spese legali che sono ridicole solo a menzionarle dopo sei anni di processo; questo il sommario di una sentenza che ancora dopo mesi non è stata depositata e che quindi trascina il processo alla prescrizione certa.
Ricordiamo il caso Cucchi noto anche per la foto di quel volto martoriato; se avessimo pubblicato la foto di Lavinia immediatamente dopo il trattamento dei medici che la avevano in custodia, la popolazione sarebbe rimasta inorridita. Non l’abbiamo mai scattata quella foto, rimane viva nella nostra memoria.
Se causi la morte di qualcuno al Policlinico universitario di Messina quello che rischi al massimo è il fastidio di partecipare a qualche incontro con il tuo avvocato; è necessaria solo un pò di pazienza e il tuo reato sarà prescritto.
10.000 persone in piazza sarebbe il messaggio giusto di una città indignata, non solo gli amici ma tutti coloro i quali esigono che la giustizia sia uguale per tutti e che medici irresponsabili siano messi nelle condizioni di non nuocere ulteriormente. La fiaccolata è l’occasione per chiedere questo, è un’occasione per la città di Messina.
Gli organizzatori spiegano le motivazioni della fiaccolata: “Lavinia è luce. Abbiamo proposto la fiaccolata in ricordo di Lavinia Marano per due ragioni; la prima è ricordare una persona che ha rappresentato positivamente la città di Messina con il suo talento e il suo altruismo, e la seconda per mantenere accesa simbolicamente la luce della speranza in una giustizia che sia equa per tutti”
“Ma ciò che ci sta più a cuore è il senso di giustizia che purtroppo sentiamo affievolirsi di fronte ad un processo che ha tanti profili oscuri e che si avvia verso una prescrizione certa. Per raccontare la verità sulle vicende che hanno riguardato la sua tragica scomparsa terrena è nato un Comitato: Progetto LAVI. Il comitato a sua volta ha realizzato un sito web di riferimento https://www.progettolavi.com e un podcast che ha avuto parecchio successo su Spotify: Le porte di LAVI. “Allora accendiamo una luce, tante luci per Lavinia e raccogliamo tutti i cittadini Messinesi che non hanno paura della luce perché la giustizia per la quale combattiamo non è solo di Lavinia ma dell’intera comunità”. Link all’articolo.
29 Gennaio 2023
Dopo la sentenza ci siamo fermati un attimo per riflettere, non per il risultato ma per meditare bene cosa volessimo fare alla luce di ciò che avevamo previsto da tempo. Abbiamo seguito la forma e con questa proceduto attraverso le vetuste e fuorvianti procedure che prevede la defunta giustizia. Lo abbiamo fatto per dovere ma anche per dare un’opportunità a quei soggetti che credono di averla data a noi.
Sapevamo da tempo che il processo si sarebbe prescritto, sapevamo che la sentenza sarebbe stata ridicola e grottesca, sapevamo di non poterci affidare ad un giudice che ci siamo ritrovati nel 2020 ma abbiamo proseguito verso quella che era una conclusione prevedibile e attesa. È la loro giustizia, quella degli imputati, del policlinico, del potere che crede di essere intoccabile ed ha fiducia nei propri mezzi; di quel potere dalle molte facce, anche quelle degli amici che ti trovi accanto mentre fingono di difenderti.
Non eravamo dei profeti quando più volte abbiamo scritto che il processo sarebbe stato prescritto, la strategia era chiara, non solo quella dei difensori. In appello probabilmente proscioglieranno altri imputati, è tutto abbastanza evidente, ma nel frattempo vi poniamo le seguenti domande retoriche:
-A chi serve una sentenza in cui per un omicidio che è stato dimostrato doloso, si da un anno solo a una piccola frazione degli imputati? Perché un falso in cartella (fino a 10 anni di reclusione) confessato anche dagli inputati non viene considerato nei capi di imputazione?
-Chi beneficia di una sentenza che dopo sei anni di udienze, perizie e decine di persone coinvolte fra legali e consulenti, riconosce 2000 euro di spese legali?
-Chi beneficia dell’assenza di una provvisionale, neanche per il figlio, che apre le porte ad un processo civile che se va bene durerà dieci anni?
-Per chi è stata pensata questa sentenza? Per fare giustizia? Per una ragazza torturata per dieci ore e poi morta inequivocabilmente a causa dei soggetti coinvolti o per altre persone, o altri poteri?
Sapevamo che la tortuosa, dolorosa e sciagurata strada della falsa giustizia avrebbe avuto un esito da molti visto come una sventura, il nostro unico errore talvolta, nella stanchezza, è stato quello di aver riposto qualche vana speranza.
Abbiamo l’esempio di Cristo, il più grande di tutti; un uomo che ha affrontato il dolore essendo consapevole delle inevitabili conseguenze, ma facendolo ha poi vinto. Noi non rappresentiamo neanche l’ombra di quella grandezza ma lo prendiamo come esempio di vita incamminandoci verso l’inevitabile, non solo il nostro ma di tutte le persone coinvolte.
Talvolta ci siamo anche noi trovati nell’orto degli ulivi e abbiamo provato ad allontanare il nostro piccolo calice riconoscendo nella giustizia uno strumento di verità; ma poi lo abbiamo bevuto quel calice, piccolo e insignificante in confronto a quello che ha dovuto bere Lavinia.
L’epilogo del processo di primo grado durato più di sei anni, con quella farfugliante e maleodorante litania senza senso che abbiamo sentito pronunciare il 20 Dicembre 2022 in un’oscura aula di tribunale, rappresenta la sintesi del delirante esercizio di taluni uomini e donne al servizio al male, che da sempre nella storia divora i propri ottusi servitori ed alla fine anche se stesso. Nonostante alcune nostre azioni terrene possano suggerire il contrario, la nostra fiducia è riposta in Cristo.
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20 Dicembre 2022
Oggi è il 20 dicembre 2022, presso il tribunale di Messina molti attendono la sentenza del processo di primo grado per l’omicidio di Lavinia, alcuni conoscevamo la sentenza già da sei anni.
Lavinia è entrata al Policlinico di Messina il 19 settembre del 2016. Era sana e piena di meravigliosi propositi per il proprio futuro, poi dieci sanitari l’hanno presa in cura e come in un film horror Lavinia morirà il 23 settembre del 2016 dopo una lunga emorragia durata dieci ore; abbiamo raccontato tutto in modo dettagliato e la verità è incontestabile.
Con la sentenza che oggi è stata emessa, si legittima una morte così, l’uccisione di una madre, l’indifferenza verso il bambino che ha dato alla luce, oltre che il totale disinteresse verso il dolore che è stato arrecato a chi le voleva bene e alla società tutta.
Dopo sei anni di ridicoli ritardi ecco cosa è stato sputato in faccia a chi ha atteso la sentenza per ore questa mattina:
-quattro condanne a un anno di reclusione con pena sospesa
-sei assoluzioni
-nessuna provvisionale neanche per il figlio di Lavinia
-risarcimento delle spese legali: 2000 euro
Non avevamo alcuna fiducia e continuiamo a non averla, il giudice condanna sé stessa, la città e i cittadini alla violenza ogni giorno di più perché senza giustizia si costruisce l’odio, non da parte nostra che la osserviamo con distratta compassione. Nulla ci poteva restituire questa gente e neanche questa insulsa conclusione, che ha velleità offensive, ci distrae particolarmente. Una società che accetta una morte del genere è una società che muore anch’essa.
Abbiamo raccontato la storia di Lavinia attraverso il sito ‘progetto Lavi’ https://www.progettolavi.com, sui social e con il podcast ‘Le Porte di LAVI’; oggi nulla cambia, abbiamo fatto e faremo ciò che è necessario.
20 Dicembre 2022
“E’ attesa per oggi la sentenza per la morte della 44enne Lavinia Marano, apprezzata cantante messinese, deceduta il 23 settembre 2016 al Policlinico di Messina.“
19 Dicembre 2022
Il processo sulla morte di Lavinia Marano si poteva chiudere in pochi mesi; la mole di prove, testimonianze ed evidenze oggettive è tale che è facile capire perché Lavinia sia morta e chi l’ha uccisa. Insieme ai sanitari, le istituzioni sanitarie sono corresponsabili di questo delitto; ad esse si aggiungono le forze dell’ordine che non hanno portato a termine la minima indagine e le istituzioni giudiziarie che sono colpevoli di ritardi che molto probabilmente ci porteranno alla prescrizione, prima che il processo si concluda in tutti i gradi di giudizio.
Il caso di Lavinia è importante per tutti, per creare una consapevolezza d’insieme, per permettere alla società di mettere in discussione ogni servitore di servizi pubblici, per distruggere definitivamente l’arrogante appropriazione da parte di nominati o ereditieri di servizi fondamentali della nostra società. Spesso non abbiamo la capacità di trarre insegnamento dall’esperienza altrui, in una società che si è persa nell’individualismo, abbiamo perso la capacità di partecipare attivamente alle vite degli altri, in un mondo iperconnesso siamo paradossalmente scollegati, forse ancora per poco.
Quello che abbiamo creduto fosse solo per Lavinia con il podcast Le porte di LAVI, oggi è divenuto un pezzo di memoria collettiva perpetua, utile a chi domani dovrà fronteggiare un medico che non ti risponde andando a casa mentre Lavinia muore, o un’altra che mente spudoratamente sull’esito di un intervento mentre Lavinia è morta, un medico che riceve una paziente morta e la rianima prima di confermare che effettivamente è morta, un servitore dello stato che ti dice “lasciate perdere”, un amico medico che ti dice “adesso non prendetevela con i medici”, un perito che assolve come un giudice, un consulente che ti dice che non andremo mai in giudizio, molti che desiderano che tu rinunci alla lotta per trovare una giustificazione alle loro rinunce, e poi il tempo che passa pensando di essere soli, la speranza, la fiducia, la convinzione di poter lottare nudi e senza armi, la sorpresa di scoprire di avere delle armi semplicemente nel dire, nel fronteggiare ciò che il popolo ha eletto come invincibile perché il popolo non può vincere se non lotta, che la lotta richiede forza ma non è sempre violenza, che lottando non bisogna aver paura di perdere tutto semplicemente perché nulla è nostro, e poi quel tutto lo riavremo alla fine del tempo, alla fine dei tempi.
Qualunque cosa accada giorno 20 dicembre prossimo, quando il giudice si pronuncerà sulle vicende che riguardano gli ultimi giorni di vita e la morte di Lavinia non ha alcuna importanza in questa storia che risuona già nel futuro.
C’è stato un attimo in cui Lavinia è morta, prima di quel momento Lavinia ha vissuto e generato una vita, dopo quel momento Lavinia ha ricominciato a vivere ne siamo convinti, lo sappiamo, lo crediamo. Ciò che oggi importa, a noi che rimaniamo qui “in questa valle di lacrime”, è che siamo stati chiamati alla lotta, abbiamo lottato, lottiamo, abbiamo perso tutto e, se saremo giusti, accumuleremo un tesoro, riavremo tutto.
Ascoltate le porte di Lavi, ascoltate la porta della Vita, l’ultima puntata che narra della morte di Lavinia e la prima che parla della sua Vita.
02 Dicembre 2022
Era il 2010, e anche in quel periodo storico Sicilia e Calabria, le martoriate regioni di un sud Italia sul quale la storia dovrebbe essere riscritta, indossavano una maglia nera; nera come l’anima di tutti coloro i quali hanno mal gestito, a partire da tutti i ministri della sanità (inutile fare la lista qui), i governatori delle regioni, i sindaci e ogni dirigente delle strutture. Di quante vite siete responsabili? Quanti si potevano salvare? Quanti non hanno denunciato, di quante storie non si sa nulla, quanti sono in lista per morire e non lo sanno ancora?
Alla coda dei complici di un genocidio che non si arresta da decine di anni, si aggiungono i sanitari ritenuti responsabili dell’omicidio di Lavinia e rinviati a giudizio, oltre che i dirigenti del Policlinico e i responsabili delle politiche dello stesso, incluso il rettore dell’università di Messina.
Il 20 dicembre 2022 ormai prossimo, attendiamo la sentenza del processo di primo grado. Ricordando ancora una volta che le udienze sono pubbliche, vi invitiamo a venire alle 9:30 presso l’aula della corte d’assise del tribunale di Messina in via Tommaso Cannizzaro, per assistere all’ultima udienza in occasione della quale il giudice pronuncerà la sentenza.
Ognuna di queste lotte non è solo per la vittima, in questo caso la nostra Lavinia, ma per ogni vittima, per evitare che una futura madre ignara venga uccisa domani.
28 Novembre 2022
Il 25 novembre 2022 si è tenuta una nuova udienza del processo contro gli imputati ritenuti responsabili della morte di Lavinia avvenuta il 23 settembre del 2016 presso il Policlinico di Messina. Abbiamo ascoltato i difensori degli imputati per una intera giornata. Le strategie difensive si sono basate sull’isolamento delle condotte e l’acrobatico, debole e persino squallido tentativo di dimostrare che i singoli avessero applicato le linee guida.
È stato come se un gruppo di amici sostenesse di essersi preso cura di un gattino dicendo di averlo nutrito ma ignorando non solo che, in assenza di coordinamento, gli avessero dato solo cibo e mai acqua ma anche il fatto di averlo nutrito solo una volta a settimana omettendo peraltro il plateale fatto che il povero gattino è morto. Siamo certi che non solo a noi sia evidente che le azioni in sé non sono nulla, quand’anche ci fossero state queste devono essere compiute nei modi e nei tempi corretti oltre che coordinate in modo adeguato da chi ha mansioni di responsabilità ed esperienza.
Gli avvocati non hanno mancato di attaccare il PM in varie occasioni per non avere differenziato le responsabilità e sostenendo l’inapplicabilità di una condanna ascrivibile ad una condotta collettiva. Si tratta di una ulteriore clamorosa gaffe anche questa.
È chiaro che una strategia difensiva dovevano pur adottarla, per quanto disperata in un caso così chiaro come questo. Siamo assolutamente d’accordo che sarebbe stata adeguata una differenziazione delle condotte, ma non tanto per depotenziare le richieste di condanna ma per aggravarle progressivamente dal meno responsabile fino ad arrivare al massimo della pena per il più responsabile, aggiungendo anche di valutare l’evidente falso in cartella sull’insorgenza dell’emorragia oltre che il dolo eventuale, che è molto più che una ipotesi.
Chi è il maggiore responsabile? Chiaramente il capitano della nave, il primario Onofrio Triolo, che se fosse stato effettivamente capitano di una nave l’avrebbe abbandonata quando invece dovrebbe essere l’ultimo a scendere. A seguire i medici in servizio presso il reparto Antonio Denaro, Tomasella Quattrocchi, Vittorio Palmara, Roberta Granese e l’anestesista in servizio presso il reparto Pasquale Vazzana che hanno chiaramente molte più responsabilità delle ostetriche Angelina Lacerna Russo e Serafina Villari e dell’infermiera Maria Grazia Pecoraro. Ricordiamo che per Rosario D’Anna, che è intervenuto nella vicenda il giorno 19, è stata chiesta l’assoluzione.
Ricordiamo che le linee guida a cui hanno fatto riferimento gli avvocati degli imputati, sono linee guida per la prevenzione e la cura dell’Emorragia Post Partum (EPP). Esistono oggi degli algoritmi che stabiliscono che se le applichi non c’è alcuna possibilità che la paziente muoia. Se la paziente è deceduta o non le hai applicate o le hai applicate male.
Fare un intervento in 15 minuti o in 2 ore cambia radicalmente l’esito; a cosa serve dire che non hai colpe perché hai fatto l’intervento se mentre lo facevi tardivamente o erroneamente la paziente moriva? Il tempismo e la capacità di esecuzione sono elementi fondamentali nell’applicazione delle linee guida tanto care agli avvocati degli imputati; quindi, parlare di linee guida è stato oltre che squalificante anche un boomerang per tutti i rinviati a giudizio.
Non siamo noi a decidere le condanne o a individuare i singoli reati, ma è evidente che se il Giudice ha presente i fatti e la documentazione prodotta, l’esito non può che essere uno, perché sono chiarissime sia le responsabilità individuali sia quelle collettive di tutti i soggetti coinvolti.
Entreremo ancora una volta nei dettagli di tutto questo fra qualche giorno, anche se lo abbiamo già fatto in questi sei anni, producendo elementi incontestabili agli atti del processo; reputiamo infantile, oltre che disperata come già detto, una strategia che punta a dire “abbiamo fatto tutto quello che c’è scritto nelle linee guida quindi siamo innocenti”; proviamo un po’ di pena per chi tenta di farla franca in questo modo.
Peraltro, in merito a questo cieco tentativo di dimostrare di avere applicato le linee guida, gli avvocati degli imputanti si sono guardati bene dal commentare l’ultimo intervento, quello di isterectomia, che quasi certamente è stato effettuato quando Lavinia era già morta; per taluni, l’istintivo disumano impulso a sfuggire alle proprie responsabilità li porta a fare delle cose orribili.
Annunciamo da subito la pubblicazione di una nuova puntata del Podcast dove entreremo nel dettaglio di quanto accennato in questo comunicato, toneremo alla prima porta che avevamo lasciato in sospeso, la apriremo per un’ultima volta.
Ricordando a tutti che le udienze sono pubbliche, vi invitiamo a venire presso il tribunale di Messina il prossimo 20 dicembre, per ascoltare la sentenza del processo di primo grado. L’appuntamento è quindi il 20 dicembre 2022 alle 9:30 presso l’aula della corte d’assise del tribunale di Messina in via Tommaso Cannizzaro.
https://www.messinatoday.it/cronaca/processo-morte-lavinia-marano-sentenza-condanna-rinvio.html
24 Novembre 2022
Il 04 novembre 2022, abbiamo pubblicato un comunicato stampa relativo ad un
un servizio televisivo trasmesso il 24 ottobre 2022 da TCF TV a firma di Simona Arena, dove si riportava erroneamente che Lavinia Marano fosse morta a causa di una CID; il comunicato stampa era poi stato ripreso dal fratello di Lavinia, Alessandro.
La giornalista ha poi contattato Alessandro, tramite il suo legale proponendo una rettifica che è stata pubblicata il 18 novembre 2022. Riportiamo il link di seguito: https://www.tcftv.it/video/mori-dopo-il-parto-chiesta-la-condanna-per-9-imputati/
Siamo felici di constatare che le nostre rimostranze siano state recepite e che il servizio adesso riporti informazioni aderenti agli atti ufficiali del processo ancora in corso. Il 25 novembre 2022 si terrà una nuova udienza del processo, con l’auspicio che possa rappresentare la conclusione della fase di primo grado. A chi ci segue comunichiamo che il rischio di prescrizione, fissata in sette anni e mezzo, è comunque molto concreto, essendo questa misurata sui tre gradi di giudizio, quindi incluso l’appello e la cassazione. Attualmente sono passati sei anni e due mesi e il processo di primo grado non è ancora terminato.
Abbiamo riassunto la storia degli ultimi giorni di Lavinia nel podcast ‘le porte di Lavi’ https://spoti.fi/3NvgEVA, l’obiettivo è quello di raccontare la verità sulla sua morte, ci sarà un tempo futuro in cui racconteremo anche della sua vita.
19 Novembre 2022
Il 18 novembre scorso si è tenuta un’altra udienza del processo che riguarda l’omicidio di Lavinia; mentre fuori dall’aula bunker di Messina le amiche e amici di Lavinia mostravano uno striscione chiedendo di fermare la lunga serie di rinvii, dentro l’aula il pubblico ministero iniziava la propria requisitoria.
Dopo il PM è stata la volta delle parti civili che, dopo anni di lavoro, hanno potuto riassumere con passione e professionalità una storia che è diventata anche la loro.
Abbiamo chiesto tante volte che la farraginosa macchina della giustizia procedesse nel proprio percorso, e l’udienza del 18 novembre 2022 ha rappresentato un passo avanti. Riteniamo però, che non sia questo il momento di fare bilanci o commenti su quanto accaduto, il processo non è finito mentre il danno arrecato non è recuperabile, qualunque sarà la sentenza.
Rileviamo una fervente attività mediatica, con svariate testate che hanno riportato la notizia, nonostante le gravi inesattezze in alcuni casi, proponiamo di seguito una breve rassegna stampa. La prossima udienza si terrà il 25 novembre 2022.
https://www.messinatoday.it/cronaca/morte-lavinia-marano-richiesta-condanna-accusa.html
https://fr.italy24.press/trends/207578.html
Cantante muore poco dopo il parto, chiesta condanna dei medici
18 Novembre 2022
Di fronte all’aula bunker a Gazzi Messina, in attesa dell’inizio dell’udienza del processo contro i sanitari accusati di aver causato la morte di Lavinia, leggiamo questo messaggio da parte delle amiche e amici di Lavinia Marano. Grazie.
14 Novembre 2022
Il Policlinico di Messina ha evidenti responsabilità nell’omicidio di Lavinia; questo emerge da un’accurata perizia agli atti del processo contro quasi un intero reparto dello stesso ospedale. Sappiamo che fu annunciata un’inchiesta interna al Policlinico nel 2016 per accertare i fatti, ne parleremo più avanti, ma a parte l’annuncio, che tendeva a rassicurare l’opinione pubblica, nulla è emerso da quella inchiesta interna e francamente non sappiamo se sia mai stata fatta.
A breve descriveremo in dettaglio i dati oggettivi analizzati nella perizia, mentre il Policlinico non sembra curarsi della vicenda; disinteresse che è suggerito dalle costanti assente alle udienze del processo.
Prima però vogliamo raccontarvi una storia:
Un ragazzo versa in gravi condizioni in una via molto trafficata, ha subito un incidente stradale mentre tornava a casa in moto, e adesso pare abbia una grave emorragia; le auto e i passanti si fermano, chiamano i soccorsi. Il traffico non aiuta e i soccorsi tardano ad arrivare, il ragazzo è circondato da persone che lo sostengono e lo incitano a resistere, e adesso si sente l’ambulanza in lontananza; giungono i sanitari, verificano che la situazione è grave. Operano le manovre di primo soccorso per arrestare l’emorragia, allertano l’ospedale più vicino e partono a gran velocità. I passanti restano lì, sperano che tutto vada per il meglio. La sala operatoria è allertata, il ragazzo viene operato d’urgenza. Pochi giorni dopo si apprenderà che il ragazzo è stato salvato.
Ci sono storie di persone con gravi emorragie che attendono i soccorsi lontano dagli ospedali, a causa di incidenti stradali, colpi di arma da fuoco o aggressioni con arma da taglio. Molte di queste persone sono raggiunge nei luoghi dove si trovano, sono trasportate in ospedale e vengono salvate.
Altre storie invece raccontano di persone che pensavano di trovarsi al sicuro, ma invece erano nel peggior posto che avessero potuto immaginare senza sapere che presto avrebbero perso la vita, come la storia di Lavinia. Lavinia non aveva attorno persone che la rincuoravano perché separata dalle persone care, non si sa bene se per crudeltà o per evitare di mettere in evidenza la plateale gravità della situazione; avrebbe subito tre interventi e ognuno avrebbe peggiorato la situazione in modo irreparabile fino alla morte.
Lavinia non muore in una via trafficata, ma in prossimità di una sala operatoria con un’emorragia che inizia al cesareo e che i sanitari non potevano non prevedere, c’era la certezza che si verificasse. Dopo dieci ore, nelle condizioni maggiormente favorevoli al mondo per gestire uno degli eventi più frequenti dopo un parto, l’emorragia post partum, moriva mentre i sanitari operavano un intervento presumibilmente di copertura, quindi non utile a salvarla ma solo a dimostrare che avevano applicato le linee guida dopo innumerevoli errori. Se noi fossimo il Pubblico Ministero non avremmo dubbi nel cambiare il capo di imputazione in dolo eventuale e di seguito chiariamo perché.
Nel delitto colposo entrano in gioco le negligenza, l’imprudenza e l’imperizia, negligenza: quando il soggetto attivo non presta attenzione; imprudenza: quando il soggetto non usa accortezza e prudenza; imperizia: quando il soggetto non rispetta le dovute regole tecniche per incapacità o inettitudine. In tutti questi casi non vi è la “volontà” di commettere un reato e nel caso che ci riguarda causare la morte di qualcuno. Nel dolo eventuale (o generico) invece il reo (il medico) ha la consapevolezza che dalla sua condotta possa derivare la morte di qualcuno (nel caso di specie della paziente di cui si sta occupando) ciò nonostante agisce lo stesso e pone in essere quella condotta infischiandosene dell’esito! Quest’accettazione del rischio configura il dolo ed è molto grave. È stato ampiamente provato nel caso di Lavinia che i sanitari erano a conoscenza che l’emorragia non era stata arrestata e ciò nonostante lasciarono l’ospedale. È ovvio che non potevano non sapere che quella condotta avrebbe potuto causare la morte della paziente (abbandonata solo in uno stanzino, sembra assurdo ma è così) ciò nonostante la posero ugualmente in essere accettando il rischio del tragico evento. Questa condotta surreale e drammaticamente dolosa fu posta in essere più di una volta (nell’arco di circa dieci ore) in questa triste e drammatica vicenda.
Torniamo al Policlinico di Messina che nonostante le gravissime responsabilità emerse dalla perizia delle parti civili e che riporteremo in questo articolo, persevera in continue assenze ingiustificate, per disinteresse, dimenticanza o altro. I cari di Lavinia non hanno mai ricevuto scuse né pubbliche né in forma privata, quantomeno per salvaguardare la forma da parte di chi probabilmente si considera reggente piuttosto che al servizio della popolazione.
Il direttore Sanitario al tempo era Giovanna Volo che si dimise pochi giorni dopo l’accaduto, e per la precisone il 29 settembre 2016: “Il rettore, a nome dell’Università degli Studi di Messina (al tempo Pietro Navarra), esprime i più sentiti ringraziamenti alla dott.ssa Volo per il lavoro svolto in questi due anni”
Evidentemente Pietro Navarra non era a conoscenza dei gravissimi fatti che erano accaduti solo sei giorni prima; forse risiedeva in un altro pianeta in quei giorni. Giovanna Volo, con un curriculum che si completava con un caso di omicidio (al momento colposo) presso l’ospedale da lei diretta, veniva premiata con un altro importante incarico in tempi record “Giovanna Volo è il nuovo direttore sanitario dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo.” Titolava Repubblica solo il 30 settembre 2016.
Basta una semplice assicurazione per farla franca o un responsabile di una struttura sanitaria di questa importanza, se emergono gravi carenze come sono emerse, dovrebbe essere imputato in prima persona?
Il Policlinico di Messina vanta un vertiginoso avvicendamento di direttori sanitari, oggi l’incarico è coperto da Giuseppe Murolo, ma sulla sua nomina leggiamo:
… a dare il benvenuto (a Giuseppe Murolo ndr) ci ha pesato Gilda-Unams con una nota che contesta la mancanza di un requisito fondamentale: i cinque anni di direzione.
“Tale incarico – si legge nel documento del segretario Paolo Todaro – conferito con una procedura amministrativa mai vista fino ad oggi (avviso pubblico) desta non poche perplessità poiché non previsto dalle normative vigenti. Ci eravamo illusi come organizzazione sindacale che il commissario straordinario avrebbe cambiato rotta rispetto al passato, ma soprattutto avesse prestato più attenzione per la nomina di un direttore sanitario in possesso di tutti i requisiti di legge, forti dell’esperienza vissuta negli ultimi tre anni; invece siamo rimasti delusi perché ha ripercorso la stessa identica strada del suo predecessore”. Link
Così come ad oggi il rettore dell’università di Messina è Salvatore Cuzzocrea che sembra essere impegnato in un grande piano di privatizzazione della struttura:
“Pietro Patti (segretario della Flc Cgil di Messina), commentando le recenti dichiarazioni del rettore dell’Università di Messina, Cuzzocrea. “Il rettore invece di fare annunci – aggiunge – farebbe bene a pensare a come migliorare i dati del Piano nazionale esiti dell’Agenas in peggioramento… l’Aou di Messina mostra un peggioramento. Infatti le due aree cliniche “Gravidanza e parto”” Link
Guarda caso la denuncia è di un peggioramento nelle aree cliniche di gravidanza e parto.
Come accennato, Il 24 settembre 2016, il giorno dopo della morte di Lavinia. appariva un articolo che citava due inchieste:
“La prima inchiesta è penale, aperta dalla procura; la seconda è dello stesso Policlinico, che ha nominato una commissione d’indagine per accertare, passo dopo passo, ogni azione sanitaria intervenuta sulla paziente, dal suo ricovero al decesso. Saranno sentiti tutti coloro, sanitari e parasanitari, che hanno seguito l’iter clinico di Lavinia Marano.” link
Dell’inchiesta del Policlinico non ne sappiamo nulla e sarebbe utile che la depositassero in tribunale o che la rendessero pubblica, se esiste, ma nel frattempo entriamo nel merito delle gravi carenze della struttura alla quale si era affidata Lavinia.
Dalla relazione tecnica del Dott. Vincenzo Carlino, Consulente esperto in materia di Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro, sentito durante il dibattimento emerge:
L’A.O.U. Policlinico “G. Martino” è tra le Aziende sanitarie e ospedaliere di maggiore rilevanza dell’Italia meridionale e RISORSA SANITARIA di ECCELLENZA del TERRITORIO, costituita con Legge Regionale n. 5/2009.
Una risorsa di Eccellenza, per essere classificata e certificata come tale deve rispettare determinati requisiti. Apprenderemo che di eccellente c’è poco già dalle prime verifiche del dott. Carlino che rileva: “Evidenze documentate di Consenso informato non conforme e fuorviante per una corretta scelta da parte della paziente e dei Familiari… alla luce di quanto è emerso la Sig.ra Lavinia Marano e i familiari presenti in quelle ore non hanno potuto esercitare il diritto di ricevere il consenso informato sui tre interventi e sull’intera gestione della paziente, mentendo sulle condizioni della stessa e omettendo la gravità e la pericolosità̀ di quanto stava accadendo alla malcapitata Sig.ra Lavinia Marano.”
Carlino aggiunge che “I medici presenti, hanno dimostrato, di sottovalutare la situazione, gravissima per la vita della paziente.” mentre “si evidenzia l’assoluta mancata applicazione dello standard PATIENT SAFETY (Convenzione tra Regione Siciliana e Joint Commission International) sui Diritti del Paziente e dei Familiari”
“Altresì mi soffermo sul taciuto consenso informato, oltre che all’erogazione di un fondamentale esame del Fibrinogeno ipopiastinemia, alterazione del PT e PTT” censurato dal Prof. Iaccarino e dal Prof. Chiantera e dalla dott.ssa Elvira Ventura Spagnolo, e qui viene altresì̀ interessata l’intera struttura del Policlinico “ G.Martino” per il fatto di aver firmato e validato la PATIENT SAFETY (Convenzione tra Regione Siciliana e Joint Commission International) nell’ELENCO DEGLI STANDARD ADOTTATI DAL POLICLINICO “G.Martino” A PARTIRE DAL 2011 E RELATIVE NOTE INTERPRETATIVE si chiarisce senza alcun dubbio interpretativo l’obbligo di dichiarare …..al paziente e i suoi familiari che devono essere informati sugli esami, le procedure e i trattamenti che richiedono il consenso informato….oltre a richiedere in urgenza i sopraindicati fondamentali esami”
Carlino precisa che “La mia relazione si basa su evidenze scientifiche, legate al disposto Normativo obbligatorio, al quale la struttura sanitaria è sottoposta.” e aggiunge che “Non c’è evidenza della formazione/informazione/addestramento del personale, sulle Normative di accreditamento Regionale, sulla valutazione dello stress da lavoro correlato e BURN OUT, considerando l’organizzazione di turni di lavoro ritenuti massacranti (12 ore) e che non tengono conto della pausa tra lavoro e servizio attivo. “
In merito all’intervento di isterectomia, probabilmente effettuato in condizioni disperate o addirittura con il paziente deceduto, Carlino mette in evidenza che la procedura di emergenza dell’intervento è avvenuta con personale ridotto:
“Alle ore 04.00 circa viene attivata la procedura di emergenza per l’intervento di isterectomia, nonostante la disorganizzazione totale dell’Ospedale e del personale presente, in quanto incapace di effettuare un intervento di isterectomia.
Alle 04,10 circa arriva in reparto il Prof. Triolo (Triolo era andato via abbandonando la paziente, senza assicurarsi con evidenze oggettive -strumenti diagnostici- sullo stato di salute della stessa), urlando frasi incomprensibili verso i medici di sala operatoria, ma dal tono sicuramente poco rassicuranti sulla situazione della paziente (rif. dai parenti).”
“Si fa presente che la Sig. Marano è stata operata con colpevole ritardo, per il più semplice dei motivi, era presente in reparto personale che non era preparato ad affrontare la situazione di emergenza.”
Carlino mette in evidenza come non vi sia evidenza del piano di manutenzione, della scheda di manutenzione, del programma di taratura e della taratura annuale effettuata sugli strumenti diagnostici e come la stazione dei Carabinieri di Messina deputata all’organizzazione delle indagini, non abbia reperito questo tipo d’informazione, non reputandola importante.
Dalla relazione di Carlino emerge inoltre una chiarissima lista di requisiti che una struttura come il Policlinico deve avere, senza alcuna discrezionalità, ma che incredibilmente non aveva; ci chiediamo se alla luce delle morti e degli omicidi qualcuno si sia ravveduto. La domanda è chiaramente retorica.
Carlino prosegue la propria perizia con alcune tristi precisazioni:
“…a nessun familiare è stato consentito di assistere la sig. Marano trasgredendo il dettato normativo, oltre le gravissime implicazioni morali…durante tutto il periodo successivo al primo intervento di taglio cesareo il personale presente mette alla porta i parenti della sig.ra Marano , contraddicendo il dettato normativo, che garantisce alla donna partoriente la riservatezza , la tranquillità̀, il riconoscimento della propria dignità, una adeguata informazione, potendo fruire della presenza di una persona di sua scelta. “
Carlino conclude come segue:
“alla luce di quanto prescritto alla struttura Ospedaliera/Universitaria AOU Policlinico di Messina “G. MARTINO”, Reparto di Ostetricia e di Ginecologia , dal 2011 Ospedale di Eccellenza, ribadisco e confermo le censure da me rilevate…Tutto ciò̀ premesso Ritengo responsabili:
- i medici che hanno avuto in cura la Sig.ra Lavinia Marano
- i responsabili della struttura Sanitaria
- Commissario Straordinario: Dott. M. Vullo Direzione Generale
- Direttore Sanitario: Dott.ssa P. Reitano
- Direttore Amministrativo: Dott. G. Laganga Senzio
per le gravissime carenze manifestatesi nell’AOU Policlinico di Messina “G. MARTINO”, Reparto di Ostetricia e di Ginecologia Primario Prof. Onofrio Triolo, che hanno contribuito in maniera determinante a causare il decesso della Sig. Lavinia Marano anche alla luce della CTP redatta dal Prof. Mariano Iaccarino.”
Quanto dichiarato e dimostrato dal Dott. Carlino è stato discusso durante il dibattimento, nessuno ha contestato o contraddetto quanto esposto dal perito. Mentre il Policlinico è al centro di interessi che vanno al di là di quelli dei pazienti, dubitiamo che dal 2016 siano state messe in atto misure tali affinché gli eventi drammatici e criminali che abbiamo descritto non si ripetano più.
Frequentando le aule di tribunale appare chiaro che viviamo in una cappa di fumo denso che rallenta ogni evento e persino la percezione del tempo; distruggere ogni proposito di giustizia, annichilire ogni iniziativa e rendere infruttuosa ogni azione è il fine.
Dall’alto, se potessimo volare, si vedrebbe questo andirivieni frenetico di personaggi nudi in cerca di un abito che li rivesta di potete, calpestano corpi, sono lordi di sangue, dimenticano il passato e non si curano né del presente né del futuro, ambiscono a tutto fuorché al bene, persino il proprio. Noi abbiamo smesso di sperare, perché una persona saggia ci ha detto: non bisogna sperare ma credere.
07 Novembre 2022
Il Comitato Progetto LAVI ha appena rilasciato il seguente comunicato stampa:
Segui il link alla pagina di Ein presswire
21 Ottobre 2022
Lavinia è stata uccisa il 23 Settembre del 2016; i suoi familiari la ricordano ogni 23 del mese con una Messa, da sei anni senza sosta.
Ma oggi, 21 ottobre 2022 Lavinia forse muore di nuovo, perché è ormai certo che si arriverà alla prescrizione, forse anche prima che il primo grado si concluda.
Forse è sbagliato parlare di morte, di una nuova morte, questa gente non ha più alcun potere su di lei, non potranno nulla se non ingannare sé stessi. Dopo due rinvii consecutivi per cause assolutamente vergognose, oggi che doveva essere la data delle requisitorie e quindi l’avvio della fase conclusiva, senza preavviso alcuno, senza rispetto, senza formalità o scuse per tutte le persone presenti (alcune addirittura partite da Genova, non prima di aver verificato che nessuna notifica era pervenuta via PEC), per chi ha lavorato senza sosta per far emergere la verità, senza alcuna considerazione per il sangue di Lavinia o del senso di giustizia, facendo ricorso a motivazioni che neanche citiamo per pudore, rinviano di nuovo.
A chi rispondono i giudici e i pubblici ministeri? “Non accetterò ulteriori rinvii, il processo è già in colpevole ritardo” abbiamo sentito nel 2020; sono passati 6 anni dall’inizio del processo, ma ancora aggi assistiamo ad un ulteriore rinvio senza vergona, senza il coraggio di guardare in faccia la Madre e il Padre di Lavinia e gli avvocati delle parti civili.
Non è prematuro affermare con certezza che lo stato di diritto è finito, è morto, è inutile fare causa a qualsiasi livello e chi lo ha ucciso, coltellata dopo coltellata su un cadavere ormai inerme, infierisce e non si vergogna della propria iniquità e della sfacciata ipocrisia. A domanda, si volgono distrattamente con gli occhi spenti e le mani lorde di sangue, dando una logica giustificazione alle proprie azioni che soddisfa però solo la loro ipocrisia. Così vanno avanti fino alla loro rovina.
George Carlin on Conspiracies
“you don’t need a formal conspiracy when interests converge; these people went to the same university and fraternity, they are on the same country clubs, they have like interests, they don’t need to call a meeting, they know what is good for them, it is a cult…”
“non hai bisogno di una cospirazione formale quando gli interessi convergono; queste persone sono andate nella stessa università e confraternite, frequentano gli stessi country club, hanno interessi simili, non hanno bisogno di convocare una riunione, sanno cosa è bene per loro, è un culto…”
A tutte le persone che ricercano giustizia cito le parole di Cristo: “Mt 5,6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.”
A tutti coloro i quali dovrebbero amministrare la giustizia, e che si presentano udienza dopo udienza senza vergogna e pudore cito ancora le parole di Cristo:
“Mt 5,20 Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
A questi individui, forse di entrare nel regno de cieli non interessa nulla, ma noi abbiamo fiducia che il male perpetrato con calcolata precisione o con demenziale strafottenza (le opzioni sono entrambe valide) è stato liberato il 23 Settembre del 2016 e non si dissolverà, richiede giustizia e anche se voi imputati otterrete la tanto agognata prescrizione con o senza la complicità delle istituzioni, quanto è stato fatto macchia voi e le vostre generazioni, e non può essere cancellato da nessun tribunale umano.
24 Luglio 2022
Nelle settimane scorse hanno avuto luogo due udienze: il 23 giugno (udienza citata già in passato) e il 7 luglio. In queste udienze hanno testimoniato due degli imputati, presumiamo nel tentativo di attenuare gli elementi a proprio carico nel procedimento contro Triolo e altri per l’omicidio di Lavinia Marano. Ricordiamo che gli imputati sono: Onofrio Triolo, Antonio Denaro, Tomasella Quattrocchi, Vittorio Palmara, Roberta Granese, Rosario D’Anna, Pasquale Vazzana, Angelina Lacerna Russo, Serafina Villari e Maria Grazia Pecoraro
Tutti sono stati rinviati a giudizio ma gli imputati a cui ci riferiamo oggi sono:
- Roberta Granese (ginecologa di turno) che ha testimoniato il 23 giugno 2022 e
- Pasquale Vazzana (anestesista) che ha testimoniato il 7 luglio 2022
L’accusa è di omicidio colposo ma in base agli eventi che mettiamo in evidenza, riteniamo che la gravità della situazione richiederebbe ben altre imputazioni.
Suddividiamo questo lungo post in alcuni importanti capitoli:
-Le controdeduzioni alla perizia dei consulenti del Pubblico Ministero: qui approfondiamo alcuni dei fatti riconducibili a Granese e Vazzana attingendo dai documenti agli atti
-Commenti sugli imputati Granese e Vazzana: qui ci poniamo alcune domande che ci saremmo augurati che quantomeno il PM avesse posto durante il dibattimento. Domande molto semplici che portano a schiaccianti e incontestabili deduzioni.
-Morire di parto in un paese “sviluppato” come l’Italia: capiremo quanto sarebbe stato facile salvare Lavinia.
– Si tratta di omicidio colposo? Si tratta di una domanda retorica, ed a questa domanda aggiungiamo un altro importante elemento.
– Conclusione: la conclusione parla di un mondo e una umanità che non c’è.
Le controdeduzioni alla perizia dei consulenti del Pubblico Ministero:
Riportiamo di seguito un estratto del documento agli atti, redatto da Alessandro Marano, fratello di Lavinia, indicato come ‘Note alla Perizia in persona di MARANO Lavinia eseguita dai proff. Antonio Chiantera ed Elvira SPAGNOLO’:
“Chiàntera nella sua perizia afferma che nel caso di specie non vi è stato un rapido riconoscimento dell’EPP, mettendo egli stesso in evidenza i continui ritardi e/o comportamenti da lui stesso definiti inspiegabilmente attendisti
Si fa espresso riferimento a ritardi a pag. 90 rigo 12, dove Chiàntera scrive “ … incomprensibile appare il comportamento attendista … prima di allertare la ginecologa di turno” (Roberta Granese). Ad avviso di chi scrive comunque le linee guida nei casi di tal guisa prevedono già, a prescindere dal peggioramento delle condizioni, uno stato di allerta generale e continuo da parte del ginecologo, dell’anestesista (Pasquale Vazzana) (ritenuta da tutte le linee guida – ivi comprese quelle dell’AOGOI – figura fondamentale durante la fase del monitoraggio, soprattutto quella relativa al post-inserimento del “palloncino”; riguardo a ciò si fa presente che nel caso che ci occupa l’anestesista non era presente nella fase di monitoraggio, poi risultata decisiva, oltre ad altri fattori, nel decesso della paziente, pag. 62 rigo 8 “ … nel frattempo la paziente – ore 3.30 – manifestava l’insorgenza di sintomatologia caratterizzata da difficoltà a respirare correttamente e sintomi suggestivi di shock ipovolemico. All’arrivo dell’anestesista – ore 4.10 quaranta minuti dopo!!! (a tal proposito, riguardo la figura dell’anestesista, le linee guida stabiliscono “nell’ambito del team multidisciplinare coinvolto nella gestione delle pazienti con EPP, l’anestesista ha un ruolo fondamentale. Si raccomanda infatti di allertare e coinvolgere precocemente un anestesista esperto in caso di EPP, per valutare, intraprendere e proseguire la rianimazione della paziente anche attraverso un’appropriata somministrazione di fluidi e di prodotto del sangue. In caso di ricorso alla terapia chirurgica, l’anestesista è ugualmente chiamato a valutare TEMPESTIVAMENTE il quadro clinico della paziente, per decidere, in base alle sue condizioni cliniche ed emodinamiche, l’approccio anestesiologico più appropriato …”) – si verificava improvviso arresto cardiaco … la MARANO veniva trasferita in sala operatoria alle 4.20 – quasi 1 ora dopo!!!) del chirurgo che eventualmente dovrà effettuare l’isterectomia come ultima ratio nel caso di fallimento del “palloncino”, con la sala operatoria ed il personale (ivi compreso l’anestesista) pronti per l’intervento; tant’è che le stesse linee guida prevedono, dopo l’inserimento del palloncino, lo stazionamento della paziente sul letto operatorio con continuo monitoraggio (“si raccomanda l’addestramento del personale all’utilizzo di questo dispositivo e l’attento monitoraggio della paziente dopo il posizionamento del balloon per riconoscere tempestivamente l’eventuale persistenza del sanguinamento, non sono infrequenti infatti i casi in cui il balloon causa soltanto un mascheramento dell’emorragia che si riversa in addome … quindi mantenere la paziente sotto monitoraggio continuo, per rilevare segni di aumentato sanguinamento” – linee guida), che, nel caso di specie, è evidente che non vi è stato, né dal punto di vista ecografico (ginecologa allertata a situazione ormai fortemente compromessa – ore 03.30 rigo 14 pag. 90), né dal punto di vista strumentale, infatti lo stesso Chiàntera a pag. 91 rigo 3 e segg. scrive “… certamente censurabile può essere ritenuta, soprattutto, la mancata esecuzione di esami di laboratorio dopo l’1:30 – l’ultimo esame emocromo e dei parametri coagulativi risulta essere stato eseguito alle ore 1.16,
(oltre al predetto monitoraggio previsto dalle linee guida perché fondamentale per verificare l’efficacia dell’inserimento del “palloncino” e quindi dell’arginamento dell’emorragia)…
…i sanitari:
a) hanno diagnosticato in ritardo l’EPP
b) hanno impiegato oltre 1.30 per inserire il “palloncino”;
c) come abbiamo già visto, non hanno più monitorato la ragazza dopo l’inserimento del balloon (e questo mancato monitoraggio strumentale ed ecografico contrario a tutte le linee guida esistenti, ad avviso di chi scrive, non può essere considerato “inspiegabile” come sostiene Chiantera, ma deve essere considerato determinante nell’aver cagionato la morte della povera ragazza; è di tutta evidenza che nel caso che ci occupa un comportamento diverso ed in osservanza dei protocolli avrebbe CON CERTEZZA evitato il decesso.”
Commenti sugli imputati Granese e Vazzana:
Roberta Granese:
Alla luce di quanto abbiamo riportato e che è agli atti, come mai Roberta Granese non ha operato un controllo ecografico costante per monitorare l’andamento dell’emorragia? Se lo avesse fatto si sarebbe subito accorta che l’emorragia non si era mai arrestata e ‘forse’ oggi Lavinia sarebbe ancora viva. Ma la Granese non solo non si è accorda in tempo dell’andamento dell’emorragia ma, forse facendo ricorso ad una macabra fantasia in un momento in cui Lavinia era moribonda o addirittura morta, dirà quanto segue ai familiari in attesa dell’esito dell’isterectomia: “la ragazza sta bene, l’intervento è perfettamente riuscito, abbiamo preservato le ovaie; quindi, non andrà in menopausa” Ricordiamo che di quelle ovaie furono trovati solo frammenti durante l’autopsia.
Pasquale Vazzana:
Durante l’interrogatorio ha raccontato di essere intervenuto alla prima emergenza intorno alle 20, di aver trovato una situazione grave con parametri vitali che indicavano rischio morte e di aver risolto la situazione per poi allontanarsi dopo l’intervento di posizionamento del Bakri balloon. Abbiamo appena letto però che “le linee guida in questi casi prevedono, a prescindere dal peggioramento delle condizioni, uno stato di allerta generale e continuo da parte del ginecologo, dell’anestesista, quest’ultima ritenuta da tutte le linee guida – ivi comprese quelle dell’AOGOI – figura fondamentale durante la fase relativa al post-inserimento del “palloncino”.
Non ci risulta che Vazzana avesse altre emergenze, l’unica emergenza grave era quella relativa a Lavinia ma Vazzana, durante l’interrogatorio, ha sostenuto di essersi allontanato nell’eventualità che ci fossero altre emergenze… in altri luoghi dell’ospedale…nell’eventualità.
Il risultato è che l’emergenza di Lavinia Marano che rischiava la vita concretamente, è stata gestita in modo inspiegabile con consapevolezza e risuonano inesorabili le parole del professore Iaccarino: “Lavinia Marano aveva il 95% di probabilità di sopravvivenza se i sanitari non avessero operato con imprudenza, imperizia e colpevole ritardo.”
Ascoltando alcuni imputati e i loro legali, si capisce come il tentativo sia quello di dimostrare che i singoli abbiano operato seguendo un criterio di oggettiva correttezza e infine, non avrebbero potuto operare meglio di così.
Il problema è che Lavinia è morta e che “aveva il 95% di probabilità di sopravvivenza se i sanitari non avessero operato con imprudenza, imperizia e colpevole ritardo.
Morire di parto in un paese “sviluppato” come l’Italia:
L’emorragia post partum (“EPP) in un intervento di taglio cesareo è molto comune ma nel caso di Lavinia Marano aveva una probabilità prossima al 100% di verificarsi. È utile anche ricordare che l’EPP è la prima causa di mortalità e grave morbosità materna nel mondo; la maggiore incidenza di mortalità avviene nei paesi del sud del mondo, non certo in un policlinico universitario di un capoluogo di provincia (Messina) di una nazione che secondo i dati ufficiali dovrebbe essere una delle più sviluppate al mondo (l’Italia).
L’EPP è quindi un evento prevedibile e frequente in merito al quale esistono linee guida e condotte che permettono di ridurre a zero le probabilità di morte.
Questo ci è utile per porci una domanda cruciale:
se un soggetto è consapevole del rischio del verificarsi di un evento che può causare la morte e opera consapevolmente in modo poco diligente, grossolano, con un discostamento molto evidente dalle regole di diligenza, prudenza e perizia che il caso concreto avrebbe richiesto di osservare, si può realmente parlare di omicidio colposo?
Ricordiamo che Chiantera (uno dei periti del Pubblico Ministero) confermerà che il 90% delle atonie uterine porta all’emorragia, quindi quasi tutte. Chiantera ha affermato che Lavinia era a rischio ‘certo’ di atonia uterina, considerando i fattori concorrenti essendo primipara, avendo avuto un fibroma, avendo quarantaquattro anni ed essendo stata sottoposta a taglio cesareo oltre all’importante fattore delle capacità contrattili dell’utero esaurite a causa della prolungata e superflua stimolazione nei giorni precedenti il parto.
Chiantera durante l’udienza ha affermato che il cesareo, ovviamente, aggrava la probabilità dell’emorragia post parto perché ne è concausa considerando che si tratta di un intervento invasivo, provoca sanguinamento e riduce le capacità contrattili delle parti lacerate dall’intervento. È ormai acclamato che l’emorragia inizia intorno alle 17:41 orario del primo intervento di taglio cesareo:
-non si arresta dalle 17:41 alle 19:15 quanto un’infermiera di passaggio vede le lenzuola sporche di sangue
-non si arresta dalle 20:00 del 22 settembre alle 3:30 del 23 settembre dopo le manovre, interventi e attività evidentemente errati
Ci sono svariati casi di persone con gravi emorragie in attesa di soccorsi in strada che vengono salvate senza particolari problemi mentre qui assistiamo alla morte di una ragazza in dieci lunghe ore in mano a professionisti in una sala operatoria.
In tutto questo lasso di tempo, senza monitoraggio o con un monitoraggio difettoso o inefficace, senza l’applicazione o con un’applicazione errata o inefficace delle linee guida si può ragionevolmente affermare che l’omicidio sia colposo? Erano i sanitari consapevoli o no dell’imperizia, dell’attendismo, delle errate manovre e interventi o addirittura della propria assenza (visto che alcuni sono andati via, compreso il primario)? Erano o no consapevoli che una madre rischiava la morte? Durante la loro difesa si sono resi conto che i loro maldestri tentativi di discolpa si infrangono contro una evidenza plateale: LAVINIA È MORTA! È morta a causa di una emorragia post partum nel 2016 presso il policlinico universitario di Messina in Italia, e la probabilità di morte per un evento del genere in un policlinico Universitario, oltretutto in una sala operatoria dove è stata praticamente per tutto il tempo (non a casa o in mezzo alla strada dove sarebbero dovuti intervenire i soccorsi) dovrebbe essere zero!
Si tratta di omicidio colposo?
Se Lavinia aveva rischio quasi certo di atonia uterina e quindi emorragia post partum (emorragia che non si è mai arrestata e l’ha portata alla morte in più i 10 lente ore) e i sanitari, consapevoli della condizione della paziente, hanno agito con “incomprensibile attendismo e ritardo”, alcuni addirittura abbandonando la paziente e l’ospedale in situazione di rischio di vita, il capo di imputazione non può essere omicidio colposo, quantomeno non per gli imputati chiave. Inoltre, andrebbe verificata l’ipotesi, a nostro avviso concreta, del falso in cartella: a partire dall’orario riportato relativo all’insorgenza dell’atonia e dell’emorragia seguendo tutto l’excursus fino all’orario del decesso registrato alle 8:45, considerando che Lavinia è stata definita irrecuperabile già alle 3:30 del 23 settembre.
Conclusione:
È possibile immaginare un imputato, una persona, che in circostanze simili, invece di concentrarsi esclusivamente a provare di non avere alcuna responsabilità prendesse parola per dire:
Lavinia, ti chiedo scusa.
Falliamo quando di fronte alla sacralità della vita della madre e di quella che si genera nel suo ventre non sappiamo proteggerla.
A prescindere dai fatti che sono oggetto di valutazione in questo processo, penso che ci sia la necessità di dichiarare il più sentito cordoglio a nome mio, del Policlinico di Messina, della Città di Messina e della comunità tutta che ti ha perso, e nostro malgrado non potrà mai più riaverti.
Se ci fosse un modo per poterti avere qui adesso e abbracciarti in quest’aula cancellando questi lunghi sei anni di assenza, lo farei ma non per sottrarmi alle mie responsabilità che saranno valutare in questo procedimento, ma per cancellare il nero patrimonio di dolore che appartiene a tutti, e che richiede carità e perdono per poter essere ripagato. Quando una comunità accumula troppo male e troppo dolore si corrompe irrimediabilmente ed io vorrei dare il mio contributo oggi con questo messaggio e in futuro, se ne avrò la possibilità, incontrando i familiari semplicemente per testimoniare il mio sentito dolore per la scomparsa di Lavinia.
Ascoltate le porte di LAVI, il podcast è stato realizzato e distribuito grazie al Progetto LAVI, un ente benefico che si è posto come obiettivo quello di raccontare la verità sulla morte di Lavinia Marano: https://spoti.fi/3a1DIsI
24 Giugno 2022
In data 23 Giugno 2022 si è tenuta una nuova udienza del processo contro Triolo, Granese e altri. Citiamo anche la Sig.ra Granese perché faremo a breve un approfondimento sulla sua posizione, ma nel frattempo ci occupiamo dello scandalo di un processo che si trascina da circa 6 anni e per il quale, la prescrizione ormai rappresenta una realtà molto prossima. Quanto avevamo previsto già in data 10 Aprile 2022 si è verificato, riportiamo il testo integrale a scanso di equivoci:
“La giudice Sergi, che ha la responsabilità del processo, nel 2021 ha dichiarato apertamente che il processo è colpevolmente in ritardo e che non si può tardare oltre. A tal proposito nel 2021 aveva pianificato le ultime udienze del processo che sarebbe dovuto finire nel febbraio 2022. Oggi è il 10 Aprile 2022 e il processo non si è concluso con l’udienza del 25 Febbraio scorso, anzi quell’udienza ha rappresentato il punto più basso mai raggiunto in questo processo, l’ennesimo rinvio causato da un errore elementare nell’invio delle notifiche da parte della segreteria del pubblico ministero Arena; ci chiediamo a chi rispondono queste segreterie e come mai non si prendano provvedimenti severi all’accadimento di tali eventi oscuri.
Esiste una priorità nell’agenda del Giudice Sergi, ne siamo certi, e siamo altrettanto certi che il Giudice sia consapevole oltre ogni dubbio che il processo rischia la prescrizione; ebbene lo stesso Giudice che non ammetteva ritardi, ha visto metà di un intero anno passare, il 2022, registrando solo minimi progressi. Non abbiamo avuto un avanzamento misurabile, e già sappiamo che da fine aprile (data presunta della prossima udienza) si andrà a giugno, settembre e poi all’anno prossimo.“
La giudice aveva pianificato le udienze del 23 Giugno (“si andrà a giugno…”), 7 Luglio e 14 Luglio al fine di porre fine al processo di primo grado; nonostante l’impegno di concluderlo in Febbraio 2022, queste scadenze rappresentavano un nuovo impegno che purtroppo è stato disatteso: “già sappiamo che da fine aprile si andrà a giugno, settembre e poi all’anno prossimo“. Infatti l’udienza del 7 Luglio è stata annullata e ne è stata fissata un’altra in Settembre (“si andrà a settembre“). A questo punto è facile attendersi che questo processo non si concluderà nel 2022 e che la prescrizione, se prima era un rischio, adesso è quasi una certezza.
E’ disarmante constatare come nonostante questi fatti siano denunciati pubblicamente, sussista l’inerzia di un potere che non ha alcuna capacità di porre rimedio a tali ingiustizie nell’esercizio della giustizia.
01 Giugno 2022
Siamo stati informati in merito ad un post che riteniamo possa essere diffamatorio, lo riportiamo nell’immagine allegata.
Il post è datato 16 Febbraio 2022, quindi prima della pubblicazione della porta di Ferro e dopo la pubblicazione della porta della Verità; esso riporta una serie di riferimenti a presunte falsità/menzogne/bugie e notizie false ascrivibili al podcast Le Porte di LAVI. L’autore non manca di riferirsi al progetto come “una porcata”. Ci si potrebbe attendere un atteggiamento del genere da una delle controparti, da uno degli imputati ma non è così.
Quando abbiamo avviato questo progetto, abbiamo deciso di non rivelare le nostre identità, non perché volessimo nasconderci, ma per evitare di essere protagonisti in una storia che invece riguarda la nostra Lavinia. Vogliamo rimanere in secondo piano ma non è difficile capire che un progetto del genere non può che nascere dall’iniziativa dei familiari più stretti che amano Lavinia senza condizionamenti, come si ama una figlia o una sorella.
È noto, inoltre, che il progetto ha come obiettivo quello di raccontare la verità e formalmente è quello che si sta facendo; ciò è facilmente verificabile in quanto il podcast riporta informazioni che sono già agli atti, pubbliche nel procedimento contro Triolo ed altri. Nello specifico la porta della Verità è un estratto fedele della perizia del prof.re Iaccarino con l’aggiunta di elementi narrativi utili a capire il contesto e a raccontare la storia di Lavinia.
Il riferimento a presunte falsità/menzogne/bugie e notizie false oltre che la definizione di “porcata” assume quindi la forma di un atto diffamatorio formalmente nei confronti dell’ente benefico Progetto LAVI, promotore dell’iniziativa, ma simbolicamente rappresenta un atto oltraggioso nei confronti della memoria di Lavinia e della verità sulle vicende drammatiche che riguardano la sua prematura scomparsa. La verità è l’unica ambizione di questo progetto, e la verità per quanto dura possa essere è un patrimonio per tutti, soprattutto per il figlio di Lavinia che all’età adeguata potrà accedere sia agli atti processuali che al podcast, che non raccolta solo la morte di Lavinia ma anche la sua vita.
Quale sia lo spirito che accompagna un’azione del genere è a noi ignoto; abbiamo riflettuto sulla possibilità di avviare subito un’azione penale per il “reato di diffamazione aggravata sui social network” ma, abbiamo ritenuto che al momento fosse sufficiente ribadire che quanto facciamo non può che avere finalità volte al bene invitando ogni nostro detrattore ad una, improbabile ma possibile, riflessione.
Siamo sorpresi di leggere i nomi, in parte a noi noti, delle persone che con un like, hanno espresso gradimento per le parole offensive contenute nel post; queste persone non hanno solo manifestato ‘piacere’ (perché questo significa like) per chi offende il podcast e quindi le persone intervistate, quali la Madre e il Padre di una figlia morta tragicamente, ma hanno dimostrato di gradire chi definisce una ‘porcata’ o uno ‘schifo’ la storia delle ultime ore di Lavinia come descritta dalle perizie depositate agli atti.
Il Progetto LAVI si riserva di intraprendere ogni azione a propria tutela non solo nei confronti dell’autore di questo post ma anche di tutte le persone coinvolte direttamente nella divulgazione e nel favoreggiamento di tali comportamenti.
Riteniamo che bisogna avere la capacità di riconoscere i propri errori e di scusarsi; nessuno di noi è in grado di giudicare e noi non giudichiamo neanche gli imputati per l’orrore che è stato perpetrato nei confronti di Lavinia, raccontiamo ciò che riteniamo essere vero al fine di trovare una via di riconciliazione con il nostro dolore e con gli altri e per dare l’opportunità ad ognuno di fare lo stesso. Così come nelle Porte di LAVI, anche le nostre porte sono e rimarranno sempre aperte per chiunque si voglia riconciliare.
10 Aprile 2022
C’è una storia parallela alla storia di LAVI che si svolte nelle aule di tribunale, nelle cancellerie e nei corridoi labirintici che diventano cunicoli, immersi nella polvere abbandonata anch’essa, fra le sedie rotte e le finestre crepate.
In questi luoghi la speranza non fa visita, circolano ombre e segreti, sotterfugi e inganni, favori a buon mercato e falsi propositi. Questi luoghi vivono il paradosso dell’attrarre molte più falsità e ipocrisia che verità.
C’è un evento che allarmò la famiglia di Lavinia anni fa. La perizia dei consulenti del Pubblico Ministero era stata depositata, le parti civili ne erano al corrente ma, in cancelleria, un essere vivente e la sua ombra armeggiando con un computer che non sappiamo se fosse realmente accesso, affermava che la perizia non fosse stata ancora depositata.
Con l’arroganza che ricordava chi non risponde alla legge e lo sguardo diretto altrove, invitava l’avvocato di una delle parti civili a ripassare. Alla terza visita, e solo dopo un intervento energico di Alessandro, fratello di Lavinia, il personale non ebbe altra scelta che dare accesso al documento che presumibilmente era nella disponibilità degli imputati già da tempo. Visionando la perizia, infatti, ci si rese conto che era stata sottolineata nelle parti in cui questa tentava in modo maldestro e incoerente, di assolvere i medici che poi sarebbero stati tutti rinviati a giudizio. Postiamo la foto della parte conclusiva della perizia originale con le parti sottolineate.
Non solo la cancelleria era al corrente che la perizia era disponibile ma, aveva già permesso ai difensori degli imputati di visionarla, chi infatti aveva interesse, esaltato dalla buona notizia, a sottolineare l’unica parte della perizia che aveva il chiaro intento di evitare che gli imputati fossero rinviati a giudizio?
Al comportamento inqualificabile di tali soggetti che a malapena si distinguono dal vetusto arredamento del tribunale, si aggiunge anche la sfacciataggine di chi non si preoccupa di sottolineare il documento dopo averlo visionato, svelando così il fragile apparato di collusione nel tentare di porre ostacoli all’accertamento della verità su una vicenda così tragica.
È noto che la perizia è stata redatta da Chiàntera e Spagnolo ed è anche noto che l’assurda conclusione posta poco prima della loro firma, si è infranta con il rinvio a giudizio di tutti gli imputati e con le evidenze emerse durante il processo; infatti, pochi anni dopo emergerà che “Lavinia Marano aveva il 95% di probabilità di sopravvivenza se i sanitari non avessero operato con imprudenza, imperizia e colpevole ritardo.”
Come allora c’era la chiara volontà di stuprare la giustizia in spregio alla morte di Lavinia, oggi c’è l’evidente rischio di arrivare alla prescrizione.
La giudice Sergi, che ha la responsabilità del processo, nel 2021 ha dichiarato apertamente che il processo è colpevolmente in ritardo e che non si può tardare oltre. A tal proposito nel 2021 aveva pianificato le ultime udienze del processo che sarebbe dovuto finire nel febbraio 2022. Oggi è il 10 Aprile 2022 e il processo non si è concluso con l’udienza del 25 Febbraio scorso, anzi quell’udienza ha rappresentato il punto più basso mai raggiunto in questo processo, l’ennesimo rinvio causato da un errore elementare nell’invio delle notifiche da parte della segreteria del pubblico ministero Arena; ci chiediamo a chi rispondono queste segreterie e come mai non si prendano provvedimenti severi all’accadimento di tali eventi oscuri.
Esiste una priorità nell’agenda del Giudice Sergi, ne siamo certi, e siamo altrettanto certi che il Giudice sia consapevole oltre ogni dubbio che il processo rischia la prescrizione; ebbene lo stesso Giudice che non ammetteva ritardi, ha visto metà di un intero anno passare, il 2022, registrando solo minimi progressi. Non abbiamo avuto un avanzamento misurabile, e già sappiamo che da fine aprile (data presunta della prossima udienza) si andrà a giugno, settembre e poi all’anno prossimo.
In quei corridoi pieni di frasi sussurrate sotto i bagliori dei neon lampeggianti, chi trama affinché il processo sia prescritto? Chi è pronto a sacrificare ancora una volta la verità, e sé stesso, o sé stessa, in nome di un tornaconto personale o di un potere occulto.
Non ci rimane quindi che continuare a raccontare la storia di LAVI ed avere fiducia nell’irrazionale, in qualcosa che sovrasta le miserie umane:
“Non abbiate paura delle parole del perverso, perché la sua gloria andrà a finire ai rifiuti e ai vermi; oggi è esaltato, domani non si trova più, perché ritorna alla polvere e i suoi progetti falliscono.” Antico Testamento Maccabei 2, 63
Continuate a leggerci ed ascoltarci, a breve pubblicheremo un’altra puntata delle porte di LAVI: la porta di Ferro.
06 Settembre 2021
Oggi è il 6 Settembre 2021, Lavinia è nata in questo giorno nel 1972 e oggi avrebbe 49 anni. Per questa occasione abbiamo scelto una foto trovata tra le innumerevoli che la riguardano…
Noi crediamo che realmente la verità ci renderà tutti liberi, ascoltate il podcast ‘le porte di LAVI’.
02 Settembre 2021
Santina di Maggio: “Sicuramente gli imputati tenderanno a difendersi, ma da che cosa vi dovete difendere? E’ giusto che diciate la verità. É morta una ragazza, una ragazza che aveva appena avuto un bambino, è morta una figlia… ancora stiamo soffrendo e soffriremo sempre. Voi dovete dire la verità, che cosa è successo veramente quella sera in sala parto. Voi avete fatto un giuramento, il giuramento di Ippocrate, ma non lo avete messo in pratica, non è giusto… tutto questo non è giusto.”
La madre di Lavinia, Santina, l’abbiamo conosciuta durante la puntata “La porta di Legno”; nella prossima puntata delle Porte di LAVI vi proponiamo una sua intervista che si conclude come avete letto all’inizio del post, dopo averci raccontato lo stato d’animo di chi sa che rimarrà sospesa per tutta la vita che l’attende, di chi ha la speranza di poter riabbracciare la propria figlia solo dopo la morte ma che allo stesso tempo, ha la forza di rimanere ancora qui per onorare il dono della vita.
La prossima sarà la porta della memoria, momenti felici durante una festa nel 2015, quando Lavinia dopo balli e canti si fa e ci fa un augurio; ancora una volta sentirete la sua voce.
Vi lasciamo con alcuni estratti dalla versione antica del giuramento di Ippocrate, più attuale che mai, sul quale ogni medico giura pronunciando queste parole “Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro:
Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa…
Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, nè suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo…
In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l’altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi.”
Domani 3 Settembre 2021 si terrà una nuova udienza del processo contro Triolo ed altri per l’omicidio di Lavinia Marano. Saranno sentiti i testimoni e i periti degli imputati.
I rappresentanti del Policlinico di Messina, non solo quelli legali, dovrebbero avere l’obbligo di presiedere ad ogni udienza, se eventi così tragici, per molti “macabri”, accadono in un policlinico universitario si dovrebbe fare di tutto per migliorarsi, fare ammenda e porre in essere ogni azione utile per evitare che si ripetano ancora ma, ciò che emerge oltre all’assenteismo è il disinteresse e il senso di impunità.
Ascoltate le storia LAVI e diffondete la verità.
11 Maggio 2021
Ogni riferimento a persone e fatti rappresenta un estratto di quanto già dichiarato dalle parti civili e quanto è agli atti del procedimento contro Triolo e altri presso il tribunale di Messina.
Abbiamo ascoltato più e più volte la frase di Roberta Granese pronunciata in un momento in cui Lavinia era moribonda o addirittura morta: “la ragazza sta bene, l’intervento è perfettamente riuscito, abbiamo preservato le ovaie, quindi non andrà in menopausa” e proviamo oltre che sconcerto una grande compassione, ma i paradossi di questa vicenda macabra non sono finiti. Ascoltando l’episodio ‘la porta di Legno’ si evince quando segue:
La prima e unica emorragia di Lavinia che la porterà alla morte, viene scoperta da una ostetrica che osserva le lenzuola alle 19:15 del 22 Settembre del 2016, verso le 22:00 dello stesso giorno Triolo interviene posizionando il non risolutivo bakri balloon (strano perché mentre lui parla con i parenti “abbassando lo sguardo” -così ci dice Alessandro- dovrebbe essere in sala operatoria secondo quanto riportato in cartella clinica). Verso le 23 Triolo va a casa rassicurando tutti su una situazione sotto controllo e presidiata addirittura da “tre rianimatori” oltre che “monitorata costantemente” MA, l’emorragia non si è mai fermata e ancora una volta questo viene scoperto dalla stessa ostetrica che si era accorta per caso dell’emorragia la prima volta!
Alle 23 Lavinia sarà abbandonata ancora una volta e poche ore dopo sarebbe stata classificata come ASA 5 “Paziente moribondo che non sopravvivrà alle prossime 24 ore successive”.
Lavinia si sarebbe salvata con la certezza se fosse stata sotto le cure di altro personale in un altro ospedale. Dieci sono state le ore di agonia di Lavinia affinché nel 2016, nel Policlinico Universitario di Messina, nel reparto diretto Triolo, Lavinia morisse di parto.
Ma questo non basta, non è solo il degrado delle strutture e l’imperizia dei sanitari che hanno ucciso Lavinia, c’è molto di più.
Ci poniamo alcune domande:
• La cartella clinica è colma di informazioni false? C’è la concreta possibilità di un plateale falso in cartella?
• Perché Triolo andando via alle 23 fa dichiarazioni che non trovano alcun riscontro nei fatti?
• Perché Triolo afferma che la situazione è sotto controllo se a poche ore da quelle affermazioni Lavinia sarebbe stata classificata come ASA 5 “Paziente moribondo che non sopravvivrà alle prossime 24 ore successive”?
• Perché Triolo afferma che l’emorragia è sotto controllo e Lavinia è monitorata e sotto la custodia di ben tre rianimatori se dovrà essere un’ostetrica, ancora una volta, ad accorgersi che la situazione Non è sotto controllo e da grave diventerà disperata?
• Cosa facevano tutti gli altri, inclusa la Granese che era di turno? Dove erano i rianimatori e dov’era la strumentazione che monitorava Lavinia?
• Perché poche ore dopo sarà richiamato ancora una volta Triolo ad intervenire? Da chi era accudita Lavinia se dovrà essere ancora una volta Triolo ad intervenire e se questo era noto già alle 23 perché Triolo va a casa o ovunque sia mai andato?
Mentre Lavinia versava in gravi condizioni con un’emorragia in corso in merito alla quale Triolo e tutto il suo reparto non ne ha verificato la risoluzione, Triolo va a casa alle 23 e nessuna azione sarà intrapresa fino a quando Lavinia da grave risulterà irrecuperabile.
Gli imputati per la morte di Lavinia sono accusati di omicidio colposo:
“Si è di fronte ad un omicidio colposo nel caso in cui si verifichi la morte di una persona come conseguenza non voluta di una condotta negligente, imprudente o inesperta, oppure inosservante di leggi, regolamenti, ordini o discipline.”
Ma nel diritto penale esistono altre forme di responsabilità:
“In diritto il dolo eventuale è un tipo di manifestazione del dolo in cui l’agente compie un’azione, che di per sé può essere lecita, prevedendo ed accettando che le conseguenze della sua condotta possano configurare un illecito penale.”
Possono le azioni di Triolo e di tutti gli altri imputati coinvolti essere definite come riconducibili ad una condanna a morte? Il reato per il quale gli imputati sono sotto processo è realmente omicidio colposo o è piuttosto dolo eventuale?
Ascoltate Le Porte di LAVI, raccontate la storia di Lavinia.
Il podcast è disponibile in Spotify, Google Podcast e Audible:
12 Aprile 2021
L’ultima udienza del processo è stata molto concitata, qualche bagliore di verità ha colto di sorpresa i presenti e le responsabilità oggettive degli imputati cominciano a risuonare nello spazio e nel tempo.La prossima udienza del processo sarà il 4 giugno 2021 ma prima di quella data vi riveleremo le incredibili affermazioni di uno degli imputati al termine dell’intervento di isterectomia, nella notte del 23 Settembre 2016.
Durante l’intervento, la nostra Lavinia era tenuta in vita da infusioni continue di adrenalina in alti dosaggi ed aveva subito ripetuti arresti cardiaci ma, al termine dell’intervento una donna è uscita dalla sala operatoria proferendo alcune parole oscure. Il nome di questa persona è fra quello degli imputati che per la morte di Lavinia sono accusati di omicidio:
Onofrio Triolo, Antonio Denaro, Tomasella Quattrocchi, Vittorio Palmara
Roberta Granese
Rosario D’Anna, Pasquale Vazzana, Angelina Lacerna Russo, Serafina Villari, Maria Grazia Pecoraro.
Cinque anni fa, poco dopo la morte di Lavinia, di fronte ad alcuni di noi c’era una grande porta di legno, era già aperta prima che arrivassimo… sull’uscio di quella porta è accaduto qualcosa che non possiamo dimenticare e che vi racconteremo nella prossima puntata del podcast ‘le porte di Lavi’: la porta di Legno.
Ascoltate la storia di LAVI e diffondete la verità: https://spoti.fi/3a1DIsI
01 Aprile 2021
Le porte di LAVI, La porta di Vetro:
“Ho sempre guardato alla vita con il sorriso, lo facevo anche solo per diffonderlo negli altri… sorrido anche nella mia foto dietro la porta di vetro. “
Il terzo episodio del Podcast Le porte di LAVI è ora disponibile su Apple Podcast e Spotify.
04 Marzo 2021
Domani, 5 Marzo 2021, si svolgerà un’altra udienza del processo contro Triolo e altri per la Morte di Lavinia Marano per omicidio (colposo?).
Il processo rischia la prescrizione! Proprio così, sono passati quasi 5 anni dall’inizio e la prescrizione scatta a 7 anni e mezzo.
Teniamo a precisare agli imputati:
Onofrio Triolo, Antonio Denaro, Tomasella Quattrocchi, Vittorio Palmara, Roberta Granese, Rosario D’Anna, Pasquale Vazzana, Angelina Lacerna Russo, Serafina Villari, Maria Grazia Pecoraro e
De Meo Vincenzo (quest’ultimo non imputato medico rianimatore che ha preso in custodia Lavinia presumibilmente già morta)
Che la ricerca della verità non si arresterà con la prescrizione.
In un processo di decadimento totale che interessa tutte le funzioni democratiche, è evidente che non abbia senso cercare giustizia nei tribunali. In 5 anni si è fatto quasi nulla in termini di indagini, perizie e udienze; udienze alle quali è facile non presentarsi anche se si è un teste chiave, adducendo motivazioni varie oltre che superficiali. Basta un convegno o un ritardo di notifica da parte delle cancellerie e il gioco è fatto. Inoltre durante le varie fasi processuali, già cronicamente lente, qualcuno ha pensato bene di avvicendare il primo giudice incaricato provocando ulteriori imperdonabili ritardi.
La giustizia temo che non sia solo cieca ma probabilmente anche morta.
LAVI: “Ci si dovrebbe sentire al sicuro circondata da medici e infermieri che ti aiuteranno a partorire, non potevo immaginare che mi avrebbero accompagnato alla morte osservandomi soffrire in più di 10 ore di assurda agonia. Io non sono Lavinia nell’aldilà, io sono LAVI e la mia voce è di questa terra, nata per raccontare la verità e per rimanere a lungo, più a lungo di quanto si possa immaginare.”
A breve pubblicheremo un’altra puntata del podcast “Le Porte di LAVI”: La Porta di Vetro.
08 Febbraio 2021
Nell’ultima puntata del podcast Le porte di LAVI, La porta Bianca, abbiamo raccontato di una lanterna verde, fatta volare poche settimane prima della morte di Lavinia. C’è un video che riprende quei momenti e di quel video oggi vi proponiamo una immagine:
La lanterna di LAVI è sospesa, rimane li per parecchio tempo prima di sollevarsi, le mani tese quasi a volerla sorreggere per alzarsi in volo, una di quelle mani è di LAVI. Pochi secondi ancora sopra le teste di coloro i quali erano presenti e poi si sarebbe allontana, con tutti i desideri che conteneva.
Ascoltate la storia di LAVI, raccontatela e diffondete la verità:
30 Dicembre 2020
L’udienza del 14 Dicembre 2020 a Messina è stata molto breve, il nuovo giudice incaricato è Rita Sergi. L’unica notizia di rilievo è che si proseguirà da dove ci eravamo lasciati e cioè dal contro esame dei testi del PM. Le prossime udienze saranno il 5 Marzo e il 2 Aprile 2021. In quelle date avranno luogo il contro esame dei testi del PM e presumibilmente inizieranno gli interrogatori dei testi delle parti civili.
A breve pubblicheremo un nuovo episodio del podcast “Le Porte di LAVI”, podcast che è già disponibile su Spotify.
Nel frattempo ci poniamo un interrogativo, che fine ha fatto la Commissione e quali fatti sono stati portati alla conoscenza dell’ex direttore sanitario Giovanna Volo?
- il 23 settembre Lavinia perde la vita
- il 24 Settembre 2016 la gazzetta del Sud ci fa sapere che il policlinico avrebbe istituito una commissione di inchiesta “Non si lascerà nessun particolare perchè si possa far luce su quanto accaduto “ afferma in quell’occasione il direttore sanitario Giovanna Volo
- il 29 Settembre 2016 Giovanna Volo si dimette “La dott.ssa Giovanna Volo ha presentato le proprie dimissioni … per motivi personali …”
- il 30 Settembre 2016 apprendiamo che i motivi personali causa delle dimissioni come direttore sanitario del Policlinico di Messina non impediscono a Giovanna Volo di accettare un altro incarico sempre in Sicilia “Giovanna Volo è il nuovo direttore sanitario dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo. “
Ribadiamo che nel caso in cui gli imputanti, che ricordiamo sono:
Onofrio Triolo, Antonio Denaro, Tomasella Quattrocchi, Vittorio Palmara, Roberta Granese, Rosario D’Anna, Pasquale Vazzana, Angelina Lacerna Russo, Serafina Villari, Maria Grazia Pecoraro e
De Meo Vincenzo (quest’ultimo non imputato) medico rianimatore che ha preso in custodia Lavinia presumibilmente già morta
volessero contattarci informalmente per parlare con noi, potranno raggiungerci attraverso questo sito o i nostri canali social.
14 Dicembre 2020
INCREDIBILE NOVITÀ’
Il giudice incaricato Pagana è stato avvicendato con NESSUNO al momento. Era incaricato di seguire il processo di primo grado, aveva dato un buon ritmo alle udienze e improvvisamente è stato rimosso. Dopo lo stop alle udienze dovuto alla quarantena forzata, l’udienza del 2 Ottobre che si sarebbe potuta tranquillamente svolgere è saltata per assenza di giudice. La prossima udienza si dovrebbe tenere a Dicembre 2020 se mai nomineranno un giudice. Nessun problema, giustizia, verità e rispetto possono attendere.
Presto pubblicheremo informazioni per lo più sconosciute a molti, perché quasi accennate nelle aule dei tribunali (che peraltro sostituiscono giudici con il nulla), che riguardano LAVI e coloro i quali hanno convissuto con lei nel buio di quella notte del 23 Settembre 2016, i nomi di queste persone sono o erano medici e infermieri del reparto di Ostetricia del Policlinico di Messina:
“All’epoca dei fatti i sanitari erano in servizio presso il reparto di Ostetricia e ginecologia del nosocomio universitario. Si tratta del responsabile dell’Uoc di Ginecologia ed Ostetricia Onofrio Triolo, dei medici in servizio presso il reparto Antonio Denaro, Tomasella Quattrocchi, Vittorio Palmara e Roberta Granese e Rosario D’Anna, dell’anestesista in servizio presso il reparto Pasquale Vazzana, delle ostetriche Angelina Lacerna Russo e Serafina Villari, dell’infermiera Maria Grazia Pecoraro.” leggi di più sul rinvio a giudizio.
Morta di parto in ospedale, 10 medici indagati per il caso Lavinia Marano
“Il sostituto procuratore Rossana Casabona ha tirato le fila degli accertamenti, chiudendo le indagini per 10 medici. Si tratta dell’equipe che l’ha seguita durante il travagliato parto e il primario di reparto. L’ipotesi di reato è di omicidio colposo...
…la neo mamma non ce l’ha fatta: è spirata la mattina successiva, chiudendo gli occhi per sempre su suo figlio, il piccolo Francesco, tenuto in braccio soltanto pochi minuti. “
Messina, la morte di Lavinia Marano: 10 i sanitari rinviati a giudizio
“Si tratta del responsabile dell’Uoc di Ginecologia ed Ostetricia Onofrio Triolo, dei medici in servizio presso il reparto Antonio Denaro, Tomasella Quattrocchi, Vittorio Palmara e Roberta Granese e Rosario D’Anna, dell’anestesista in servizio presso il reparto Pasquale Vazzana, delle ostetriche Angelina Lacerna Russo e Serafina Villari, dell’infermiera Maria Grazia Pecoraro…”